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NO – I giorni dell’Arcobaleno

di Bruno Florio

Qualche giorno fa abbiamo rivisto con il gruppo di amanti del cinema aggregati nella sigla “Visioni”, il bel film di Pablo Larrain del 2012: “No – I giorni dell’arcobaleno”.
Per la scheda relativa su “Visioni”, leggi qui [1].
C’era in sala Bruno Florio, uno dei ‘nostri’, che quei giorni e quell’atmosfera ha vissuto in prima persona.
Di Bruno abbiamo già ospitato un’altra testimonianza dell’America Latina, in occasione dell’insediamento di Papa Francesco (leggi qui [2]).
Siamo felici di ricevere un suo nuovo scritto, stimolato dal film.
La Redazione

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Sinossi del film
– 1988. Augusto Pinochet, da quindici anni dittatore del Cile, di fronte alle pressioni internazionali è costretto a chiedere un referendum sulla sua presidenza.
I leader dell’opposizione convincono un giovane e sfacciato pubblicitario, René Saavedra, a guidare la loro campagna. Con poche risorse e un controllo costante da parte del despota, Saavedra e il suo team elaborano un piano audace per vincere le elezioni e liberare il loro paese dall’oppressione.
Lo spotPer affrontare la campagna del SI già intrapresa dal regime, il messaggio dello spot doveva essere conciso ed efficace, per non rubare tempo ai 15 minuti giornalieri notturni concessi dal regime al notiziario dell’opposizione. Renè voleva evitare lo stile documentaristico limitato ad un elenco degli abusi del dittatore, tra cui torture e sparizioni di detenuti (i “desaparecidos”), piuttosto voleva trasmettere il messaggio fondato sulla felicità che l’oppresso popolo cileno avrebbe trovato solo votando No, allontantando Pinochet.
Il regista sceglie momenti di vita quotidiana, di divertimento e di allegria. Il titolo della campagna: Chile l’alegria ya vieneCile, l’allegria che viene.

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L’ANTEFATTO
Ho vissuto 10 anni in Cile. A sud. Nella città di Concepcion. Dal novembre ’80 a giugno ’90.
Il Referendum è stato il mio pane quotidiano per quasi un anno. È stato l’avvenimento storico della mia vita.
Era diventato liquido: mi inondava la mente, il corpo, tutto. Un ritornello ossessivo: NO a Pinocho, NO a Pinocho.

È un popolo stupendo il cileno. Soprattutto le donne, le donne del popolo. Ho lavorato con i minatori cacciati dalle miniere di carbone a seguito della privatizzazione delle stesse voluta dal regime ed ho conosciuto le loro mogli e le loro figlie.
La forza, il coraggio e la fierezza di quelle donne non hanno pari.
Hanno affrontato la polizia e l’esercito del dittatore per difendere i loro cari con le lacrime agli occhi, avanzando tenendosi per mano, avvolte da un silenzio irreale.
I militari abbassavano le armi. Molte volte. Non sempre.

Ho lavorato per il NO giorno dopo giorno. Porta di casa dopo porta di casa, quartiere dopo quartiere. La gente disabituata a votare andava aiutata. Bisognava far capire loro cosa stava succedendo, afferrare al volo quell’occasione unica.
…E lo hanno capito. Lo hanno fatto. Hanno vinto!

IL FATTO
Il film “NO. I giorni dell’ arcobaleno” l’ho visto tre volte. È stato come attraversare il tempo all’indietro e rivivere l’unica utopia della mia esistenza che si è realizzata.
Se a questo film tolgo il terreno della mia storia personale non so se riesce a coinvolgere lo spettatore; a fargli vivere appieno la storia di quei drammatici giorni (forse è impossibile …bisogna essere all’interno).
È incentrato su come i politici, i creativi e gli intellettuali abbiano creato la campagna televisiva del NO.
Indovinatissima.
L’allegria come elemento portante. Doveva essere una gioia sublime far cadere il tiranno.
Due sono stati i momenti più significativi della campagna: la vecchietta che non poteva comprare due bustine di the perchè non aveva i soldi e quello in cui Ricardo Lagos (futuro presidente del Cile) in una tavola rotonda fra pinochetisti e oppositori disse: “Usted, senor Pinochet, es un dictador” con l’indice della mano puntato sulla telecamera che lo riprendeva. Non ci fu reazione. Il tiranno si poteva sconfiggere.

È un film borghese nel senso buono della parola.
Il popolo del NO si vede; non so se se ne sente la presenza, se si percepisce.
Non hanno potuto mettere le migliaia di persone che in tutto il Cile hanno diffuso il NO a Pinochet e che sono i veri eroi della campagna.
La cosa del film che meno mi è piaciuta è il finale. Secco. Scarno. Dove era l’allegria?
 I “buoni e i cattivi” si mettono insieme per dimostrare che “business is business”. 
Ed è sempre così.

CONCLUSIONE
Mi sento Napoletano/Cileno, o se volete Cileno/Napoletano

Bruno

 

 

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