Arte

Succede qualche volta con la musica. ‘Brothers in arms’ dei Dire Straits

proposta da Sandro Russo

Non arrivi mai a possederla completamente, ma lo senti, che ti é entrata dentro.
Ne avverti, più che la sostanza, l’eco. Non la comprendi del tutto, ma ne senti l’emozione.
Ti circonda; ti attrae e ti elude, e quando ti sembra di stare per afferrarla, ecco che ti é sfuggita di nuovo.
Qualunque cosa tu stia facendo, te ne senti cullato. Onde profonde che prendono e trascinano. E vuoi essere portato via. Onde calde che annullano ogni differenza tra l’interno e l’esterno di te. Che ti fanno sentire espanso, capace di abbracciare e comprendere tutto. Senza barriere, tanto da far entrare il mondo dentro di te.

La musica! Ogni cento, mille… – canzoni… motivi… sonorità complesse? – non saprei come chiamarle – che senti, ce n’é una che ti prende profondamente, senza che tu capisca bene come e perché sia potuto accadere.
Forse a questi livelli profondi, quasi empatici, succede pure tra le persone e allora lo chiamano ‘amore a prima vista’.
Ad una musica così ti abbandoni completamente.
Guardi il tuo corpo seduto da una parte e te ne allontani, senza peso e senza pensieri, come si dice accada all’anima dopo la morte.

PRIMA.
Quando ho sentito per la prima volta questo pezzo – mi aveva colpito molto, già al primo ascolto – non ne capivo le parole (solo qualcuna); neanche sapevo il titolo e chi fosse a suonare e a cantare.
Non capivo. Ma ne sentivo la magia, uno dei misteri della musica: la capacità di avvolgere e trasportare in altri mondi… Non ne conosciamo bene il motivo, ma la musica di un certo tipo – nient’altro che una vibrazione, in fondo – ci dà gioia, mentre un’altra ci rattrista.
Così ne feci un film nella mia testa. Agendo al contrario: invece di mettere una colonna sonora a dei pensieri o a delle immagini, alla musica che avevo trovato già fatta aggiunsi una storia… Piuttosto triste, in realtà, ma che mi sembrava appropriata.

Arcobaleno nebbia

Rainbow. Raindrops

Ho pensato che ne avrei fatto una cassetta in cui fosse ripetuto sempre questo stesso brano; ancora e ancora, per evitare di riportarlo indietro.
Ma anche così, immagino, ci sarebbe stata sempre una fine…

DOPO
Quando sono riuscito a venire in possesso del titolo e delle parole, è stato tutto diverso…

Il brano era “Brothers in arms” dei Dire Straits (1984); di seguito c’è il testo, che quando ho scritto le mie impressioni non conoscevo: infatti la canzone parla di tutt’altro! Addirittura di compagni d’armi!
Ma una delle cose belle della musica è che permette di costruirci sopra altri mondi… 

Ascolta qui il brano da Youtube, e segui il testo, in inglese con traduzione italiana a fronte.

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YouTube player

Brothers in arms. Testi

Dire Straits sono un gruppo rock inglese fondato nel 1977 da Mark Knopfler; il nome del gruppo è nato per caso e letteralmente significa ‘terribili ristrettezze’, ‘tremende avversità’.
Brothers in Arms è il quinto album dei Dire Straits registrato tra il novembre 1984 ed il marzo 1985 tra gli AIR Studios di Montserrat (piccole Antille) e di Londra e in parte a New York.
Con le sue oltre 35.000.000 di copie vendute, è uno dei dischi più venduti nella storia della musica (nella classifica generale alla 12a posizione. È stato uno dei primi album ad essere stampato su compact disc, oltre alla classica distribuzione su vinile.

Dei nove brani che compaiono nell’album, Brothers in arms è stato quello di maggior successo, stampato anche ‘in singolo’ nel 1985.
Una delle più belle canzoni ‘umanistiche’ e antimilitariste che siano mai state scritte.

Formazione di base dei Dire Straits
Mark Knopfler – chitarra e voce
Alan Clark – tastiere
Guy Fletcher – tastiere e voce
John Illsley – basso
Jack Sonni – chitarra
Terry Williams – batteria
Omar Hakim – batteria e percussioni

Dire Straits. Brothers in arms
La copertina dell’album – una chitarra resofonica che si staglia nel cielo – è in assoluto una della più famose e riprodotte.
La chitarra resofonica o “a risuonatore” (resonator guitar) è un tipo di chitarra inventato negli Stati Uniti alla fine degli anni venti, da John Dopyera, emigrante slovacco.
Nei primi decenni del ‘900 si sviluppò sempre più la tendenza dei musicisti a suonare in ensemble, e la nascita di questo tipo di chitarre corrispose alla crescente necessità da parte dei chitarristi di competere, in termine di volume di suono del proprio strumento, con altri strumenti dal suono potente, come banjo e mandolini, e più tardi con i sempre più numerosi fiati del jazz americano (notizie da Wikipedia).

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