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La Storia e le storielle su Ponzio Pilato

di Francesco De Luca
Isola di Pontio [1]

 

Nella Storia con la S maiuscola, quella che narra fatti documentati, accanto ad essa, sono fiorite tante storielle ovvero narrazioni fantastiche riferite in specie a personaggi di importanza capitale.
Ora, Ponzio Pilato, non fu un personaggio di grosso calibro (nelle fonti storiche è menzionato di sfuggita e per iniziative di poco conto ) anche se il Cristianesimo, con tutta la sua storiografia, gli ha attribuito un ruolo di primissimo piano. Da qui sono spuntate come funghi storie e vicende a lui attribuite, ma tutte inesorabilmente infondate e dalla consistenza di favole. Storielle, appunto.

C’è un antico poemetto in francese, che tradotto recita così:

 Egli da Ponza Ponzio fu detto
perché quell’isola aveva retto:
poiché a la madre fu nome Pila
ed a’ suoi avi fu nome Ato,
perciò chiamossi Ponzio Pilato:
perché soggette le genti rese
da Ponza isola il nome prese.

Lo riporta Arturo Graf (1848 – 1913), letterato e poeta e come tale attratto dalle leggende e dai miti medievali, nel libro: Roma nella memoria e nelle immaginazioni del Medio evo – Torino, 1882, vol. 1° pag. 416 .
Si desume chiaramente la natura ‘leggera’ dello scritto, niente affatto ancorato alle vicende storiche.

La cosa non stupisca perché c’è una storiella ancora più fantasiosa. La racconto:

“ Una fanciulla di nome Pila, figlia di certo Ato molinaro, sedotta dal suo re Tito, generò un figliuolo, a cui dai due nomi materni fu fatto il nome di Pilato. La madre, quando il fanciullo ebbe tre anni lo mandò dal re, presso il quale il piccolo Pilato convisse col fratello legittimo di pari età, che, diventato giovane, egli uccise per invidia. Condannato a morte, il re suo padre, per non aggiungere sangue a sangue, lo mandò a Roma a pagare il tributo annuale che egli doveva. A Roma Pilato, fattosi amico al ‘fiolo del re di Franza’, che parimenti era là per pagare il tributo, mosso dalla medesima invidia, uccise anche quello. I Romani si disponevano a dannarlo alla scure, quando sorse uno de’ giudici a dire: “Questo, se egli vivrà, el quale ha ucciso il fratello et ha ammazzato l’ostaggio nostro, per la sua ferocità sarà molto utile a la repubblica perché, essendo egli feroce, domerà li colli di feroci inimici!; e in conseguenza fece proposta che, ben meritando Pilato di morire, “sia mandato per iudice ne l’insula di Ponza a quella gente, la quale nullo tollerano per iudice, se forse con la nequizia sua potesse domare la loro contumacia; quando che non, che egli patisca la meritata pena”. Così Pilato fu inviato a Ponza perché o soggiogasse quegl’isolani piegandoli al dominio di Roma o restasse trucidato da quelli; ed egli, “ con minaze et con promesse et con supplicio et con precio” li domò e per tal fatto “ prese Pilato el nome de l’insula di Ponto e fu chiamato da poi Ponzio Pilato “

Questo racconto lo riporta Jacopo da Varazze, arcivescovo di Genova nel secolo XIII. Costui lo aveva ripreso da un documento sardo del XII secolo “Pilatu di Ponza”. A raccontarci tutto è tale Luigi Volpicella in uno studio del 1906.

Racconto, leggenda, ovvero invenzione, che però negli anni intorno all’anno Mille prese piede “nelle terre che contornano il mar Tirreno nel mezzo del quale sorgono le isole Pontine” (“L’arcipelago pontino” – Apollonj Ghetti – Palombi editori – pag. 57).

Come mai? Cosa unì la figura del Romano con l’isola?

Lo esplicita Vincenzo Bonifacio nel suo libro “Pontio l’isola di Pilato” – Vianello Libri – pag. 61”.
Il Cristianesimo identificò le isole ponzie come luogo di martirio per tanti che furono costretti a scegliere le ristrettezze della vita isolana per non adorare gli Dei pagani. Molti trovarono la morte per mano violenta e molti per le sofferenze.

Le isole ponzie divennero terre di esilio, di abbandono, di crudeltà. Per cui, come il Prefetto della Giudea aveva decretato la morte di Cristo così quelle isole divennero tombe per i Cristiani.

“Ponzio Pilato: questo termine che per molto tempo si affiancherà a quello ufficiale di “Pontia “, vuol rappresentare in realtà, il dileggio per l’isola ed il disprezzo dei cristiani per coloro che con indifferenza e crudeltà hanno pronunciato l’infame verdetto di condanna verso il Cristianesimo”

“Ponza accoglie tutto il carico e le conseguenze dell’isola del confino”.

La storiella si diffuse nel Tirreno e trovò ricetto anche presso i cartografi, come attesta Francesco De Marchi che lasciò nel secolo XVI una carta navale Mare Mediterraneo e isola di Pontio, dove la relazione isola-Pilato è esplicita, e poi si divulgò fino al Settecento.

L’unico aggancio oggettivo per tale denominazione è la presenza, in Ponza, delle peschiere chiamate Bagni di Pilato. Queste peschiere erano state evidenziate nelle mappe e accoppiate al palazzo di Pilato.

Tutto inventato! Tutto consapevolmente inventato!

Perché come Palazzo di Pilato fu individuato una cisterna romana, nelle adiacenze del Porto. E la disinformazione dilagò. Avallata dall’ignoranza con la quale nelle vicende storiche è comparsa l’isola di Ponza.

Tuttavia va notato come già studiosi, il Pacichelli, il Mattej, il Tricoli, avevano manifestato scetticismo sulla relazione isola di Ponza – Pilato.

La Storia si radica nei fatti e nelle testimonianze che tali fatti lasciano; le storielle si tramandano attraverso le favole, le narrazioni, i racconti.

Che Ponzio Pilato abbia attinenza con Ponza è una verace storiella!

Isole di Pontio. XVI sec. [2]