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Se chiudi gli occhi, romanzo di Tina Mazzella

tinamazzella [1]di Rita Bosso

 

Mi è capitato di rado, nelle letture recenti, di imbattermi in personaggi che “escono dalla pagina” e ricompaiono durante le incombenze quotidiane, prendono posto accanto a me mentre guido, mi nascondono lo straccio mentre spolvero; quei bei personaggi ingombranti, invadenti, che inutilmente io lettrice mando a cuccia intimando di ripassare più tardi, quando sarà il momento della lettura. Macché! Una volta che un personaggio è riuscito a liberarsi delle pareti di carta che lo imprigionano, non lo tacita più nessuno; mica Pirandello raccontava frottole …

Appartiene a questo  genere Antonella, protagonista di “Se chiudi gli occhi”, l’ultimo romanzo di Tina Mazzella; Tina, nativa di Ponza, vive a Brescia e ha pubblicato numerosi scritti.

Antonella, distante dal cliché della primadonna, anzi apparentemente piuttosto comune, riesce ad imporsi e a catturare l’attenzione del lettore per quasi 400 pagine. Definirla “asciutta” è un complimento; a tratti appare quasi  legnosa, impermeabile alle emozioni e agli stati d’animo delle persone che la circondano; qualifica la sua esistenza  come “silenziosa ed incolore”, sebbene sia stata costellata da eventi anche drammatici; in realtà, a mio avviso, non sono tanto gli eventi a rendere interessante la narrazione, quanto la personalità di Antonella.
La lotta per la sopravvivenza la impegna completamente e le impedisce di cogliere troppe sfumature; va avanti senza concedersi vittimismi, autocompiacimenti, dura con se stessa e con gli altri. Registra entrate e uscite dalla sua vita senza grossi scuotimenti emotivi; escono di scena il padre e la sorella, suoi unici familiari, e lei non formula ipotesi, non si dispera, non tenta ricerche; prende atto e va avanti. Alcuni anni dopo, la scoperta del tradimento del marito provocherà una lite e la cacciata di casa, nonché l’immediata uscita di scena del reo, definitiva nonostante la presenza di due figlie piccole, una delle quali gravemente minorata, nonostante la scarsità di mezzi di sostentamento: anche in questo caso, si registra l’assenza e si procede.

 

Tina Mazzella [2]

Tina Mazzella alla presentazione del romanzo “D’Autunno”, sulla piazzetta della chiesa di S. Maria, nel giugno 2013

La bravura di Tina Mazzella risiede nella capacità di descrivere senza eccessi, senza moralismi, senza esprimere giudizi; lentamente, mentre Antonella scrive il diario destinato alla nipote Viola, prende forma la figura di una donna che è comune e dark lady allo stesso tempo, “al di là del bene e del male”. L’autrice costruisce Antonella limitandosi ai fatti, ed ottiene un risultato di notevole potenza.
Le fragilità, i disagi sono tutti collocati altrove: in Paola, la figlia cieca e bisognosa di cure; in Erica, la primogenita nevrotica. Dinamici, pieni di interessi, belli e solidali sono invece Daniele, tardivo principe azzurro, e Viola, l’amata nipotina: perfetti, dunque improbabili. Ma questa è la descrizione che ne dà Antonella, non quella oggettiva di un narratore super partes; e Antonella ha fatto dell’assenza di sfumature la sua modalità di osservazione del mondo.
Accadono fatti importanti e tragici: un probabile suicidio, il ricorso a dosi massicce di ansiolitici. Ovviamente non è Antonella a metterli in atto, quelle come lei sono troppo coriacee per arrivare a tanto; accadono però a pochi millimetri da lei, sicuramente preceduti ed accompagnati da tanti segnali; ebbene, Antonella non sospetta nulla e sarà solo la lettura casuale di un messaggio, a distanza di anni, a darle una spiegazione.

Scrittrice d’esperienza ed ex insegnante di lettere, Tina adotta un registro espressivo efficace: Antonella, che lavora come commessa, costruisce periodi  corretti ma non molto articolati, e sceglie con cura gli aggettivi; la stessa cura, presumo, con cui fa la piega ai capelli o sistema le cose di casa, in ossequio al decoro piccolo borghese, badando più all’apparenza che alla verità.
C’è probabilmente un po’ di Antonella in ciascuno di noi, accanto a una quota della fragilità, del senso di inadeguatezza incarnate dalle figlie; c’è una genitorialità problematica, tanto più subdola quanto più è normale: in questo senso, fanno danni sia Antonella, madre-modello e votata al sacrificio, che il padre-orco.
Tina, con sensibilità e sobrietà, è riuscita ad illuminare i mostriciattoli oscuri che albergano in ciascuno di noi.

Ancora un momento della presentazione del romanzo D'Autunno, organizzata da Ponzaracconta a giugno 2013 [3]

Ancora un momento della presentazione del romanzo “D’Autunno”, organizzata da Ponza racconta a giugno 2013