Ambiente e Natura

L’etnia kurda. (4). I kurdi, questi sconosciuti

di Patrizia Angelotti
Kurdisk dance

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Nel lontano 1990 la “Lega per i diritti dei popoli”, una Ong riconosciuta dall’Onu e dall’Unesco, organizzò a Firenze un Convegno internazionale di tre giorni dedicato al popolo kurdo. Vi parteciparono autorità ed esperti italiani, ma soprattutto rappresentanti kurdi della cultura e della lotta politica per il riconoscimento dei propri diritti.
Provenivano dal Kurdistan iracheno e turco, però la maggior parte viveva in diversi paesi europei nei quali si era dovuta rifugiare.
La diaspora kurda vedeva la presenza di profughi in ben tredici paesi europei più gli Stati Uniti, il Canada, il Libano, il Pakistan e persino l’Australia.

All’epoca svolgevo la mia attività volontaria di carattere socio-politico presso la Lega di Roma, sapevo a stento chi fossero i kurdi avendo letto qualcosa qua e là, ma non ne conoscevo nessuno,  non c’erano ancora le carrette per mare che ci ‘portavano’ queste persone private di tutto a cominciare dalla dignità di esseri umani che dovrebbe essere un diritto inalienabile.

In Italia arrivavano dal Medio Oriente molti artisti e architetti attratti dal nostro patrimonio artistico, persone di buono se non alto livello culturale.

Lega italiana Diritti dei Popoli. Sett.-Dic. 1990

Il primo kurdo con cui parlai fu un pittore di nome Fuad Ali che viveva a Firenze e che ci regalò la foto di un suo quadro per la copertina della nostra rivista dedicata interamente al Convegno: un volto bellissimo di ragazza kurda dai grandi occhi scuri e un fiore sulla narice sinistra. Ricordo che i colori del fazzoletto che le avvolgeva il capo erano vivaci e splendenti come gli abiti tradizionali delle donne, purtroppo la nostra situazione economica ci permetteva di stampare solo in bianco e nero. E’ grazie a questa rivista, della cui redazione facevo parte, che posso rinfrescare la mia memoria perché ho conservato una copia di ogni numero, di quello sui kurdi ne ho tenute tre.

Non ho alcun bisogno di supporti per rivivere l’emozione forte che provai nell’ascoltare le personalità kurde e quella che ho rivissuto quando ho dovuto sbobinare le cassette. Non tutti i relatori avevano consegnato i loro interventi scritti, alcuni avevano operato cambiamenti, per cui in due o tre ci dividemmo quel compito. Potei così riascoltare in solitudine e con la massima attenzione quei racconti sulla storia di un popolo diviso, sui diversi movimenti di liberazione, la sequela di assassinii perpetrati dai vari governi – spesso di donne e bambini e viene da pensare che non sia casuale -, le continue deportazioni, la negazione dei diritti fondamentali, la reclusione nelle prigioni dove troppi venivano torturati e lasciati morire…

Donna che porta un carico. Foto di Giancarlo Salvador

Mi colpiva il fatto che profughi kurdi si registrassero numerosi anche negli Stati in cui era frammentato il Kurdistan: 400.000 kurdi iracheni erano in Iran, 30.000 in Turchia e 1.000 in Siria, mentre 200.000 kurdi iraniani erano in Iraq e 3.000 in Turchia, 3.000 kurdi siriani in Turchia.
Questi dati così come il quadro della diaspora accennata all’inizio ci furono forniti da Mirella Galletti, giornalista e grande esperta della questione kurda scomparsa nel settembre 2012, che fece un intervento proprio su questo tema.

Digital StillCamera

Diceva Jawad Mella, Segretario generale del Comitato di liberazione del Kurdistan: “Essere kurdo oggi significa essere oggetto di un genocidio… In nessuna parte del mondo è possibile trovare un altro gruppo etnico che conta più di 25 milioni di persone in un’area più grande della Francia, che ha una propria lingua, cultura, che da oltre 3000 anni è sistematicamente perseguitato dai regimi persiani, arabi e turchi….” E più avanti denunciava l’indifferenza del mondo occidentale e non solo: “…Molti governi sia dell’est che dell’ovest hanno fornito crediti all’Iraq chiudendo gli occhi davanti alle sofferenze del popolo kurdo. Le Nazioni Unite rifiutano di investigare o di porre la questione kurda nell’agenda internazionale…”

Khalid Khalid dell’Accademia delle scienze e arti kurde di Stoccolma affermava tra l’altro: “…Dopo la scoperta del petrolio nel Kurdistan la questione kurda è entrata  a far parte del vocabolario politico dei paesi imperialisti europei, soprattutto a partire dalla prima guerra mondiale. In questo secolo sette accordi internazionali hanno avuto un rapporto diretto o indiretto con la questione kurda… Il popolo kurdo non ha avuto nessun ruolo decisionale in questi accordi.
Solo l’accordo di Sèvres (1920) riconosce i diritti nazionali dei kurdi…”.

Questi diritti a tutt’oggi sono per lo più disattesi.

Kurdish dance.2

Kurdish dance.3

Era impossibile restare indifferenti di fronte alle analisi, alle denunce, alle sofferenze.

E d’altro canto il loro culto dell’ospitalità che si manifestava nell’offerta del tè (chai), la vita nelle tende dei kurdi nomadi che ormai sarà pressoché scomparsa ma che negli anni ’80 ancora vigeva, il cromatismo degli arredi domestici e degli abiti femminili propri della cultura kurda (mentre gli uomini vestivano per lo più all’occidentale), la poesia si aprivano un varco di grande interesse e curiosità nella mia mente e non solo.

Nel suo intervento Adriano Arapago Novello dell’Università Ca’ Foscari di Venezia illustrava con dovizia di particolari le case dei villaggi realizzate a volte in pietra ma per lo più in argilla e paglia impastate sormontate da sottili travi di legno e da uno strato di terra sì da creare una sorta di terrazza dalla doppia utilità: protezione dal caldo e dal freddo, raccolta di prodotti agricoli utili per i periodi di magra.

Tende

Mi affascinava la sua descrizione delle tende dei pastori nomadi: “…sparse su territori immensi. Le tende sono fatte con pelli di capra e, benché all’apparenza caldissime a causa del loro colore scuro, sono in realtà molto ventilate, realizzate tecnicamente con una sorta di tecnostruttura che io paragono, con le dovute proporzioni e un po’ provocatoriamente, alla copertura modernissima dello stadio di Monaco di Baviera.Le tende forniscono uno spazio che soddisfa tutte le esigenze vitali…” (*)

Elementi di cultura e tradizione kurda, guarda qui il filmato da YouTube:

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(*) – Spunti e virgolettati sono ripresi dalla rivista ‘I diritti dei popoli’, della Lega italiana per i diritti e la liberazione dei popoli, 1990 (op. cit.)

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[L’etnia kurda. (4). Continua]

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