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‘A storia d’ u ‘ntrattiene

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio
Bambini. 1958 [1]

 .

I bambini – si sa – sono pieni di energie e di interessi. I più piccoli sono poi anche instancabili.
Tenerli a bada è impegnativo almeno quanto educarli. Una mamma di oggi, con l’evoluzione che ha subito nel tempo il ruolo della donna sempre più impegnata nel mondo del lavoro, ha un gran da fare nella difficile attività di coniugare le esigenze professionali con quelle di madre.
E, purtroppo, un modo come tenere buoni i bambini è spesso quello di metterli davanti ad un televisore a guardare cartoni animati e storie ed avventure di piccoli eroi.
Molti di questi filmati, se ben selezionati, sono anche educativi ma sempre se fatti vedere nelle giuste dosi; solo capita che stanchezza, stress, e la presenza a volte di problemi familiari facciano dilatare oltre il dovuto quei tempi televisivi.

Quando eravamo piccoli noi, non è che eravamo meno energici dei bambini di oggi ma le televisioni non tutte le famiglie le avevano e, poi, non c’erano programmi a tutte le ore.

Un modo che avevano le madri (almeno la mia) per “togliersi dai piedi” noi rompiscatole era quello di mandarci a comprare nu poche ‘i ‘ntrattiene. Così mia madre quando aveva da fare e non poteva stare dietro alle mie domande curiose o alle richieste di volerla coinvolgere nei miei giochi, mi diceva: – Enze, va’ da zi’ Assuntina e fatte da’ ciente grammi ‘i ‘ntrattiene e dille che po’ pass’ ie e ‘a paghe.

Ero un bambino di norma ubbidiente e per me che abitavo sugli Scotti andare giù al porto era un piacere. Capitava d’arrivarci anche più di una volta al giorno ed in genere rimediavo sempre qualcosa lungo il percorso: cinque lire da zio Gennarino quando mi chiedeva la cortesia di comprargli una palatella di pane; due mele cotogne o qualche melagrana, se era stagione, quando passavo a salutare mia zia Velia;  due pasticche bianche per la gola (le ricordo molto gustose) quando passavo per la farmacia del dr. D’Atri.

Zia Assuntina aveva un negozio di generi alimentari molto fornito giù alla banchina Di Fazio.

In genere vi faceva la spesa sempre tanta gente ed ero abituato ad aspettare il mio turno. Capitava, però, che quando chiedevo ‘u ntrattiene zia Assuntina mi facesse andare ben oltre il mio turno.
La prima risposta era sempre: – Aspiette ‘nu poche, mo’ t’u vac’a ‘ppiglia’.
Ma arrivava altra gente che veniva servita regolarmente mentre io ero tenuto da parte… Ogni tanto, preoccupato del tempo che passava e di cui avrei dovuto dar conto a mia madre, sollecitavo zia replicando la richiesta. E zia, noncurante della mia apprensione continuava con – Aspiette ‘nu poche c’u tenghe dint’allatu magazzine”.

E continuava così più volte fin quando non la vedevo sparire dietro la porta di un locale attiguo da cui usciva poco dopo dicendomi con gli occhi meravigliati e alzando le spalle a conferma della sua incredulità: – Enze mi dispiace, nun me n’ere accorta, dice a mammà che ‘u ‘ntrattiene m’è furnute ma m’arrive c’u primme viaggie ‘i Sigarette. Scuseme tante ‘a  zie.

Non ricordo bene per quanto tempo sia durata la storia d’ u ‘ntrattiene
Certamente fin quando è durata l’età dell’innocenza e non è cominciata quella della furbizia appresa dagli adulti.

Tutti siamo stati bambini [2]