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Ventotene e S. Stefano. “Scogli” dal mare di cristallo (1)

di Cosmo Pontecorvo
Ventotene e S. Stefano [1]

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Con questo terzo itinerario (in due puntate) si chiude l’anteprima del volume che l’Autore ha voluto gentilmente offrire al nostro sito e che sta per dare alle stampe sotto il titolo: “Guida storico-turistica da Suio a Terracina”.
L’avv. Pontecorvo, fondatore e direttore della rivista “Il Golfo” vuole in questo modo offrire ai lettori un percorso dei luoghi del Sud pontino analizzati come una istantanea della fine degli anni settanta del secolo scorso.
Un documento pregevole e che ci permette di riflettere sui cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi quaranta anni.
La Redazione

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“Ventotene o Pandataria, villaggio del Regno di Napoli, dominio di qua dal faro, provincia di Napoli, distretto di Pozzuoli, circondario di Ischia, conta nella metà del secolo scorso, 670 abitanti. Giace – ripete la stessa fonte – in suolo fertile ed a lungo cammino da Ischia” (1).

Il Codex Diplomaticus Cajetanus rinvia per il suo nome al termine Puntutera (vide Pontutera). E tale denominazione direttamente ci riporta ad un atto , stipulato probabilmente “mense Aprili, indictione secunda, Cajetae”, nell’anno 1018 forse 1019.

Il console Leone, appunto, che amministrava il Ducato per il suo nipote Giovanni V, concesse, al tempo, a Campolo, figlio di Docibile, l’isola  di “Pontuteris (2) et insulam qui dicitur domnus Ite fanus (S. Stefano) quae ad aducatum Cajetae pertinebat”.
La nota del Codex aggiunge che l’isola si chiama “Pontutera” vel Pontatera.
La descrive come una delle Ponziane, che anticamente si chiamò Pandataria. Essa fu abbastanza nota ai tempi degli Imperatori ed anche nei primi secoli della sorgente Chiesa.

La stessa fonte aggiunge che l’isola fu lasciata a Sergio da Campolo, come si ricava dalla Bolla di Adriano IV dell’anno 1158.
Tale possedimento è discusso se sia appartenuto alla Chiesa di Roma od al Ducato di Gaeta, come veniva sostenuto dal duca Leona. Sarà più chiaro successivamente il discorso.

Ventotene. Antico porto romano [2]
L’etimologia di Ventotene, secondo quanto riferito da un noto Autore (3), significherebbe estensivamente “terra del mare”. Con tale denominazione generica i greci avrebbero chiamato le terre baciate dal mare (pòntos) (4).

L’antica Pontadera (Pandoteira) sarebbe diventata la romana Pandataria e, nel tardo Medioevo, Ventotène. Essa, per il Maiuri, che viene citato dalla medesima fonte, significherebbe donatrice di tutto (dal greco pandìdomi).
S. Stefano, denominato nell’atto citato del Codex come “domni Stefani”, fu forse donata a tal Stefano, Prefetto di Giovanni Patrizio Imperiale (5).

A un giudicato intervenuto nel 1053 tra Leone, vescovo di Gaeta, e Costantino e Benedetto, abitanti “de loco liviano”, alla presenza di Atenolfo duca, e promuovendo in “loco foriniano”, Trajectano territorio”, vediamo intervenire molti titolati duchi: Marino, conte di Traetto (Minturno) Ederado, suo zia paterno, Pandolfo, Daoferio V e Landone II, Giovanni, conte di Marànola e figlio di Marino di Castro Argento, lo stesso Giovanni di Don Mastalo (presente in un altro atto del 1049) e Sergio che era figlio di Don Campolo, figlio di Don Docibile, al qaule il Duca Leone nel mese di aprile del 1019 aveva donato le isole di “Pontutera et de Domno Stephhano (6).

Il testamento di Sergio, figlio di Campolo, dell’anno 1071, “mense iunio, indictione nona, Caieta”, fece attribuire l’isola “Pontutera” alla Chiesa di Gaeta. Sergio era marito della figlia di Giovanni Patrizio Imperiale. L’isola gli era stata donata dal duca Leone nell’anno 1019 (7).
La Bolla di Adriano IV, dell’anno 1158, che “conferma” e dichiara la giurisdizione della Diocesi di Gaeta (8), così dispone tra l’altro: “palmariiam, pontiam, senonem, pontatera, eiusdem gaietanae ecclesie parrocchia perpetue decernimus permanese”.
La stessa “in iure proprietario ipsius ecclesie semper haberi censemus”. La Bolla di Papa Alessandro III, del 1170, conferma la dichiarazione dei suoi predecessori Pasquale, Callisto, Innocenzo ed Adriano.
L’isola, dunque, veniva attribuita a titolo di proprietà privata.

Ventotene. Resti di Villa Giulia [3]
Nel periodo romano, a Ventotene Augusto relegò la figlia Giulia, piuttosto inquieta e gaudente. Di quest’isola, definita anche “Sirena Omerica” _ hanno scritto M. T. Varrone (116 a. C.) nel “De rerum rusticarum”; Tito Livio (59 a. C.) nelle sue “Deche”; Strabone (60 a. C.); Plinio il Vecchio (23 d. C.) nella sua “Storia Naturale”; Pomponio Mela (43 d. C.); Tolomeao (II secolo d. C.).
Nel periodo successivo ad Augusto si sa che Tiberio vi relegò la moglie Ottavia, che fece poi uccidere (10).
Del periodo dell’alto Medioevo hanno parlato vari Autori, come i geografi: Al Idrisi nel libro di Re Ruggero (1139-1154); Lo Compasso in navigazione coi seguenti portolani (1296); Fazio degli Uberti, che la denomina Betienti (11).

Nel 1232 Gregorio IX Ugolini dei Conti di Segni, rivolgendosi ai monaci dell’isola, concesse loro di attenersi alla “regola” di S. Benedetto.
Nel 1249 Innocenzo IV da Lione concesse l’isola al Monastero di S. Spirito di Zannone e l’8 maggio confermò la sottomissione fatta al priore e dai frati della piccola isola di Ventotène.
Nel 1254 lo stesso Innocenzo IV trasferì Raone da Ventotène alla Comunità di S. Leonardo di Salerno, proprio in virtù delle sue doti monastiche.
Nel 1447 il Commendatario delle Tre Fontane di Roma concesse in enfiteusi ai Carafa (ad A. Petrucci ed A. Arcamone) le Isole Pontine. Petrucci ed Arcamone vi rinunciarono successivamente rimandone padroni i soli Carafa, i quali videro cedere “l’enfiteusi” ai Farnese, con Paolo III. L’atto fu accettato dal padre Pier Luigi, nel 1542.

S. Stefano vista da Ventotene [4]

 

Note

1)     Gran Dizionario Storico-Statistico della città Borghi, Villaggi, Castelli ecc. della Penisola, Milano, 1854, vol. iii, p.607.

2)     Codex Diplomaticus Cajetanus, Editio Anastatica, 1969, I, 259, 31; 260, 12,26,32,33 (Pontutera); Ventotene vel Ventatène, vide Pontutera, II, 1, 29; 105, 32,33; 284, 12, 14, 27,28, 35,; 294, 32, 33,; 415,16.

3)      Luigi M. Dies, Un fiore del Tirreno: L’isola di Ventotene, Casamari, 1973, p.22.

4)     Idem, l.s.d.

5)     Codex Diplomaticus Cajetanus cit. ! (260, nota).

6)     Codex Diplomaticus Cajetanus cit. II, 1,. Il Cronicon Volturnese, poco antecedente al documento citato, forse del 10 giugno 1053, parla del duca Atenolfo che, insieme con Landone, conte di Aquino, si presentò in quel tempo al papà Leone IX, che si trovava a Benevento. Atenolfo aiutò il 15 giugno l’esercito pontificio ed evitò una strage.

7)     Codex, cit. p. 105.

8)     Ibidem, II, 284.

9)     Luigi M. Dies, cit. p. 43; S.I., Milano, 1972, p. 340.

10)   L.M. Dies, cit. pp. 4041.

11)   Idem, pp. 101-102.

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