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Autunno… primavera dell’inverno

di Gabriella Nardacci
1. Colori autunn [1]

 

Quando penso agli anni che mi hanno visto bambina e poi ragazza, sempre mi sovviene alla memoria la scuola e certi insegnamenti che mi hanno lasciato ricordi legati a sapori, odori, immagini, suoni e percezioni varie.

Mi son chiesta perché l’inizio degli anni scolastici, costituisca per me, la fonte di ogni ricordo che si è andato arricchendo di nuovi elementi, stagione dopo stagione, anno dopo anno.

Fra le tante risposte che mi son data, ce n’è una che si è fatta largo tra le altre e che si presenta con il nome di una delle stagioni: Autunno, appunto.

L’Autunno è stata la stagione che mi ha regalato qualcosa in più delle altre tre.
Vivevo in un paese, dove le stagioni fanno da padrone più che altrove. La campagna è a portata di mano, le strade e i vicoli profumavano di mosto e fumo di camini, la nebbia ti si parava davanti e ne percepivi la consistenza sulla pelle, si sentiva il rumore della ruota dei frantoi e dell’accetta che tagliava i grossi pezzi di legna mentre le foglie secche, sospinte dal vento, raggiungevano i tuoi passi e ti camminavano davanti quasi a indicarti la strada per andare a scuola.

Qualche mio compagno che abitava in campagna, dietro suggerimento della maestra, portava i doni della terra: i ricci con le castagne, un grappolo d’uva con le foglie ingiallite, un rametto di ulivo con le olive attaccate, qualche funghetto, un cachi, un fico d’india…un melograno, qualche bacca rossa. Un’esplosione di colori caldi a formare una natura morta che si è stagliata nella mia memoria e che costituisce, per me, un’opera d’arte d’inestimabile valore.

5. Colori autunno.10 [2]

Dietro questo “quadro” ci sono storie di uomini abituati a stare con la testa china e le spalle curve, con la terra nelle unghie e gli scarponi infangati: storie di albe precoci e di tramonti tardi e di avanzi di pane pregno d’olio, riportati indietro dai nostri padri e nonni contadini. Pane che noi bambini chiamavamo “il pane della cornacchia” che io masticavo a lungo per paura che, inghiottendolo subito, finisse presto. Ancora oggi ne ricordo il sapore e l’odore.

La poesia di Angiolo Silvio Novaro postata da Sandro Russo nella serie “Un altro Autunno” pubblicato a puntate su questo sito, mi ricorda la mia voce e quella dei miei compagni di scuola. La maestra ci chiedeva di recitarla tutti insieme.
Le nostre voci risuonavano argentine e cristalline: “Vien l’autunno sospirando/ sospirando alla tua porta/ sai tu dirmi che ti porta?/ Qualche bacca porporina/nidi vuoti rame spoglie/ e tre gocciole di brina/e un pugnel di morte foglie…”.

3. Colori autunn.2 [3]

Poi son cresciuta e nella maturità, grandi scrittori mi hanno catapultata in un’altra dimensione che toglieva dal trono la mia fantasia che fino allora si era confusa con la realtà e restituiva a quest’ultima, un significato che mi rattristava.

Non mi piaceva pensare “ai morti pensieri come foglie appassite” dell’Ode al vento di Shelley, né alla stagione dell’Inferno di Baudelaire “presto ci immergeremo nelle fredde tenebre” (I fiori del male 1861), e mi veniva da piangere quando leggevo Autunno di Gabriele d’Annunzio nel passo che dice “autunno, io non sentii mai così forte/ la tristezza che tu solo diffondi/ quanta di me nei tuoi boschi profondi /son cose morte tra le foglie morte..!”.

4. Colori autunn.6 [4]

Non era, per me, l’Autunno della “…dolcissima agonia” di Cardarelli; né l’Autunno di D. Valeri “…quel che resta di una foglia…”, né “…questa sera ho tutto l’Autunno dentro, i suoi grigi, i suoi morti, disperazioni e tempeste…” di N. Clifford Barney.
Mi dispiaceva pensare così una stagione che io vedevo con altri occhi.

Amavo Lawrence e il suo pensar segreto… “Ognuno dovrebbe trovare il tempo per sedersi e guardare la caduta delle foglie…”; Camus, “L’autunno è una seconda primavera quando ogni foglia è un fiore…”; Plutarco, “Nelle persone belle è bello anche l’autunno”; Lucchesi, “autunno, biondo autunno, maturano le foglie…”.
Amavo il buon Pascoli che seppure a volte in contrasto con altri suoi versi più tristi riguardo all’autunno, in una poesia scriveva: “Al cader delle foglie alla massaia/non piange il vecchio cuor come a noi grami/ che ha l’aia piena di galletti e galline/il granaio con il grano e il vino nel tino/ le ragazze che cantan mentre sfogliano il grano/e i monelli che ruzzano nei cartocci./ dove cogliere le cose semplici e dirette della vita perché diretta è la vita stessa”.

Io amo l’autunno. Questa stagione ha la capacità di raccogliere i pensieri lasciati in sospeso durante l’estate e li trasforma in racconti e poesie. Le foglie secche per me, diventano concime e mi ritrovo a gustare acini d’uva e chicchi di melograno a occhi chiusi, con la memoria che si fa film nella mia testa e che diventa documento importante da mettere in archivio.

Flaubert diceva che l’autunno si addice ai ricordi ed è vero. A volte a me, capita, di aggiungerne altri a quelli già esistenti.

Voglio chiudere con un pensiero Kierkegaard questa mia rassegna sentimentale sull’Autunno, ispiratami dagli articoli sopracitati [digita  – Un altro autunno – nel riquadro CERCA NEL SITO, in Frontespizio – NdR]: “…in autunno tutto ci ricorda il crepuscolo e tuttavia, mi sembra la stagione più bella; volesse il cielo allora, quando io vivrò il mio crepuscolo, che ci fosse qualcuno che mi ami come io ho amato l’autunno”.

Non è tristezza, ma un misto di malinconia e altro che non so spiegare… Forse il sentimento che altrove abbiamo chiamato saudade (*).

6. Colori autunn.8 [5]

 

 

(*) saudade. Digita – saudade – nel riquadro CERCA NEL SITO, in Frontespizio – NdR]