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I mostri marini: leggende o realtà?di Adriano Madonna . Nelle leggende e nelle storie di mare di ogni paese vi sono i mostri marini, creature misteriose che salgono in superficie dagli abissi più profondi per ingoiare navi e velieri o soltanto per terrorizzare gli equipaggi. Anche a causa della presunta esistenza dei mostri marini, la scoperta del mondo con le grandi navigazioni oceaniche al di là delle acque conosciute fu un’impresa più che ardua. Sfidare l’ignoto, infatti, per i marinai significava anche andare incontro ai terrificanti giganti del mare: a volte serpenti paurosi, altre una sorta di polpi grandi come montagne con teste di rettile.
Immaginate un semplice calamaro, quello che siamo abituati a mangiare fritto tagliato a rotelline. Bene, immaginatelo, adesso, lungo venti metri e più e avrete un’idea abbastanza precisa del calamaro gigante, un terrificante mollusco cefalopode che di tanto in tanto fa la sua comparsa sulla superficie del mare e spesse volte ha fatto strage dei superstiti dei naufragi che attendevano di essere posti in salvo. Il calamaro gigante è noto sin da tempi antichi: infatti, è certo che costituiva un’apparizione terrorizzante per gli equipaggi delle navi che solcavano le acque scandinave. Dai nordici fu battezzato kraken e il nome gli è rimasto. Nemico giurato del calamaro gigante è il capodoglio, che si ciba delle sue carni. Negli abissi più profondi i due giganti del mare si affrontano in lotte terribili, dei corpo a corpo all’ultimo sangue. Il capodoglio conta nella sua formidabile chiostra di denti fortissimi, il calamaro gigante nella forza dei suoi dieci tentacoli e delle sue innumerevoli ventose dal bordo corneo. In un certo senso è una lotta impari, poiché il kraken respira sott’acqua, mentre il capodoglio, un mammifero, deve salire in superficie per rifornire i polmoni, nonostante sia capace di apnee lunghissime, ma molto spesso il capodoglio la spunta e uccide il kraken. Le cicatrici delle ferite inferte dalle ventose del mostro restano sulla sua pelle: sono cicatrici rotonde, come quelle che lascerebbe il coperchio rovente di una pentola. Dal loro diametro, s’è tentato di stimare le dimensioni di questi mostri che, a quanto sembra, possono andare ben oltre i venti metri di lunghezza. Certo esagerando un po’, il vescovo Erich Pontoppidan, ne “La Storia della Norvegia” edita nel 1753, così scrive: “…Emerse un mostro che sembrava una collina, con gobbe e anfratti in cui era rimasta dell’acqua dove guizzavano e saltavano i pesci. Dall’interno si alzarono, come grandi corna di lumache, braccia più forti del più robusto albero maestro posto su una grossa nave, e tanto potenti da afferrare un’imbarcazione capace di portare cento cannoni e da trascinarla negli abissi…” Esistono davvero, dunque, i leggendari serpenti di mare? Evidentemente sì, e vi sono diversi episodi che possono dimostrarlo, come quello di cui fu protagonista il sommergibile tedesco U-28 il 30 luglio 1915, quando silurò la nave inglese Iberian nell’Atlantico. Testimonianze come queste sulla reale esistenza dei mostri marini ve ne sono moltissime, ma desideriamo farvi notare che addirittura cronache antichissime ne riportano, come quella scritta da Plinio il Vecchio su un polpo gigantesco che, dopo aver abbandonato le acque del mare, cercò di andare a far colazione con il pesce di una bottega situata sulla costa: “…Si arrampicò su un albero e scavalcò le siepi. Frustò i cani del guardiano con le punte dei suoi tentacoli e li battè con la parte più grossa. Molti tridenti di gente accorsa si conficcarono nel suo corpo e la bestia infine venne uccisa. I pescatori mostrarono la testa del polpo a Lucullo, allora proconsole della Berica: era grossa come una botte, mentre le braccia misuravano oltre dieci metri. La bestia aveva enormi denti e ciò che di essa rimase pesava 320 chili…” Gaio Plinio Secondo (Plinio il Vecchio): Como 23 d.C. – 79 d.C. nell’eruzione del Vesuvio). Naturalis Historia – Libro IX . Gli animali acquatici. A cura di Piero A. Cianfrotta Ed. Il grande blu (Silverio e Giuseppe Mazzella); 2000
A questo punto, è ovvia una considerazione: ammessa l’esistenza di questi esseri mostruosi, ci chiediamo dove essi vivono. E potremmo continuare ancora a lungo, ma ci sembra, a questo punto, importante e suggestivo parlare un attimo di alcune fotografie scattate a 4000 metri di profondità, che mostrano sul sedimento del fondo delle tracce lasciate da “qualcosa” di molto simile ai piedi di un bipede, e che furono presentate all’Istituto Oceanografico Britannico dall’esploratore Anthony Laughton. Esisterebbe, dunque, oltre all’uomo delle nevi, anche un ipotetico uomo degli abissi? Non crediamo né all’uno né all’altro, ma una cosa è certa: qualunque “cosa” se ne vada in giro a ciabattare sul fondo dell’oceano, è scontato che le sue estremità inferiori sono molto simili a dei piedi umani, e ciò ci lascia un tantino sconcertati. . Dott. Adriano Madonna, biologo marino, Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università di Napoli “Federico II” Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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