Ambiente e Natura

Ponza: isola mitica (2)

 

di Cosmo Pontecorvo
Ponza

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L’isola di Ponza appare in primo piano nel corso del sec. XV, allorquando essa entra in lizza sia dal punto di vista del potere pontificio, sia nella lotta tra Angioini e Aragonesi.

La politica “francese” del papa Urbano IV, in contrasto con l’atteggiamento filo-britannico dei suoi predecessori Innocenzo IV ed Adriano IV, imponendo la dinastia angioina in Sicilia, accese le polveri per quella che era una disputa tra la Francia, che proteggeva gli Angioini e l’Inghilterra, che sosteneva gli Aragonesi.
In questo contesto scoppiò la sanguiniosa guerra del Vespro Siciliano, conclusasi con la pace di compromesso di Caltabellotta (1302) (9).
In tale occasione Ponza fu occupata, appunto, il 14 giugno 1300.
La battaglia vide spiegate in campo 58 galee catalano-pugliesi, comandate da Ruggiero di Lauria, contro 27 galee siciliane, comandate da Corrado Doria per i Siciliani.
Corrado Doria, nonostante avesse forze notevolmente inferiori resistette egregiamente alle navi di Ruggiero di Lauria per diverso tempo. Alfine i catalano-pugliesi lanciarono contro la nave capitana nemica un brulotto, cioè una specie di siluro semovente, pieno di esplosivo, pronto per scoppiare a tempo contro il bersaglio.
L’espediente decise la lotta, che vide la perdita di 20 galee siciliane, catturate dagli avversari. I siciliani furono costretti alla resa e tra i prigionieri si dovette confondere anche Corrado Doria.

La contesa angioino-aragonese doveva a Ponza avere una seconda fase. Il 5 agosto 1435, nella guerra tra Angiò ed Aragonesi, si scontrarono 11 cocche e 3 galee genovesi, comandate da Biagio Assereto, con 11 galee e 6 barbotte aragonesi, comandate da Alfonso V di Aragona per gli Spagnuoli.

La battaglia fu originata dall’assalto che la squadra genovese, agli ordini del Visconti, ma comandata dall’Assereto, dispose a Ponza con il chiaro intento di rifornire Gaeta, assediata dagli Aragonesi.
La battaglia di Ponza fu un chiaro tentativo di “distrarre” gli assedianti di Gaeta.
Lo scontro tra le due squadre durò dieci ore. Al tramonto l’Assereto fece intervenire nella lotta tre galee, tenute di riserva. L’operazione portò alla cattura della nave ammiraglia aragonese ed alla resa di re Alfonso. Gli Aragonesi persero per l’occasione, 11 navi che vennero catturate, oltre a due altre, che andarono a picco.

Il re Alfonso V fu quindi consegnato a Filippo Maria Visconti. Ma egli si accordò con il Visconti, contro gli interessi di Genova, che era soggetta a quella casa illustre. La città della Lanterna, accortasi dell’intesa, si ribellò contro i Visconti e, per l’occasione, fu ucciso il governatore milanese della città Opizzino di Alzate.

Nel 1522, nel corso delle guerre di Carlo V contro la Francia, si ebbe, il 5 agosto, un nuovo assedio dell’isola. Il teatro dello scontro vide contrapposte 100 galee turco-francesi contro 39 galee spagnole. La vittoria arrise ai turchi-francesi. Comandavano le schiere contrapposte Sisan Pacià per i primi e Andrea Doria per gli spagnuoli.
La flotta turco-spagnola attaccò subito Andrea Doria, il quale riuscì a sottrarsi, dopo un ferocissimo combattimento, all’incalzare degli avversari prevalenti. Molti furono i prigionieri e le perdite in navi. In tutto 7 galee spagnuole vennero catturate (10).
Alla fine del XV secolo Ponza e l’arcipelago tutto divenne feudo dei Carafa.

Nel 1533 Kair-ed-din “Barbarossa”, diretto a Sperlonga e a Fondi, ove tenterà, poi, di rapire l’avvenente Giulia Gonzaga, mise a sacco e fuoco l’isola. Le incursioni turche continuarono ancora, tanto che Ponza si spopolò (11).

Nel 1552, ad esempio, il corsaro Dragut assalì Traetto (Minturno). A seguito di tali rischi furono abbandonati anche i monasteri benedettini, istituiti sulle isole di Ponza, Palmarola, Zannone.

Alla fine del sec. XVI se ne impadronirono i Farnese, da cui le isole ponziane passarono, nel sec. XVIII, in eredità a Carlo di Borbone, il quale le unì al Regno di Napoli, tentandone immediatamente il ripopolamento con coloni napoletani. Tutto ciò avvenne dopo il 1731 (12).
La detta azione di ristrutturazione fu continuata anche dal figlio di Carlo, Ferdinando IV.

Dopo l’eruzione del Vesuvio del 1774 molti coloni napoletani vi affluirono.

Nel 1799 vi fu impiccato Luigi Vernau (1768 c. – 1799), autore della partecipazione ai moti di Procida.
Durante la Repubblica Partenopea (1799) le truppe giacobine dei francesi occuparono Ponza. Ma successivamente essa fu rioccupata e restituita ai Borboni a seguito dell’azione promossa dall’inglese Napier.

Il 26 giugno 1857 il rivoluzionario Carlo Pisacane, insieme a Giovanni Nicotera ed altri liberò i detenuti dell’isola. Con essi tentarono la sfortunata spedizione di Sapri.

Le isole Ponziane vennero usate dai Borboni quale luogo di deportazione e di prigione. Soprattutto S. Stefano, con il suo sinistro strapiombo, entrò in funzione il 26 settembre 1795, diventando un freddo e spettrale ergastolo.

Durante il periodo fascista giunsero alle Ponziane delle “Compagnie di Disciplina”. Tra gli esiliati politici se ne conoscono moltissimi tra coloro che furono confinati a Ponza. Vanno ricordati Romita, Nenni, Terracini, Bordiga, Zaniboni, oltre a vari esponenti stranieri, tra gli altri.

Nei giorni 27 e 28 luglio 1943 vi fu prigioniero anche Mussolini prima di essere condotto al Gran Sasso, dopo la sua deposizione (25 luglio).
Con la fine del periodo fascista Ponza, unitamente alle isole di Ventotene, S.Stefano, ha terminato la propria triste “funzione”. Infatti il 2 febbraio 1965 l’Ergastolo di S. Stefano fu definitivamente chiuso.

Una nuova èra inizia indubbiamente per le bellissime isole Ponziane, il cui avvenire è tuto in una più considerevole valorizzazione turistica.

Luoghi significativi sono le Ville romane, di cui si possono ammirare cospicue testimonianze, il Fortilizio, costruito dagli inglesi nel 1808, le Mura romane, nonché le Grotte di Pilato, costruite dai romani.

Interessanti le gite turistiche alle altre isole: Gavi, Palmarola, Zannone, Ventotene, S. Stefano.

Il pesce costituisce per Ponza di certo un piatto d’obbligo.
Le mazzancolle, le aragoste e tutte le altre gustosissime qualità squisite di prodotti del mare sono dei motivi di notevole richiamo per turisti italiani e stranieri.
Molto considerevole la componente di turismo della Capitale. Infatti Ponza viene definita “l’isola di Roma” molto frequentemente.

Da Anzio, Terracina, Formia funzionano dei servizi di vaporetti, che la collegano con la terraferma.

I faraglioni, le grotte naturali, la scoglio del Caciocavallo, lo Scoglio di Frisio e Giancos, le caratteristiche “cale”: Cala d’Inferno, Cala del Core, Cala Gaetano, ecc. offrono ai visitatori ed ai turisti degli squarci meravigliosi.

Numerosissimi gli alberghi, che mettono a disposizione dei visitatori ogni comfort.
Ponza, col suo bel mare, costituisce un itinerario obbligato per il turismo di élite.

Al censimento del 1971 Ponza ha fatto registrare 3.782 abitanti.

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Bibliografia (relativa alla seconda parte)

9   Francesco Giunta, Corso di Storia Medioevale, Palermo, 1965, pag. 5. Cfr la bibliografia contenuta nel volume.

10  St. ill, Dizionario delle battaglie, Milano 1966-68, p. 396-7.

11  S.I, cit. pag. 306.

12 Idem, loc. cit.
Su Ponza cfr. anche: G.Gaetani, Domus Cajetana. Sancasciano V di O., 1933, p. 326, I. p. 17, II, p. 45. Ponza nel 1817 ha abitanti 1327 e sei preti. Negli anni successivi troviamo: 1822 abitanti 1544; 1823 abitanti 1623; 1984 abitanti 1635; nel 1985 abitanti 1749; nel 1926 abitanti 1820; nel 1827 abitanti 1831; nel 1828 abitanti 1765; nel 1830 abitanti 1919; nel 1831 abitanti 1928; nel 1832 abitanti 1977; nel 1833 abitanti 2029; nel 1934 abitanti 2079; nel 1835 abitanti 2040; nel 1836 abitanti 2109; nel 1837 abitanti 1980; nel 1846 abitanti 2147 (Angelo De Santis, Aspetti Demografici della Regione Aurunca nella prima metà del sec. XIX, Roma 1974, pp. 236 e 223-225.
Cfr. idem, Sviluppo democratico del territorio Aurunco tra il Settecento e l’Ottocento, Caserta, 1975 e dello stesso Autore, Ecclesiastici relegati nelle Isole Pontine durante il Risorgimento, da Economia Pontina, Latina, febbraio 1962, pp. 28-38.

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