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A proposito di Ponzio Pilato e di barcaioli “ciceroni”

di Vincenzo Ambrosino
Grotte di Pilato [1]

 

Pasquale Mattei a pag. 41 nel suo libro “L’arcipelago Ponziano – memorie storiche artistiche” s’imbatte in un barcaiolo dell’epoca che gli dà, a modo suo, un’interpretazione di come e perché le grotte sotto al cimitero si chiamano ‘di Pilato’.

“….Per distrarmi dall’inutile argomentare, mi rivolsi in via di scherzo all’officioso battelliere che là mi aveva condotto e gli domandai: se il Ponzio Pilato delle sacre carte entrasse per nulla nella faccenda  di quelle grotte? – Non mi aspettava risposta al mio scherzo; e molto meno avrei creduto che colui che mi condesse pan per focaccia mostrandosi ben istruito di quel tratto della storia patria!

Egli affermò: …che appunto quel Pilato fosse stato il signore di quei bagni, siccome era fama presso l’universale, convalidata dalla storia….
Dalla storia, vi ripeto signor mio! (e vedendomi ridere di cuore del tuono serio e grave col quale egli invocava un testimonio irrecusabile, con un suo tal quale sguardo di superiorità).
– Allora voi soffrirete, disse, che io vi racconti la storia di Pilato, perché, a quanto pare, voi ignorate com’essa si congiunga ai fatti antichi dell’isola nostra.

“Il famoso Ponzio Pilato toglieva dall’isola di Ponza il suo nome gentilizio. E’ risaputo come costui appartenesse, sebbene non legittimamente, a nobile famiglia romana. Per una gara che surse tra il giovane Pilato ed un nobile cavaliere suo amico intollerante delle di lui sfrontate pretensioni  di altissimi natali e perché gli veniva costui gittando sul viso la vergogna di essere stato generato da una vile fantesca, preso  da furore  che covava da lungo tempo nell’animo vendicativo e codardo, a tradimento lo uccise.

Irritato il popolo per questo misfatto, lo tradusse, caricandolo di scherni, innanzi al Senato. Le leggi fulminavano contro l’aggressore l’estremo supplizio, se non che i riguardi che si volevano serbare al genitore di lui membro assai benemerito  del governo, facevano che irresoluti ed in dubbia lance si tenessero ancora i giudici a profferir la sentenza. Allora un di coloro, cui spettava di dritto in quel consesso di esporre per il primo il suo voto, disse: Venerandi Padri, mi torna in mente che nel Lazio possediamo noi un’isola da lungo tempo rubella, si che qualunque uffiziale che colà a nome del Popolo Romano, si spedisce, lungi dall’essere rispettato, viene invece barbaramente ucciso. E però quest’isola abbiano noi obbliata, quasi più non ci appartenesse. Io stimo dunque, che questo Pilato convinto reo d’omicidio colà s’invii con officio di Governatore. O avrà la fortuna di soggiogarla, e sarà di onore e di utile insieme allo stato, ricuperandola a nome del Popolo Romano. O toccando al reo la sorte dei suoi predecessori, avrà scontato la pena del suo delitto.

Questa opinione appoggiata da’ più, ed applaudita, prevalse. L’imperatore Tiberio sottoscrisse la deliberanza de’ Senatori, che venne subito significata a Pilato, e da costui accolta con satisfazione grandissima.

Si volle premunire il novello governatore con arti e inganni nell’affrontare il destino del suo pericoloso  ufficio. E meditava le più scaltre seduzioni per tirare al suo partito i Caporioni del luogo, ed impegnarli in un tradimento. La fortuna arrise alle sue macchinazioni. Di notte tempo sorprese i cittadini Ponzesi nel sonno, s’impadronisce della città, siede qual magistrato formidabile, e senza appello segna in mezzo al generale terrore lo scempio de’ capi della rivolta. L’istantaneità di questi provvedimenti scoppiati più che seguiti in poche ore, a’ quali il più crudele supplizio aveva tenuto dietro, piegarono a sommissione e rispetto gli spaventati isolani. E lungi  dall’addolcire Pilato in alcun guisa questo tenore rigoroso di governo, per ben sei anni tiranneggiò quell’isola. Richiamato poscia in Roma, riceveva pubbliche e grandissime lodi per l’abilità mostrata in quella difficile impresa, e meritatosi allora l’agnome di Ponzio, secondo lo stile di quei tempi, dal nome di Pontia ch’era pur quello dell’isola da lui soggiogata. E però fu desso appellato Pilato Ponzio. In seguito fu designato Preside nella Giudea, e sapete tutto il resto che si rapporta a’ tempi della vita del Redentore. Egli è dunque ben ragionevole il credere che in tempo della sua dimora in quest’isola il governatore Pilato Ponzio, avendo spiegato un gran lusso, queste grotte o bagni avesse fatto costruire.

Aggiungete che la tradizione sempre per tali avendole riconosciute, si è conservato con essa il titolo di ‘Grotte di Pilato’.”

“Per bacco! Ond’hai tu raccolta questa, che pur mi sembra ingegnosa filastrocca?”

Il nostro barcaiolo a questo punto si mette a frugare sotto la poppa della barca e prende un libro e lo porge al Mattei e gli dice: “ Che so se sappia leggere io! Leggete  voi signore. Né mica un manoscritto questo  ma un libro stampato” Ecco qui : Notizie di Ponzio  Pilato e delle sue inique gesta, raccolte ecc.  nell’anno 1664 ecc. per cura ecc. ecc. in Napoli ecc.
Ciò che vi ho narrato, e che tengo a memoria per averlo ripetuto le cento volte è a pagina 19, capitolo 12. Dite ancora adesso che è una filastrocca la mia narrazione? Volete poi che io dopo questo sappia dei mari e del ponte greco? Io mi appello a ciò che si è stampato..!

Le conclusioni  di Mattei a proposito di Ponzio Pilato furono queste: “Ed aveva ragione in fatti quel battelliere eccezione della sua classe, a redarguirmi in tal guisa, ché ben mi avvedeva dalle prime righe di quel libricino, com’egli mi aveva ripetuto quasi a rigor di parola il citato capitolo di esso… Trasecolai: dal ritratto in rame dell’illustre protagonista, e dalle intime e più minute particolarità della sua famiglia, nascita, puerizia, adolescenza, gioventù e vecchiezza fino alla pena eterna a cui fu condannato dopo la sua morte, era quello un racconto così circostanziato, da digradarne ogni necrologia che scriversi potrebbe di un illustre contemporaneo..!”

Le mie conclusioni a proposito di ‘Storia e storielle’: “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma!