Botanica

Il Peperoncino, il Falso e il Pepe (4) …E la scienza, gli scienziati, che ne dicono?

di Sandro Russo
Hot pepper's. Girandola

 

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La sostanza responsabile del piccante del peperoncino – la capsaicina – è stata identificata fin dal 1816; negli anni successivi è stata isolata e sintetizzata in laboratorio; quindi messa in rapporto con una ‘famiglia’ di sostanze dette vanilloidi, di cui solo recentemente (1997) si sono identificati dei recettori specifici nel corpo umano: più esattamente sui neuroni che  regolano la sensibilità al dolore. Attualmente la capsaicina è determinabile con precise tecniche di laboratorio, ma per gli usi pratici questa tecnica non ha abolito il vecchio sistema di misurazione in Unità Scoville (leggi qui).

Si sono postulati per la capsaicina meccanismi che implicano una attivazione delle endorfine (gli oppioidi ‘endogeni’, prodotti dallo stesso organismo come fisiologica risposta al dolore) e interferenze con altri sistemi neurologici di gratificazione.

Per riportare il discorso in termini scientificamente accertati va detto che collegate ‘a cascata’ all’interesse per le proprietà del peperoncino ci sono state altre importanti scoperte, come quella della vitamina C ad opera dello scienziato ungherese Albert Szent-Györgyi, che per tale scoperta prese il premio Nobel per la Medicina nel 1937, per ricerche effettuate proprio su peperoni e peperoncini, che della vit. C contengono quantità molto elevate.
Ma questo era ben noto alla sapienza popolare, tanto che già ai tempi eroici della marineria del ’600 – ’700  si diceva: “I marinai spagnoli portano con sé il chile, quelli inglesi portano il lime”; evidentemente in funzione antiscorbuto (sindrome clinica da deficit di vit. C)

FOTO 16. Nature

 La scoperta del recettore per i vanilloidi e per la capsaicina (8-metil-N-vanillil-6-nonenamide) è relativamente recente. La notizia è stata presentata con grande enfasi sulla importante rivista  Nature (1997).  La capsaicina è attualmente considerato un falso trasmettitore del dolore.

Dal punto di vista medico e scientifico sono poche le sostanze che hanno avuto una tale reviviscenza di interesse come recentemente la capsaicina. Questo ha portato a rivedere alcuni luoghi comuni legati ad essa e all’uso alimentare del peperoncino.

A differenza di quanto credono i profani, il peperoncino non sopprime le capacità gustative, ma le riaggiusta ad un nuovo livello e le esalta.

Diversamente dal pepe, il peperoncino non è controindicato nella maggior parte delle malattie  gastrointestinali, anzi per la sua capacità di aumentare la produzione e la fluidità del muco, esplica degli effetti protettivi sulle pareti dello stomaco; aumenta anche le secrezioni bronchiali, e la fluidificazione il muco può essere vantaggiosa nei bronchitici cronici.

I consumatori di peperoncino sono studiati anche per altri importanti effetti, come quello di avere una ridotta incidenza della formazione di trombi (attività fibrinolitica), alti livelli di carotene (provitamina A, contenuta in quantità nel capsicum), e di Vit. P (flavonoidi protettivi delle pareti vasali).

Ma sicuramente l’aspetto scientifico più interessante delle ricerche sulla capsaicina  riguarda la sua implicazione con i meccanismi del dolore e le sostanze rilasciate in risposta allo stimolo doloroso.
Si è detto che la capsaicina è ritenuta un ‘falso trasmettitore del dolore’, ossia ne evoca i sintomi ma – entro definiti limiti di concentrazione – senza i segni di infiammazione e di lesione dei tessuti.

Ha effetti antidolorifici locali nei confronti degli stimoli termici, chimici e meccanici. Ciò avviene per la sua particolare interazione con i neuroni di senso su cui provoca gli stessi effetti bioelettrici dell’attivazione fisiologica e l’invio al cervello dell’analogo messaggio (dolore). Solo che il tessuto corrispondente non sta ricevendo al momento alcun danno; la capsaicina ne determina soltanto la sensazione!

Anche questo rivoluzionario meccanismo d’azione era noto – a ben guardare – alla sapienza popolare. In Asia e in sud-America, ma pure nelle nostre campagne, si raccomandava il peperoncino per dolori molto intensi; come l’uso di una-due gocce di peperoncino piccante su un dente dolorante. Le osservazioni in proposito giunte sui giornali medici erano sottovalutate, in mancanza di una spiegazione del fenomeno. Ora si può capire, per esempio, l’impiego di una pomata alla capsaicina per un dolore tra quelli considerati tra i più insopportabili, come il ‘fuoco di S. Antonio’ (Herpes zoster). La pratica (medica!) prevede l’applicazione di un anestetico di superficie a breve durata d’azione, finché l’area non è insensibile; quindi viene applicata, con i guanti e le opportune cautele, la capsaicina (in concentrazioni tra lo 0,025%  e lo 0,075%!).
Il risultato è che con la medicazione a lungo termine di capsaicina la terminazione nervosa è depleta del neurotrasmettitore e non conduce più le sensazioni dolorose al cervello, ma appena il farmaco è sospeso, i neuroni riprendono immodificati la loro funzione, senza lesioni organiche.

Un uso interessante – anche se non propriamente benefico – della capsaicina, è l’impiego come bombolette spray anti-aggressione e anche la sua dotazione alle forze dell’ordine come agente antisommossa, nel senso che nebulizzato sulla folla induce un bruciore lacrimale e nasale a prova di eroismo. Ovviamente per questi impieghi si usano concentrazioni molto diluite; problemi possono insorgere per esposizione prolungata e per contatti ravvicinati.

La possibilità di incidenti anche gravi ricorda sempre che qualunque sostanza può essere tossica, per usi e concentrazioni impropri.

In situazioni più usuali, un contatto con il peperoncino è frequente motivo di consultazione di un Centro Antiveleni. Esso può determinare una sensazione di bruciore a carico della cute o delle mucose. Se ingerito in grandi quantità da adulti, o in piccole quantità dai bambini, può causare nausea, vomito o diarrea dolorosa. Il contatto con gli occhi provoca bruciore, intensa lacrimazione, congiuntivite e contrazione dolorosa delle palpebre. Alcuni casi richiedono un trattamento medico, ma la maggior parte dei piccoli incidenti da manipolazione impropria possono essere risolti immergendo le mani in acqua e aceto o, per i problemi conseguenti all’ingestione, assumendo del latte, dal momento che la caseina è in grado di agglutinare la capsaicina rimuovendola dai recettori nervosi. D’altra parte è abitudine comune dei ristoranti indiani servire dello yogurt, a complemento e guarnizione dei piatti più piccanti, per graduarne l’intensità.

Libellula. Sympetrum sanguineum


Epilogo.
Un haiku ispirato dalla vista dei campi di peperoncino in autunno, era stato composto da Kikaku, uno dei dieci discepoli del poeta itinerante giapponese Basho (XVI sec.):

Strappa le ali
di una libellula
avrai un peperoncino

– Questo non è un haiku – aveva detto severamente Basho a Kikaku – Così tu uccidi la libellula!
E lui stesso aveva ricomposto così i versi:

Aggiungi un paio di ali
a un peperoncino
avrai una libellula

  [Cit. in: Amal Naj – “Bollenti spiriti” (v. sotto)]

Spiriti bollenti

Amal Naj è nato in India (nel Bengala), ma si e trasferito giovanissimo a Belfast, in Irlanda, dove ha completato gli studi. Da una dozzina d’anni vive a New York, dove scrive per il Wall Street Journal. “Spiriti bollenti” è il suo libro pubblicato in Italia da Corbaccio Ed. (1994).

Penelope Cruz nel film Per incanto o per delizia. 2000

Penelope Cruz nel film “Per incanto o per delizia” di Fina Torres, del 2000

[Il Peperoncino, il Falso e il Pepe (4) – Fine]

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