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Le tradizioni, queste sconosciute. Il rosario cantato

di Francesco   De Luca
Papa. Corpus Domini [1]

 

A Ponza abbiamo la fortuna, se ne siamo consapevoli, di profondarci in un lontanissimo passato e da lì risalire, attraverso alcuni suoi aspetti, fino all’attualità.
Non mi si giudichi eccessivo ma nella ricorrenza del Corpus Domini la comunità dei fedeli tramanda una pratica religiosa insolita e singolare.

Si adora l’ostia santa con un “rosario cantato”, diviso in due strofe. Eccole:
Sia lodato ogni momento – Gesù mio nel Sacramento;
Oggi e sempre sia lodato –  Gesù mio sacramentato.     

Finita la decina dei grani c’è un canto che conchiude. Eccolo:
O cuore amabilissimo
del caro mio Gesù
il tuo amor dolcissimo
io voglio e niente più

E così via con una sequenza fissa.

Come si evince, l’oggetto dell’adorazione è l’Ostia consacrata ovvero il Corpus Domini. Vero e assoluto mistero di fede, che proprio per la sua oscurità era oggetto di pratiche accurate e rigorose.
Nella mia infanzia, in processione, era accompagnata da un baldacchino pomposo che ne magnificava la natura “sacra”.

la processione del corpus domini a ponza [2]

Oggi, nella memoria rimbalza l’ossequio che si doveva all’espressione “viva” del corpo del Signore e ancor più mi colpiscono le frasi musicali del “rosario cantato”.
Di una armonia semplice e toccante quale non si raggiunge più oggi.
Perché? Perché lì è proiettato l’animo di un uomo la cui umanità era talmente poco apprezzata da doversi proiettare nell’aldilà per trovare il suo valore.
Era il tempo in cui l’uomo era asservito al mondo divino. Era il Medio Evo.

Nel “rosario cantato” un brandello di quel mondo viene riproposto. Occorre preservarlo come reliquia antropologica perché si dia valore alla fede e, insieme, alla volontà che se ne vuole affrancare.

La tradizione non è una pratica da seguire ad occhi chiusi, ma da seguire per i valori che può trasmettere. Ognuno tragga da essa l’insegnamento che riesce a cogliere, ma per farlo, occorre riproporla, occorre riviverla.