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Ricordando Sandro Pertini nel giorno della festa della mamma

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio 

PERTINI [1]
Da qualche anno la festa della mamma ricorre la seconda domenica di maggio per cui quest’anno cade oggi 11 maggio.
L’origine di questa ricorrenza non è certa. Ho trovato scritto da qualche parte che  “nell’antichità esistevano dei riti che si rifacevano al culto della Madre Terra e celebravano le divinità femminili legate alla rinascita della natura in primavera, le genitrici, coloro che rappresentavano la fertilità e la vita”.
Così come la conosciamo noi è abbastanza recente, essendo stata introdotta nel 1957.

Una madre si deve voler bene sempre ma non dà fastidio se c’è un giorno dell’anno in cui la festa che la ricorda diventa l’occasione per dedicarle un pensiero ed un gesto affettuoso in più.
Le mamme rappresentano per tutti dei solidi punti di riferimento, per i più piccoli sono il rifugio naturale per quel legame ancestrale che risale al tempo della gestazione.

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La festa di oggi e la circostanza che, su questo sito, si ritorni a parlare di Confino grazie a Silverio Lamonica con “Un esaltante tuffo nel passato” (leggi qui [2]) mi hanno fatto pensare all’importante ruolo che le mamme hanno avuto nei rapporti con i confinati rappresentando per questi spesso l’energia da cui trarre  forza per superare i momenti di sofferenza e di abbattimento.
Quantunque viaggiassero con lentezza, erano le lettere a mantenere vivi questi rapporti e la storia ce ne ha lasciate di struggenti.

In quegli anni tra i confinati eccellenti di Ponza c’era Sandro Pertini, arrivato sull’isola il 10 settembre 1935 proveniente dalla colonia di Pianosa.

Tra le pagine che lo ricordano ho trovato la lettera che Pertini, alcuni giorni dopo il suo arrivo, il 26 settembre, scrive alla propria madre.

E’ una lettera accorata dove sembra che i ruoli si siano scambiati. E’ il figlio che diventa padre e protettivo. E’ una lettera bella perchè recupera definitivamente un rapporto che si era dolorosamente incrinato quando, qualche anno prima, Pertini viene a sapere che la madre ha avanzato in sua vece domanda di grazia.

“Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda.
Debbo frenare lo sdegno del mio animo, perché sei mia madre e questo non debbo mai dimenticarlo. Dimmi mamma, perché hai voluto offendere la mia fede? Lo sai bene, che è tutto per me, questa mia fede, che ho sempre amato tanto. Tutto me stesso ho offerto ad essa e per essa con anima lieto ho accettato la condanna e serenamente ho sempre sopportato la prigione….”

così le aveva scritto il 23 febbraio 1933.

Nella lettera di Ponza Pertini è invece affettuoso, si preoccupa della salute della madre malata e la rassicura sulle proprie condizioni di confinato. La sua serenità d’animo è forte per essere costantemente sostenuta dalla nobile causa della lotta per la libertà e per la democrazia.
Parla di Ponza di cui spesso rimane a contemplare la bellezza che in certi momenti gli ricorda alcuni paesaggi della Liguria.
Ecco cosa scrive:

Ponza, 26 settembre 1935
Mia buona mamma, attendo sempre una tua lettera.
Ho ricevuto il tuo telegramma, ma non può bastarmi. Tu certamente mi avrai scritto, ne sono sicuro.Attendiamo, cercando, per ora, di far tacere l’animo, che sente il peso di questa rinunzia, cui lo costringe saltuariamente e per così lunghi periodi di tempo.
Almeno tu stessi bene, mamma. La tua salute mi preoccupa sempre, specialmente adesso che si entra nella cattiva stagione. Cerca di avere tutti i riguardi, mamma, e non uscire di casa quando il tempo è cattivo.
Vorrei vederti.
Lo so che tu qui non potrai venire, chè troppo soffri il mal di mare e quindi sarà necessario che tu insista per farmi ottenere una breve licenza.
Sei anni e mezzo di carcere e dieci anni di lontananza da casa sono un motivo sufficiente, perchè mi si possa concedere di venire a Stella, presso di te, per alcuni giorni.
Questo è già stato concesso ad altri. Vedete voi il da farsi.

Io qui vivo sereno e tranquillo. Ho ricominciato a studiare e così passo i miei giorni non inutilmente.
Ponza mi piace. E’ bella quest’isola, anche se la terra è arida e nuda d’alberi.
Spesso rimango a contemplarla a lungo e in certi momenti mi ricorda alcuni paesi della nostra bella Liguria, che da dieci anni più non vedo!
In lontananza, quando è sereno, si scorge l’isolotto di Santo Stefano, ove io feci la segregazione.

Cinque anni sono trascorsi d’allora e adesso eccomi qui a sopportare una nuova prova, mamma.
Vi è molta serenità nel mio animo, che non sente stanchezza ed indifferenza alcuna.
Lasciami, dunque, senza troppo preoccuparti, a questa mia nuova sorte.
Non soffrire per me mamma. Stai certa che saprò sopportare questa prova con la stessa forza e serenità con cui sopportai altre prove della presente più dure.
Essa non mi peserà, ne sono certo, perchè dolce ogni sofferenza diviene quando nobile e alta è la causa da cui deriva.
Allora si soffre in silenzio, senza rimpianti e con un sentimento di fierezza.
Come vedi il mio animo non è mutato, è sempre quello che ben conosci. Questo ti deve essere di conforto.

Salutami i miei fratelli e tutti coloro che di me ti chiederanno.
In modo particolare saluterai per me il mio ottimo avvocato, che sempre ricordo con profonda riconoscenza e con affetto fraterno.

Scrivimi anche se tardi a ricevere le mie lettere, ti bacio, mamma
tuo Sandro”

Tanto ancora abbiamo da imparare da queste letture per i valori che contengono e per gli insegnamenti che possiamo trarne.