Ambiente e Natura

Il re e il mare (1)

Dom Carlos de Bragança

di Adriano Madonna

 

Dom Carlos de Bragança, penultimo re del Portogallo, fu un uno dei più insigni studiosi di vita marina. Si spinse fino alle isole Azzorre con lo yacht regale, che aveva trasformato in un’attrezzata nave oceanografica.

cartina isole Azzorre(antica cartina Isole Azzorre)

Gli studi e le osservazioni sulla vita del mare di Dom Carlos de Bragança, penultimo re del Portogallo, costituiscono una pietra miliare della storia della biologia marina. Molto di quanto egli fece lo apprendiamo da un suo collaboratore ed amico, certo Alberto Girard, che spesso lo accompagnò in giro per i mari durante numerose campagne oceanografiche. Queste furono condotte quasi tutte a bordo dello yacht Dona Amelia (dal nome della regina, Dona Amelia di Savoia).

schizzo Dona Amelia

 (schizzo Dona Amelia)

È risaputo che tre furono le passioni di Dom Carlos: il mare (e la natura in genere), la pittura e le belle donne. Riguardo a quest’ultima, certo ancora più nota delle prime due, in Portogallo ancora oggi si dice scherzosamente che tutti i portoghesi con gli occhi azzurri siano figli di Dom Carlos.

Struttura corporea massiccia, alto e con barba fluente, questo originale sovrano preferì di gran lunga il ponte della sua nave oceanografica piuttosto che le sale di corte: aveva, infatti, l’abitudine di lasciare gli affari di stato ai suoi ministri per poter vivere e studiare il mare.

 La vita del profondo

Che cosa si sapeva, dunque, della vita del pianeta acquatico verso la fine del 1800? In realtà, la biologia marina, a quell’epoca, non aveva conquistato grosse mete. Si era convinti che la vita sottomarina terminasse oltre i 500 metri di profondità, a causa dell’enorme pressione dell’acqua e dell’oscurità. L’oceanografo Forbes, uno dei precursori della ecologia, aveva stabilito, in seguito a una serie di ricerche, che la distribuzione degli animali marini interessasse quattro fasce batimetriche e che già oltre i 100 metri di fondo, il regno animale presentasse pochissimi organismi, reperibili fino e non oltre i 500 metri. Un episodio storico che riuscì a sconfessare questa teoria fu la rottura del cavo telegrafico che univa la Sardegna all’Algeria, nel 1860. Il cavo fu recuperato per essere sostituito e alla sua estremità, che risaliva da ben 2000 metri di profondità, furono trovate diverse specie di lamellibranchi e madrepore, fino a quel momento conosciuti solo come fossili. Si intensificarono, dunque, gli studi sulla fauna e sulla flora abissali, in particolare al largo delle coste portoghesi, dov’era possibile trovare plateau di varia natura morfologica a grandi profondità. Fu osservato che i pescatori di Setubal e di Sesimbra, che calavano i loro attrezzi nelle acque di Cabo Espichel, salpavano a bordo pesci, molluschi e crostacei da quote che, secondo le teorie di Forbes, avrebbero dovuto costituire fasce d’acqua praticamente abiotiche.

Esperimenti e scoperte

Fu nelle reti di fondo dei pescatori di Setubal che lo scienziato Barbosa de Bocage rinvenne alcuni esemplari di una spugna abissale, battezzata Hyalonema lusitanica, che era stata vista, sino a quel momento, solo nel mare del Giappone.

Sulle tracce di Barbosa de Bocage si mosse un altro grande oceanografo del tempo, Sir Perceval Wright, professore di scienze a Dublino, che armò una barca da pesca con gli attrezzi necessari e con l’intento di studiare ancora più a fondo l’habitat della Hyalonema lusitanica, ma durante la raccolta in profondità tirò a galla, con grande sorpresa, un pesce dell’ordine dei selaci, il Centroscymnus ceololepis.

Centroscymnus ceololepis

Bocage riferisce che anche l’ittiologo Kent, funzionario del Museo Britannico, si mosse per esplorare dalla superficie, con apparecchi, sonde e attrezzi di raccolta, lo stesso specchio d’acqua, servendosi di una nave molto ben attrezzata per queste ricerche, la Challenger, che in seguito si sarebbe spinta in tutte le acque del mondo, dal 1872 al 1stampa che riproduce la Challanger

(la Challanger in una stampa d’epoca)

Nel 1873, la Challenger entrò nel Tejo, il fiume di Lisbona, dove gettò le ancore. Al suo fianco si trovava l’Hirondelle, acquistata dal principe di Monaco, anche lui interessato alla biologia marina. L’intensa e appassionante ricerca scientifica del principe Albert contribuì molto a stimolare ancora di più l’interesse di Dom Carlos de Bragança negli studi della vita del mare. Tra i due si stabilì un’assidua corrispondenza, con scambio di idee su metodi di raccolta e di sondaggio del fondo marino. Ancora Alberto Girard ci mette al corrente di una lettera, datata 14 ottobre 1896, in cui il principe di Monaco inviò al sovrano portoghese degli appunti su nuovi apparecchi di raccolta abissale, che ebbe modo di sperimentare a bordo della nave Princesse Alice.

nave Princesse Alice

(la nave oceanografica Princesse Alice)

In quello stesso anno, Dom Carlos iniziò le sue campagne oceanografiche. Si servirà dello yacht Dona Amelia, un tre alberi di 33 metri di lunghezza e di 147 tonnellate, equipaggiato con vele e macchine a vapore.

Dom Carlos si interessò in prima persona di far allestire a bordo una valida attrezzatura per la raccolta dei campioni biologici sul fondo del mare. Sappiamo che dal Dona Amelia era possibile effettuare sondaggi fino a 1500 metri e dragaggi fino a 600 metri. Così riferisce Alberto Girard in una suggestiva cronaca che descrive l’approntamento della nave oceanografica: “… La installazione di tutte le apparecchiature presentò grandi difficoltà, dovute al poco spazio disponibile, che impedì di attrezzare, a bordo, un laboratorio completo, come in origine era negli intenti di Dom Carlos, per la preparazione, la conservazione e lo studio degli esemplari raccolti…”.

esame di reperti marini

(esame di reperti marini)

Si decise, quindi, per risolvere il problema, di costruire, nella piccola città di Cascais (sulla costa a nord di Lisbona), un laboratorio debitamente attrezzato, con acqua di mare corrente, vasche e acquari.”

 

[Il re e il mare – (1 ) – Continua]

 

Dott. Adriano Madonna, Biologo Marino, EC.Lab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”

 

 

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