Attualità

Qualcuno era comunista…

proposto da Sandro Russo
Al comizio di Berlinguer

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Abbiamo visto nei giorni scorsi il film di Walter Veltroni – Quando c’era Berlinguer – e ci abbiamo trovato tante cose… di quegli anni e di noi stessi; di come eravamo e cosa ci appassionava…

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Il film contiene, tra l’altro, lo spezzone di una mitica performance di Giorgio Gaber, autore insieme a Sandro Luporini di un genere detto teatro canzone, di cui essi furono iniziatori.

Un testo profetico e struggente, con uno sguardo, da quel tempo, verso il futuro:
“(…) Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita (…)”

“(…) E ora (…)?”

Guarda e ascolta qui Giorgio Gaber su YouTube  (testo a seguire)

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YouTube player

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Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.

Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà… la mamma no.

Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il Paradiso Terrestre.

Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.

Qualcuno era comunista perché aveva avuto un’educazione troppo cattolica.

Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche… lo esigevano tutti.

Qualcuno era comunista perché “La Storia è dalla nostra parte!”.

Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.

Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.

Qualcuno era comunista perché prima era fascista.

Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano ma lontano.

Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.

Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.

Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.

Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.

Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.

Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.

Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.

Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.

Qualcuno era comunista perché la borghesia il proletariato la lotta di classe. Facile no?

Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopo domani sicuramente…

Qualcuno era comunista perché “Viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse-Tung”.

Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.

Qualcuno era comunista perché guardava sempre Rai Tre.

Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.

Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.

Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.

Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il “materialismo dialettico” per il “Vangelo secondo Lenin”.

Qualcuno era comunista perché era convinto d’avere dietro di sé la classe operaia.

Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.

Qualcuno era comunista perché c’era il grande Partito Comunista.

Qualcuno era comunista nonostante ci fosse il grande Partito Comunista.

Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.

Qualcuno era comunista perché abbiamo il peggiore Partito Socialista d’Europa.

Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi solo l’Uganda.

Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi viscidi e ruffiani.

Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera.

Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.

Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.

Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro.

Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.

Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.

Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.

Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.

No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani ipotetici.

E ora?
Anche ora ci si sente come in due: da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.

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Il Signor G.

Note sullo spettacolo (dal web)
Il recital debutta il 5 novembre 1991 a Pesaro. «Il teatro canzone» va in scena per tre stagioni consecutive, fino alla primavera del 1994. In quell’anno esce l’album, registrato dal vivo, Io come persona.
La seconda versione dello spettacolo conteneva, quale unico inedito, il monologo Qualcuno era comunista, lucida analisi di quello che il comunismo aveva significato per tante persone, in termini di speranze ma anche di illusioni, e di quello che la fine di quell’esperienza ha voluto dire per molti.

7 Comments

7 Comments

  1. vincenzo

    5 Aprile 2014 at 10:16

    Giorgio Gaber era un uomo di spettacolo, un artista seppur impegnato politicamente nel superamento degli ideologismi, già superati dal l’ultimo baluardo simbolico: la caduta del muro di Berlino e quindi nel cercare nella suo opera l’essenza dell’uomo con tutti i suoi errori salvando almeno quella che veniva chiamata l’onestà intellettuale, Giorgio Gaber rimaneva comunque un uomo di teatro: la sua musica, il sorriso, la mimica, le intonazioni, le pause avevano il pregio di un messaggio, di una riflessione che comunque rimaneva sintesi artistica.

    Vedere però ricordare Giorgio Gaber, da Paolo Conti e dietro due ex leader Comunisti come Veltroni e Bertinotti che ripetono le frasi di Gaber è ridicolo.

    Oggi ci troviamo a chiedere al papa Francesco: ma lei è Comunista? e lui ci risponde: “ma no figlioli, io sono con Gesù e Gesù sta dalla parte dei poveri e oggi ci sono ancora tanti poveri”.
    Sicuramente il nodo del fallimento del socialismo reale andava affrontato, ma rinnegare il proprio passato, senza sottolinearne i pregi al pari degli errori, costituisce un atteggiamento non solo sbagliato ma senza via d’uscita per il 60% dell’umanità che chiede ancora giustizia e libertà!

  2. Sandro Vitiello

    5 Aprile 2014 at 11:26

    Le ultime quattro righe di Vincenzo le condivido volentieri; quelle precedenti non sono veritiere.
    Che Gaber non fosse un militante politico è vero, che fosse solo un uomo di spettacolo no.
    Lui ha sempre sostenuto idee anarchiche e ha mostrato spesso la sua vicinanza a questo movimento.
    Veltroni è stato un importante dirigente del partito post-comunista ma non si è mai definito comunista.
    Mi sembra eccessivo poi definire ridicole alcune affermazioni di Gaber ripetute da Veltroni e Bertinotti.
    Non sono mica Pol Pot.

  3. vincenzo

    5 Aprile 2014 at 12:18

    Anarchico? Come può esserlo un artista!
    Pessoa ha fatto diventare un anarchico anche un banchiere.

    Non erano ridicole le affermazioni di Gaber ma ridicoli erano Veltroni e Bertinotti che ripetevano con la loro faccia da ex dirigenti quelle battute che rimanevano sintesi artistica.

    Che poi Veltroni si definisca un non comunista la cosa mi fa ancora più impressione infatti ha affermato: “stavo nel PCI ma non ho aderito all’ideologia comunista”. Chissà cosa avrebbe pensato Berlinguer, quello onorato nel suo film, se lo avesse sentito dire questo.

    L’anarchico
    di Gaber/Luporini

    Anarchico a me!? Ah, ah! Sono un demonio io, una belva umana, altro che anarchico. Sono dotato di una tale dose di cattiveria da affossare tutte le guerre del mondo.
    Sono anche brutto, per rappresaglia. Fascino zero. Forse sono malato di fegato, ma non mi curo, così imparano!
    Anarchico. Gli anarchici amano l’umanità. Sono una merda io, altro che anarchico. A me l’umanità mi piace guardarla dall’alto. A volte spengo la luce e mi metto alla finestra…
    Ridicoli loro, eh? Curano la facciata e qualche volta anche il “didietro”. E io invece da qui li vedo ribaditi, spiaccicati sul marciapiede, schifosi, con le gambette che escono dalle spalle. SPUT, SPUT, SPUT… Bisogna renderle chiare le superiorità morali anche con fatti materiali, sennò si afflosciano le superiorità; solo così si spiegano i campanili e le torri Eiffel. Qualcuno dice: “Andare a Dio”. Guardare sotto… SPUT, dalla torre Eiffel, SHHH… BUM!
    Quando si è sullo stesso piano degli uomini è difficile considerarli come delle formiche: ti sfiorano, ti accarezzano, ti entrano dentro. Che schifo. Ci si affeziona.
    Non c’è niente di peggio dell’amore me lo devo ricordare, sono una merda io! SPUT, SPUT, SPUT.
    “Che c’è?”, guardano in su, “Stupidini! È il tempo che è cattivo? No, sono io che sono una merda!”.
    SPUT, SPUT, SPUT. I bambini… come li odio i bambini! Coi bambini è più difficile, è come bocciare il pallino. SPUT, SPUT, ci vorrebbe l’anticipo, SPUT. Ma cresceranno eh! Gli verranno dei bei testoni e allora io DEN, DEN, DEN… SPUT, SPUT. Guarda là, guarda come corrono, guarda eh, mai che vadano sotto una macchina, mai. lo sono per le macchine, per forza, sono una merda. Dai, dai, forza, dai, dai è tuo, è tuo prendilo, prendilo! L’ha mancato guarda, negati! Non ne prendono mai uno.
    Una volta uno l’hanno preso. Non era un bambino, era un anziano… meglio che niente!
    UUUU, l’ambulanza UUUU e io giù che arrivo primo. UUUU, l’ambulanza… PAH, sono arrivato lì primo.
    L’ho visto lì per terra. Ho visto, tutto quel sangue! Quanto, quanto sangue! Stai calmo, mi dicevo, non è niente, non è più commovente di un po’ di smalto fresco, dai! Fai conto che gli abbiano dipinto la faccia di rosso, tutto qui, dai, che ti frega!…
    A un certo punto ho sentito una sporca dolcezza, una schifosa pietà prendermi alla nuca e anche alle gambe e… BLOOM, son svenuto.
    Ma come? Sono una merda!
    Mi sono risvegliato in farmacia. Erano gentili, mi davano da bere, mi davano delle gran pacche sulle spalle… mi volevano bene! No! Sono scappato, li ho insultati, sono corso a casa terrorizzato. Per un attimo, anche se solo per un attimo, ho avuto paura di non essere neanche una merda!

  4. Sandro Vitiello

    5 Aprile 2014 at 14:16

    Bisogna avere la pazienza di leggere prima di fare “copia-incolla”.
    Quello scritto è un inno ai valori del l’anarchia. Ad alcune associazioni storiche di questo movimento non ha mai fatto mancare la sua solidarietà.

  5. vincenzo

    5 Aprile 2014 at 17:45

    Caro Sandro prima che ci perdiamo io ripeto:
    Gaber era sicuramente un artista ed aveva una sua angolazione nell’ analizzare i problemi sociali economici per cui politici.
    Infatti ho trovato ridicolo che due professionisti della politica come Veltroni e Bertinotti ripetessero le frasi di Gaber loro avevano fatto una scelta di vita decidendo di guidare parti del movimento operaio nel PCI e in Rifondazione.
    Gaber in quella canzone tracciava vite comuni, gente che doveva sbarcare il lunario e quindi avevano chi in un modo chi un altro creduto nel comunismo, ma a distanza di tempo forse se ne vergognavano perché le loro vite non erano cambiate.

    E quello di vergognarsi si può perdonare all’uomo comune non al leader!

    Poi Gaber non è stato neanche un anarchico, forse perché rispettava troppo il concetto di anarchia; permetti un altro copia e incolla per chiarezza:
    “Tu attacchi le istituzioni, i partiti politici, i movimenti rivoluzionari, dichiari la tua indisponibilità, il tuo rifiuto di tutta la politica istituita, anche quella che si definisce antiistituzionale, ma che ha in sé i contenuti per istituzionalizzarsi. Sorge il sospetto che nel rifiutare tutto questo tu faccia una implicita dichiarazione di anarchismo.”
    “Forse nei “no” possiamo trovare quali sono i nostri “sì”. Se esiste questa dichiarazione non parte da un dato teorico ma da una sensazione fisica. È vero che ho delle affinità e delle simpatie per gli anarchici ma forse più a livello personale che a livello teorico. Molto spesso trovo che il discorso anarchico si richiami troppo ai temi generali e non entri nel dettaglio della nostra quotidianità che è invece la mia passione. Quindi al di là del sentirsi un’altra cosa rispetto al progetto anarchico, non posso neanche definirmi anarchico.”

  6. Sandro Vitiello

    5 Aprile 2014 at 18:28

    Potrei aggiungere che i leader politici parlano anche dei bisogni della gente.
    Capisco che in tempi di “antipolitica” fa figo parlare male dei partiti e dei loro leader ma Veltroni e Bertinotti hanno titoli a autorevolezza per usare le parole di Gaber.
    Se poi non ti sono simpatici sono fatti tuoi.
    Ribadisco -e se ne hai tempo vatti a leggere qualche rivista della galassia anarchica uscita nei giorni successivi alla morte del cantautore- che Gaber era molto affine e solidale con quel mondo.
    E con questo per me può bastare.

  7. vincenzo

    5 Aprile 2014 at 19:31

    Perché metti in bocca a me parole che non pronuncio.
    Io non ho detto che Bertinotti e Veltroni mi sono antipatici ho detto solamente che quella parte non la dovevano recitare e di questo ho dato una spiegazione.

    Poi quest’altro vizio di voler catalogare le persone, e infatti lo si tenta di fare con tutti, con Gaber, con DeAndrè oppure con chi ha una opinione diversa si dice che è un populista o un antipolitico.

    E’ più facile dire io non condivido quello che dici, siamo distanti culturalmente: questo è più democratico, questo veramente è più figo!
    Alla prossima.

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