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Il Coccodrillo

di Silverio Guarino
Coccodrillo.2 [1]

 

La maggior parte delle persone attente alla parola dei giornali scritti, parlati o visti, è a conoscenza del significato giornalistico della parola “coccodrillo”.
Si tratta di quell’articolo, sempre pronto, con il quale si può annunciare l’avvenuto decesso di una persona (in genere importante), riportandone la biografia, i dati salienti della illustre vita vissuta, non dimenticandone le virtù e il vuoto incolmabile causato dalla sua scomparsa.

E’ ciò che puntualmente si verifica anche sul sito di Ponza racconta.
Non si fa in tempo a morire (magari in santa pace) che il “coccodrillo” appare come una cambiale “svizzera” in scadenza.
E non si lesinano aggettivi e frasi altisonanti per ricordare e compiangere persone che hanno avuto il solo torto di lasciare questa vita prima dei loro estimatori.

Il detto latino “parce sepulto” (sepulto: dativo maschile singolare e non accusativo, in quanto il verbo parcere regge il dativo) che vuole dire: “porta rispetto per chi è morto” o “risparmia di parlar male dei morti”, viene costantemente amplificato nel “coccodrillo” dalla descrizione di doti e apprezzamenti della vita terrena del deceduto, di cui magari lui stesso, in vita, non si è mai reso conto.
“Parce sepulto” è, dunque, nel DNA dei giornalisti cultori del “coccodrillo” e la genetica non può essere ancora modificata. Ciò che si può modificare è l’effetto della genetica sui comportamenti “coccodrilleschi”.

Infatti il mio personale pensiero, condiviso da più persone, è che se uno era buono e mite da vivo, potrà rimanere altrettanto nel nostro ricordo da morto, ma se uno era stato esattamente l’opposto, il ricordo di lui non potrà essere correlato a doti che non aveva mai avuto durante la sua esistenza.

Magari, parliamo invece bene di noi quando siamo ancora in vita, volendoci un po’ più di bene e mostrando un po’ più di comprensione l’uno per l’altro. Lo ha detto anche quel giovane di Nazareth, che per le sue parole subì il martirio della croce: “Amatevi gli uni con gli altri”.

Per non arrivare a vivere quell’aforisma riferito a Sacha Guitry che suona così: “se quelli che parlano male di me, sapessero quello che io penso di loro, direbbero molto peggio!”.

La saggezza di chi “pensa” rispetto alla insipienza di quelli che “parlano”.


Post scriptum
: nell’ipotesi di una mia dipartita, vi prego, risparmiatemi il “coccodrillo”! Anche perché se rimarrà di me un buon ricordo, vorrà dire che non sarò vissuto invano, ma soprattutto perché andrò a tirare i piedi di notte ai miei estimatori postumi (!).
Io amo chi mi ama. Non posso amare chi mi amerà.