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Un’altra fiction. (4). Interazioni isolane

di Rita Bosso
Un'altra vita. Set [1]

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Prima di tutto, il dato importante: anche con la seconda puntata il numero di spettatori è stato altissimo. Molti isolani sono stati impiegati sul set, la ricaduta delle splendide riprese sulla stagione turistica dovrebbe essere  strepitosa,  aumentano le probabilità di realizzazione della seconda serie.
La fiction Un’Altra Vita, come opportunità lavorativa e come veicolo pubblicitario, rappresenta un evento importante per l’isola, e su questa evidenza non c’è alcun bisogno di  soffermarsi.

Io scrivo di un’altra fiction, come enunciato nel titolo; i protagonisti sono Giuànn’, Gigino, le ragazze del caffè Tripoli che mi spiegano che non è il caso di badare alla trama, che in questo genere televisivo è l’ultima cosa che conta; usano lo stesso tono indulgente con cui rispondono al cliente che entra e chiede di acquistare un francobollo; ci fosse ancora Luigi ‘u pitt dietro al bancone, userebbe il suo vocione per illustrare il concetto in maniera sbrigativa ed efficace.
Scrivo di quelli che non la vedono, come Silverio Barbone  e come la Barbarella, non per snobismo ma perché vanno a letto alle sette e mezzo; oppure di Luigino che non la vede perché è un programma della concorrenza.
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Ciunche e cecate, jate ‘i fforne ca ve spusate” (nella versione fornese, si dirà jate ‘u puort’).
A metà della seconda puntata, infatti, tre su cinque sono sistemate: Emma con l’uomo del mistero, la figlia più piccola col biondino, la secondogenita con l’aviere. Per la figlia maggiore bisognerà attendere, è stata appena mollata e ha bisogno di una puntata di metabolizzazione.
Più difficile l’impresa con Loretta ma, se non dovesse accadere nulla, c’è Giuànn’ a disposizione, che ci fece un pensierino ai tempi della Freccia Nera.
La quale Loretta, dopo aver percorso mezza Italia con un forno De Longhi in braccio, arrivata a Ponza vorrebbe un taxi, sia pure la carretta della prima puntata;  invece trova Beniamino che, amabile come non mai, le dice di farsela a piedi… col forno in braccio. Tra Porto e tunnel potrebbe però incontrare Giuann’ che, cavallerescamente, si accollerà il pacco.
Dal punto di vista elettrodomestico, l’isola non ci fa un figurone: caldaie scassate, forni mancanti, lavastoviglie inesistenti, telefonini che non hanno campo … Onorato e Assenso, scetateve!
Intanto si è chiarito il mistero delle visioni della regista: “Dove sono gli abitanti? Come facciamo con le comparse? Sembrava di essere noi stessi dentro la trama del nostro film. Da dietro le finestre ci guardavano con sospetto. Sembrava che si chiedessero: che ci fanno qui? Hanno sbagliato stagione .… Poi siamo riusciti a farli uscire dalle loro case. Li abbiamo convinti a far parte del film” – ha dichiarato la Th. Torrini.

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Alla seconda puntata arriva la spiegazione: le sospettose che guardavano dalle finestre erano le priate,  ovvero le attrici de ‘A Priezza, in tal senso istruite da Assunta: hanno recitato alla perfezione simulando, nell’ordine: spavento, incredulità, curiosità, timidezza, entusiasmo,  gratitudine; si sono fatte “tira’ ‘a cazetta” per uscire dalle case (loro che tra lavoro, impegni teatrali e impegni sociali, in casa ci stanno poco o niente) e sono entrate a far parte del film. Assunta si conferma regista-capocomico di classe: da oggi in poi la chiameremo Assuntha.
“Attacca ‘u ciuccio dove dice il padrone” : altro detto di cui far tesoro.
Mary, moglie di uno dei due dottori (non ho capito se di Biagio o di Isidoro) non sa ancora che i bambini non li porta la cicogna e che l’orologio biologico, a una certa età,  smette di ticchettare; non riesce a spiegarsi le caldane e, quando la dottoressa pronuncia la parola maledetta, arma una guerra, schierandole contro tutte le sue amiche. Poi, però, si calma – merito del cerotto che la luminare le ha prescritto-  e non solo va a far  pace, ma consiglia addirittura all’amica, proprietaria della bicocca in cui Emma alloggia, di comprare una lavastoviglie, ovviamente De Longhi.
E la bicocca, a sua volta, è diventata una accogliente casetta in stile shabby  che non sfigurerebbe su una rivista, perché basta un tocco della classe meneghina  per passare dalla stalla alle stelle.

La galleria di “marito ponzese” si arricchisce di due tipologie: l’Urlante Inconcludente, interpretato da Francesco Cordella, e il Despota Insensibile, rappresentato dal marito della cameriera della villa, che lascerebbe andare in cancrena la gamba della moglie pur di non spifferare il segreto: di nuovo, attacca ‘u ciuccio addò dice ‘u padrone.
Vanessa, dopo essersi cimentata come veterinaria e come ginecologa nella prima puntata, se la cava anche come ortopedica, fa qualche medicazione, sicuramente sfoggerà competenze psichiatriche con la signora della villa misteriosa… mica male, per una che sveniva alla vista del sangue e, dunque, la laurea in medicina l’aveva presa coi punti.

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