Arte

La Memoria. Cose che vogliamo salvare dal fuoco. (2). Il gusto

di Sandro Russo
Proust e la madeleine

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Il gusto. Forse il monumento letterario alla memoria più maestoso e conosciuto è quello edificato da Marcel Proust.
La piccola esperienza che dà inizio alla grande opera si trova rievocata nelle prime pagine della Récherche; in La strada di Swann (Du côté de chez Swann, 1913), nella parte prima: “Combray”, alcune pagine dopo il famoso incipit (nella traduzione di Natalia Ginzburg): “Per molto tempo mi son coricato presto, la sera”:

(…) Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla prospettiva d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè in cui avevo inzuppato un pezzetto di madeleine. Ma nel momento stesso in cui quel sorso, misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità inoffensive, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’una essenza preziosa: o meglio, quest’essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale.
Donde m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch’era legata al sapore del tè e della focaccia, ma lo sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla? Bevo un secondo sorso in cui non trovo nulla di più che nel primo, un terzo da cui ricevo meno che dal secondo. È tempo ch’io mi fermi, la virtù della bevanda sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me”.   

Dalla famosa madeleine di Proust ai suoi pallidi succedanei: dalla prima sorsata di birra [Philippe Delerm: La prima sorsata di birra. E altri piccoli piaceri della vita; “La première gorgée de bière (et autres plaisirs minuscules)” 1998], al più rustico ‘primo acino d’uva fragola’; ma anche” il primo fico d’india della stagione” …e via assaggiando.
Tutte evocazioni della memoria – violente, ma anche dolci e insinuanti – legate al gusto, pur nelle incommensurabili diversità dello stile…

La prima sorsata di birra. Bis

“Questo libro colleziona diversi attimi di felicità spicciola, 34 madeleinette, 34 impressioni olfattive, tattili, visive, acustiche, gustative. La lettura è lieve e con le labbra appena increspate da un sorriso un po’ tenero, dejà-vu riaffiorati dal baule dei ricordi minimi e gratificanti. Delerm è un cronista minuziosissimo dei dettagli da scoprire e riscoprire”.

La prima sorsata di birra
“È l’unica che conta. Le altre, sempre più lunghe, sempre più insignificanti, danno solo un appesantimento tiepido, un’abbondanza sprecata. L’ultima, forse, riacquista, con la delusione di finire, una parvenza di potere… Ma la prima sorsata! Comincia ben prima di averla inghiottita. Già sulle labbra un oro spumeggiante, frescura amplificata dalla schiuma, poi lentamente sul palato beatitudine velata di amarezza. Come sembra lunga, la prima sorsata. La beviamo subito, con un’avidità falsamente istintiva. Di fatto, tutto sta scritto: la quantità, né troppa né troppo poca che è l’avvio ideale; il benessere immediato sottolineato da un sospiro, uno schioccar della lingua, o un silenzio altrettanto eloquente; la sensazione ingannevole di un piacere che sboccia all’infinito… Intanto, già lo sappiamo. Riappoggiamo il bicchiere, lo allontaniamo un po’ sul sottobicchiere di materiale assorbente. Assaporiamo il colore, finto miele, sole freddo. Con tutto un rituale di circospezione e di attesa, vorremmo dominare il miracolo appena avvenuto e già svanito. Leggiamo soddisfatti sulla parete di vetro il nome esatto della birra che avevamo chiesto. Ma contenente e contenuto possono interrogarsi, rispondersi tra loro, niente si riprodurrà più. Ci piacerebbe conservare il segreto dell’oro puro e racchiuderlo in formule. Invece, davanti al tavolino bianco chiazzato di sole, l’alchimista geloso salva solo le apparenze e beve sempre più birra con sempre meno gioia. E’ un piacere amaro: si beve per dimenticare la prima sorsata”.

È qui che si rivela anche un’altra delle caratteristiche della memoria: quella di non lasciarsi sottomettere né richiamare a volontà. Torna quando vuole, con suoi tempi inesplicabili e per tortuosi percorsi, e gli esseri umani ne sono travolti, come da una forza irresistibile. 

Per improbabili vie e con manifestazioni a volte incongrue, ma con una riproducibilità che ne fanno vere impronte digitali ‘emotive’.

***

Il dialogo che segue è incluso nel film Bianca (1984), di e con Nanni Moretti, nel personaggio di un professore di matematica (il solito Michele Apicella) ossessivo e psicopatico:

Moretti. Morante. Sacher torte

“Lei non faccia il tunnel! Lei mi sta scavando sotto, mi toglie la panna, la castagna da sola sopra non ha senso. Il Mont-Blanc non è come un cannolo alla siciliana che c’è tutto dentro, è come uno zaino: lei se lo porta appresso per un mese e sta sicuro. Il Mont-Blanc si regge su un equilibrio delicato, non è come la Sacher Torte…”.
“Cosa?”.
“La Sacher Torte…”.
“Cos’è?”.
“Cioè… Lei praticamente non ha mai assaggiato la Sacher Torte?!”
“No”.
“Va be’, continuiamo così, facciamoci del male!”

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 [La Memoria. Cose che vogliamo salvare dal fuoco. (2). Il gusto – Continua]

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