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Quello strano pesce

di Sandro Romano (Alessandro)

 

Leggendo l’articolo sulle “curiosità abissali” – leggi qui [1] e qui [2] – e condividendo il motto di questo formidabile luogo di informazione e discussione e cioè “Prima che il tempo cancelli le tracce, raccogliamo insieme la storia e la cultura di Ponza e dei Ponzesi”, è mio desiderio dare ai lettori di Ponza Racconta quello che sono riuscito a ricostruire su una singolare pesca che il mio bisnonno, Damiano Tagliamonte, fece nelle acque di Zannone.

L’unica foto in nostro possesso ritrae Damiano, uomo buono, forzuto e collezionista di primati, che esibisce uno strano pesce. Purtroppo questo documento che è finalizzato ad immortalare più le persone che l’avvenimento, non dà elementi sufficienti per meglio individuare la probabile specie di appartenenza dell’animale.

Nonno Damiano [3]

Fortunatamente la curiosità dei bambini (di allora) e di un altro personaggio molto conosciuto a quei tempi, ci ha consentito di avere ulteriori elementi di indagine ed una descrizione molto più dettagliata.

Va detto, innanzitutto, che quella particolare pesca oltre a suscitare una naturale curiosità tra la gente del porto, vide la vivace reazione di alcuni vecchi marinai che, contestandone l’esibizione pubblica con un atteggiamento di “superstizioso pudore”, presagirono grossi guai per chi lo aveva pescato e per chi avesse guardato negli occhi quell’essere. La prassi da seguire, dettata dalla tradizione marinara relativa alle “strane pescate”, era chiara da tempi immemorabili: bisognava ributtare in mare tutto ciò che non trovava riscontro nell’esperienza.

Stiamo parlano degli anni che vanno tra il 1938 e il 1940 e già da allora il centro delle attività goliardiche, nonché di caccia e pesca sportiva, era la botteguccia artigiana di Francesco De Luca, più comunemente conosciuto con il nome di “Ciccillo ’i Maistà”. Dopo varie sevizie ed improbabili “appercantamiént’” (riti rievocativi delle forze del bene) di Marietta ’a Gaetana, finalmente l’animale fu affidato a Ciccillo affinché lo studiasse e desse il suo responso. Come c’era da aspettarselo, la ricognizione di Ciccillo non si limitò all’esplorazione esterna di quello strano essere, egli infatti, adagiatolo su un gradino di Via Scarpellini, sotto lo sguardo attento, schifato e preoccupato dei presenti (bambini in prima fila tra i quali Anna De Vito) lo sezionò accuratamente osservandone attentamente gli organi interni.

Premesso che quando l’animale fu issato in barca era ancora vivo e che respirava attraverso due pronunciate narici quasi a proboscide, dal sezionamento risultò dotato di un solo polmone e da un sistema di riproduzione simile ai delfini, ma bisessuale. Un incrocio formidabile tra delfino e squalo, considerato in particolar modo la pelle rasposa e la grossa e tagliente pinna dorsale. Portava anche due pronunciate pinne addominali.

Secondo il parere di Ciccillo, quell’animale lungo poco più di un metro e di circa 30 chili di peso, era un incrocio mai visto fra almeno tre specie marine: delfino, squalo e pescespada.

Ma la cosa che appariva piuttosto fuori dal normale per un animale marino, erano gli occhi molto simili a quelli di un cane.
Raccontava Cesare Tagliamonte, conosciuto con il nome di “Cesarettino”, a quel tempo marinaio di nonno Damiano, che quello strano essere, una volta issato a bordo, non si dimenava come di solito fanno i pesci, ma osservava loro due seguendoli con lo sguardo. Arrivati a terra, un altro pescatore (Domenico “scassa scoglio”), alla vista di quello strano pesce dal respiro pesante che lo osservava, preso da forte timore, lo uccise a martellate nonostante Damiano, intento ad ormeggiare il gozzo, gli intimasse di non toccarlo.

Occorre arrivare a metà degli anni sessanta, quando una paranza intenta alla pesca nelle acque di Zannone, recuperò un pesce simile a quello di nonno Damiano, ma con l’unica variante nel colore: era nero inchiostro. Alla vista di quella strana e “tranquilla” creatura, questa volta, seguendo la tradizione, i marinai lo ributtarono in mare per poi raccontare l’accaduto.

Qualche mese dopo, dalle pagine de La Domenica del Corriere, un articolo parlava di ritrovamenti simili lungo le coste calabresi.
Il nome che gli studiosi di biologia marina vollero dare a quell’animale, probabilmente colpiti dagli occhi, fu di “pesce uomo”.