Caro fratello,
Anche quest’anno, nel ricordare chi non è più tra noi, non posso avvicinarmi alla tua ultima dimora: la rupe, giù a “La Batteria”, che sovrasta quell’alveare marmoreo in cui riposi tra la tua gente, sembra non reggere più perché corrosa, fino al midollo, da millenni di continui e implacabili colpi delle incessanti intemperie.
E così mi fermo davanti allo steccato: freddo, grezzo, invalicabile.
Ma stranamente ti sento vicino, come quando – tenendomi per mano – ci incamminavamo verso la scuola della Parata, dove tu insegnavi ed io apprendevo gli elementi basilari della cultura e le regole fondamentali del vivere civile, poi il lungo percorso fatto insieme con lo sguardo sempre fisso verso mete lontane.
Così ho ricalcato le tue orme: con successo e in maniera degna? Chissà…
Ma ora vorrei deporre davanti a quel freddo quadrato di marmo che custodisce le tue spoglie, almeno un fiore che tanto amavi e accendere una fiammella: “Rapian gli amici una favilla al sole/ a illuminar la sotterranea notte”, la medesima cosa vorrebbero fare i tanti amici e parenti, i cui cari sono sepolti là, “off limits”.
Però tu mi hai insegnato che fino a quando non si smette di amare, un raggio di sole sempre ci illuminerà… anche al di là degli steccati, perché l’amore travalica qualsiasi ostacolo, perché l’amore è vita.
Ed oggi voglio condividere questi miei pensieri con i concittadini che hanno i loro cari oltre quella crudele barriera e coi tanti che ti hanno voluto bene e stimato, offrendo loro questi tuoi versi delicati.
Non ha stasi di luce
(Ad Amiche ed Amici)
Limpido cielo converge
su Ponza – fiore tirrenico –
e sui miei pensieri:
momento di tramonto.
Non ha stasi di luce
chi ha radici nell’amicizia.
Freschi di brezza i pensieri
mi siete tutti accanto nel ricordo
col mare, le tempeste, il volo dei gabbiani,
l’apparire e lo sparire delle fioriture…
persone care al cuore.
E mi parlate
con le lettere, le poesie, i libri,
le musiche, i dipinti, le fotografie…
ma più col vostro affetto
col vostro umano sentire.
E con voi parlo e mi commuovo
e sublimo le mie sofferenze.
E anche il morire di ogni giorno
è amore
è pace.
Tommaso Lamonica (1918 – 1987). Da: “L’Isola di palma che s’inciela” – Tipolito Epomeo Forio, 1989