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Pantelleria. Viaggio nell’isola di lava e di vento (3)

di Sandro Russo

Per la puntata precedente, leggi qui [1]


I capperi.
Sono dovunque sull’isola; in luoghi così improbabili da sembrare una emanazione della stessa roccia. Ma questo è abbastanza normale per i capperi, nei posti dove essi scelgono di vivere.
In modo caratteristico a Pantelleria, i capperi vegetano anche in posizione ‘di frontiera’, come le prime piante a colonizzare le rocce a pochi metri dal mare

‘Libero come un cappero’ – si dovrebbe dire, perché sono piante che prediligono la disseminazione spontanea e mal si adattano alle sistemazioni che l’uomo vorrebbe scegliere per loro.

Ma la caratteristica isolana è la coltivazione dei capperi in piena terra… (v. in didascalia delle foto successive).

L’uso gastronomico del cappero prevede la raccolta dei boccioli nel periodo che va dai primi di giugno alla fine di luglio e la loro conservazione in salamoia. Anche i ‘frutti’, ovvero i contenitori dei semi – chiamati ‘cucunci’ – raccolti nelle prime fasi di sviluppo, sono commestibili. Generalmente sono conservati sottaceto.

18. Viti. Capperi [2]

Colture isolane caratteristiche: viti basse e capperi sui muri perimetrali

Capperi ai bordi dei muri a secco [3]

Capperi piena terra [4]
Capperi piena terra. Part. [5]

Capperi. Raccolta [6]
Capperi. Fiori e boccioli [7]
Capperi Le capsule con i semi [8]

Coltivazione dei capperi: ai bordi dei muri a secco (parracine) e in piena terra Si mettono a dimora le piantine germinate in piantinaio, ma a differenza che altrove non ci sono particolari difficoltà di attecchimento e di sviluppo. Nelle foto in basso si vedono fiori e boccioli e le capsule dei semi

20. Capperi sul mare [9]

Cappero tra le rocce sul mare [10]
In modo caratteristico sull’isola, i capperi vegetano anche in posizione ‘di frontiera’, come le prime piante a colonizzare le rocce a pochi metri dal mare

 

Le genti e le culture. In viaggio per le isole dei nostri mari, e più in generale sulle coste del Mediterraneo, si ha spesso la sensazione di spartire una identità comune. Non è tanto una valutazione razionale – anzi spesso le lingue sono diverse, o incomprensibili – ma qualcosa nell’aria. Sono profumi e sapori; un colpo d’occhio sulla vegetazione, sui volti della gente. O anche il fruscio del vento tra i pini  – i pini di Aleppo! – Come ricordi lontani, echi di altre vite…

Le popolazioni che hanno colonizzato le coste del Mediterraneo sono state tra loro diverse; alcune hanno troppo temuto o spregiato il mare, da cui pure venivano, e si sono appartate nell’interno, diventando contadini e pastori.
Altre, spinte dal bisogno, sono diventate genti di mare. I grandi navigatori del bacino del Mediterraneo hanno scritto parti importanti della nostra storia, e la loro eredità di tanto in tanto riaffiora.
Ne rimangono poche tracce nella vita di tutti i giorni, vissuta in superficie e alla rincorsa del nuovo; molte di più nel profondo delle culture, nel linguaggio e nei suoni.

***

In appendice, come excursus tra le caratteristiche delle isole e delle terre che affacciano sol Mediterraneo, consiglio di compiere un viaggio sentimentale attraverso le parole e i suoni che caratterizzano il nostro mare:

 

Mediterraneo Grande Madre (1): leggi qui [11]

Mediterraneo Grande Madre. (2). Fabrizio De André: leggi qui [12]     [12]

Mediterraneo Grande Madre (3). Gli scritti, le canzonileggi qui [13]

Mediterraneo Grande Madre (4) – Jean-Claude Izzoleggi qui [14]

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[Pantelleria. Campi e giardini nell’isola del vento (3) – Fine]