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Risiedere non basta. A margine del dibattito sulle scelte e sulla dialettica democratica a Ponza

a cura della Redazione
Municipio. Arco e torre [1]

 

L’argomento trattato da Vincenzo Ambrosino e Silverio Tomeo in vari articoli e commenti – leggi qui [2] – è tanto importante e centrale che non è possibile affrontarlo senza una profonda riflessione.

Per prospettare o promuovere qualsiasi cambiamento è necessario conoscere il nostro passato. Chi siamo stati e chi siamo oggi noi ponzesi? La risposta è complessa, ma va sfrondata da inutili cavilli. Gli isolani sono formati da famiglie che in tempi diversi hanno popolato Ponza e si sono distribuiti in quelle che sono diventate poi le varie frazioni. Ognuno arroccato sul suo cucuzzolo, con relazioni limitate alla propria “curteglia” di appartenenza. In questo modo sono state sviluppate prevenzioni, dubbi, paure e ostilità. Famose e storiche le rivalità tra Ponza centro e Le Forna, ma anche tra i Conti e Santa Maria e il Porto. Così come le “antipatie” fra gli altri quartieri. In sostanza, a causa delle vicende storiche, spesso drammatiche, Ponza non ha saputo ancora portare a compimento una sua identità. Su questa mancanza molti hanno tentato nel passato, e ancora oggi, di imporre un’egemonia culturale e politica. E’ una storia che ciclicamente si ripete.

E’ anche ovvio che chi ha avuto responsabilità politiche nel passato, a qualsiasi titolo, non ha fatto molto perché questo grave handicap fosse superato. In ogni periodo gli isolani si sono “aggrappati” al potente di turno per tutelarsi e tutelare i propri interessi in onta all’interesse pubblico, dismettendo proprietà comunali ad interessi privati.

A questo punto ci si domanda: chi sono i ponzesi ai quali andrebbe dato un aiuto e una maggiore tutela? Certamente a tutti quelli che  vivono stabilmente sull’isola e che hanno scelto liberamente o per causa di forza maggiore di viverci. Ma quanti sono quelli che, pur vivendoci stabilmente, portano un contributo alla causa comune, agli interessi di tutti? Non è difficile vedere che sono veramente ancora troppo pochi. E quanti, poi, pur vivendo fuori, invece, contribuiscono al miglioramento di Ponza? Sono più di uno. Noi tutti conosciamo quelli che hanno amato la nostra isola, vivendola in ogni periodo dell’anno e scegliendola anche come estrema dimora. Noi tutti conosciamo i benefattori che hanno aiutato Ponza donando ad esempio strumentazioni sanitarie di cui difettavamo.

Il concetto di “responsabilità del residente” che è emerso dal dibattito tra Tomeo e Ambrosino è di fondamentale importanza: è il residente che deve vegliare perché la comunità non vada in malora (lui sta sul posto e vede i problemi mentre nascono) e deve intessere rapporti con i non residenti per creare scambio di opinione e cercare forza per i momenti difficili. Il non residente, purtroppo, è sempre considerato un traditore di cui non fidarsi invece che un possibile e prezioso alleato per le battaglie comuni. Includiamo in questa responsabilità anche l’espressione di una opposizione non formale, ma volitiva e costruttiva

Il discorso del legame con l’esterno riguarda anche la visibilità della minoranza. Essa sarà in grado di crescere e poter incidere se si collega con le forze politiche continentali : è il dialogo con chi sta fuori che può permettere il cambio di passo. La separazione dei ponzesi come specie protetta non favorisce la vera crescita, quella autonoma e non regalata.

Crediamo che la discriminazione, ai fini dell’impatto sociale e politico, sia non tra chi vi risiede ed è spesso inerte e chi non vi risiede, ma si impegna a dare il suo piccolo o grande contributo. Ecco perché in altre occasioni individuammo nei ponzesi emigrati un’importante risorsa per cambiare Ponza. 
La nostalgia, il bisogno di tornare, la voglia di realizzare qualcosa di durevole da tramandare ai posteri, sono tutte risorse che potrebbero fare la differenza. Assieme a chi, anche non ponzese, dà il suo apporto concreto allo sviluppo.
Tutte le sottili sfumature: nato (per non dire ‘nativo’!), residente, dimorante, pendolare, con casa o senza casa, lasciano  il tempo che trovano. E l’agevolazione non può consistere solo nella riduzione del biglietto, che andrebbe allargato a tutti quelli che non solo vivono, ma operano a Ponza. Una sola persona – soprattutto nei periodi di bassa stagione – che arriva all’isola dove ha casa, attività o solo parenti, accresce la socialità e l’economia. Una prospettiva che va agevolata in tutti i modi in questi anni difficili.
Per queste ragioni i collegamenti e gli orari rappresentano uno svincolo importante per il cambiamento. Non è possibile che i tempi di percorrenza in mezzo secolo siano rimasti gli stessi. Ecco perché ‘risiedere’ da solo non basta, né basta continuare a sostenere che vanno “tutelati i residenti” senza poi far seguire il concetto da proposte/idee possibili e percorribili.

La difesa del residente si può fare solo con una politica diversa che renda viva l’isola per tutto il corso dell’anno.

Un esempio può essere  il recupero e la fruizione di tutto il patrimonio archeologico dell’isola, la delineazione di percorsi urbani storici, il recupero e la cura dei sentieri, ma anche un vero  impegno a rendere la vita sull’isola meno disagiata. Certamente per questo occorre possedere “il sogno isolano” della possibilità di una qualità della vita – non inferiore a quella di chi sta fuori, anzi ancora più ricca – che non appartiene a chi, adducendo giustificazioni “realistiche”, si limita a muoversi sul terreno dell'”unica cosa possibile perché sull’isola è così”.

Lo spopolamento ha una causa anche nella frattura che si va sempre più consumando tra le generazioni, perché le conoscenze dei padri non si trasmettono più ai figli o a chi potrebbe avere interesse a recepirle.
Il recupero delle tradizioni, delle colture isolane e di alcune forme di artigianato come la costruzione delle nasse, dei cesti in vimini o la realizzazione di merletti secondo l’antica scuola delle nonne può rappresentare il collante tra il vecchio ed il nuovo diventando anche opportunità di lavoro e di sviluppo.

Né si può ignorare che continua a mancare una seria e valida politica che favorisca da un lato il sostegno all’associazionismo locale (per Ponza estate circa 200.000 euro a soggetti esterni e per Ponza inverno, quanto alle associazioni locali?) e dall’altro ponga in essere interventi di tutela e sviluppo del patrimonio culturale ed ambientale dell’isola che avrebbero tra l’altro il non secondario effetto di iniziare ad allungare maggiormente la stagione turistica.