Ambiente e Natura

La Politica e le Isole minori

di Vincenzo Ambrosino
Alba sulle Ponziane

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Ringrazio Silverio Lamonica perché ha capito il mio discorso, che molti tendono al contrario a banalizzare come problema personale: – Vincenzo non voleva il Turistico perché perdeva il posto di lavoro, per cui parla per suo interesse! – oppure: – Vincenzo crea allarmismo perché ha paura di perdere il posto di lavoro!

Difatti il “posto” di lavoro a Ponza l’ho perso già, ma per altri motivi e adesso che non ho il “posto” da difendere, continuo a far riflettere “gli struzzetti” che non vogliono vedere qual’è la realtà: il numero dei residenti è destinato a diminuire nel tempo, se non si fa una Politica ad hoc per prima arginare e poi invertire l’esodo invernale.

Ma da dove partire nell’analisi che dovrebbe coinvolgere la Politica e poi i cittadini?

L’ho già detto tempo fa in sei articoli su Ponzaracconta: dovrebbe partire dall’analizzare delle strategie organizzative e politiche per garantire la Protezione ella Residenza invernale (RPS – Residenti Protezione Speciale).

Quanti veramente rimangono a Ponza d’inverno? Sono questi che devono essere contati, compresi, protetti con una politica accorta e mirata come “individui in via di estinzione”.

Silverio ha fatto un elenco di cose da fare. Ma Silverio, chi dovrebbe portarle avanti quelle cose? Lo Stato, la Regione, la Provincia, la Comunità dell’arcipelago, l’Amministrazione comunale? La Scuola di Ponza? Purtroppo non si vedono iniziative su questo versante! La Comunità delle Isole minori è stata nel tempo un bel carrozzone, ma poco utile!

L’isola ha avuto una Politica al suo servizio quando c’era una Regione amica dal 1975 al 1992; quando c’erano rappresentanti politici che avevano compreso la delicatezza di questo eco-sistema ambientale e umano.

Purtroppo, nella società dei numeri, “la fantasia al potere” mi sembra alquanto improponibile, per cui – anche se poco ci crediamo – è da Ponza e dai ponzesi residenti che si deve partire; è da questa o da un’altra amministrazione locale che si deve capire come fare; e da queste risorse umane che sono diluite in tante associazioni culturali, ambientali che si deve investire per la rinascita.

A Ponza ci sono insegnanti , bidelli, segretari, impiegati, ma anche muratori, casalinghe, anziani, pescatori, contadini, operatori economici, ecc. che vogliono vivere a Ponza… e questi bisogna curarli, coinvolgerli, incoraggiarli affinché possano diventare numericamente e come valore sociale, culturale ed economico, il nocciolo duro per ripartire.

Ieri parlavo con un commerciante: – Vincenzo sto pensando seriamente di vendere tutto e partire, perché secondo te in 25 giorni di lavoro alle Forna quanto posso guadagnare? Mi dici come pago le tasse?
…E queste frasi di scoraggiamento, che molti, ancora troppi non vogliono sentire, si ascoltano dappertutto sull’isola.

Questi residenti invernali sono esseri viventi autoctoni che conservano il patrimonio culturale e sociale; essi rappresentano la continuità della comunità che ha colonizzato l’isola 300 anni fa e al pari degli altri esseri viventi, vegetali e animali, per i quali sono state imposte le ZPS, i SIC, i piani paesistici, le oasi di riproduzione e così via, così per questi ultimi esemplari umani, dovrebbero essere studiate leggi di protezione straordinarie.

Vedete, nel Piano Regolatore Generale ci sono zone denominate serbatoi genetici, alcuni non capiscono a che servono: queste zone sono delle banche che conservano il patrimonio genetico della vegetazione autoctona; da qui partono i pollini per colonizzare le altre zone, dopo magari un incendio distruttivo; ma se queste aree vengono distrutte? La stessa cosa possiamo dire per i residenti: e se questi scompaiono dall’isola?

Come ci sono leggi di protezione ambientale, così si devono studiare leggi speciali per la protezione dei residenti invernali nelle isole minori.
Le isole come patrimonio dell’umanità si salvano solo se si salvano i residenti invernali; sono questi ultimi “esemplari” che resistono a vivere su questi scogli, che possano conservare alle generazioni future questi patrimoni.

C’è ancora qualcosa da fare? Sì, c’è tutto da fare! Innanzitutto bisogna che gli Amministratori  comincino a capire che sono i residenti invernali l’unica risorsa da cui ripartire per fare una nuova politica in tutti i campi.

La Scuola?  E’ solo uno dei tanti aspetti di analisi, e nella scuola ci sono delle risorse a partire da chi ha le responsabilità e quindi deve agire, ma è sempre la politica, l’amministrazione, a dover attivare, stimolare, incoraggiare ad agire dando il massimo supporto politico e organizzativo.

Questa Amministrazione ha investito nel Turistico? Bene, faccia di tutto per farlo decollare con il massimo delle iscrizioni possibili!

Potrei continuare ad analizzare altri servizi locali ma mi fermo per adesso qui e spero che il mio discorso cominci ad essere compreso: quest’isola intesa come eco-sistema socio/economico/ambientale non si salva se la politica seria non si interessa della protezione dei residenti invernali e questo si fa ogni giorno: con meno tasse, con corsie preferenziali per accedere a servizi, permessi, lavoro per i residenti invernali.

2 Comments

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  1. Gennaro Di Fazio

    18 Febbraio 2014 at 00:00

    Gli inizi degli anni ’90 hanno fatto da spartiacque tra la politica dello stato sociale e quella liberista di cui Berlusconi è stato il rappresentante. Dopo la crisi politica dei partiti collegata a tangentopoli e non solo, mentre l’orientamento degli elettori si è riversato verso il liberismo, la cultura si è spostata verso l’esaltazione della personalità, sia economica che comportamentale. Questa situazione è stata pubblicizzata a vari livelli. La stessa televisione, sia quella privata che in parte quella pubblica, è andata in detta direzione. Si è inneggiato al privato perché, si diceva, il pubblico non funzionava. Tale nuova situazione, che ha cambiata la società italiana, da una parte ha illuso che tutti potevano diventare ricchi in relazione alle proprie capacità, dall’altro ha incoraggiato alla sfrontatezza comportamentale a vari livelli. Il risultato è stato che il pubblico è stato affossato, la classe media è scomparsa, i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. In questo quadro pensare che Ponza non ne possa fare parte mi sembra un’illusione. Quindi chiedere protezione come “riserva indiana” non credo possa essere utile a far decollare l’economia dell’isola, né oltretutto penso, allo stato della situazione politica italiana, che ciò sia possibile. E allora? A mio modesto parere intanto serve una profonda riflessione su come si vogliono veramente gestire le risorse dell’isola. Ma si è veramente sicuri che lo status quo voglia essere cambiato, quando c’è qualcuno che in pochi mesi guadagna centinaia di migliaia di euro e forse qualcuno arriva anche al milione? È vero che sono in pochi, ma molti altri credono che è questo tipo di economia che serve a Ponza, guai quindi a cambiare qualcosa. Infatti anche su questo stesso sito non vedo molto dibattito a riguardo e quello che c’è è solo e sempre tra le stesse persone, anzi ho l’impressione che nel tempo ce ne siano sempre di meno. In fin dei conti molti leggono questo sito e credo che allo stato attuale sia l’unico punto di riferimento per il dibattito.

    Questo silenzio è solo rassegnazione?

  2. Enzo Di Giovanni

    18 Febbraio 2014 at 18:21

    Sono sostanzialmente d’accordo con Gennaro: non se ne può più di sentir parlare di riserve indiane! Oltre che irrealizzabili in tempi di magra, danno per l’ennesima volta l’idea che è dall’esterno che debbano arrivare le ancore di salvezza. E poi perché? Perché dovrebbe ancora passare l’idea di una sorta di “sovvenzione a perdere” per mantenere una comunità isolana? Possibile che ancora non ci si rende conto che questa è la più lampante ammissione di una sconfitta? Una comunità per esistere deve riuscire ad essere produttiva di suo, altrimenti è la fine!
    Il vero problema è la mancanza di idee, intendendo con ciò l’incapacità isolana di guardare oltre, di avere il coraggio di osare, di chiedere non “aiutini”, ma progetti di sviluppo in armonia col territorio.
    Non è questione di resistere, ma di re-inventarci. E questo non lo si fa contandoci, ma, soprattutto da quando internet ha annullato certe distanze, dovrebbe piuttosto spingerci a ripensare ad uno sviluppo possibile. Uno degli ostacoli è proprio quella ricchezza, o meglio, il senso di una ricchezza da raggiungere in breve tempo, e senza troppa fatica, ovviamente in contrapposizione agli altri. E’ un modello perdente: non solo vale per pochi, ma ormai non da nemmeno più garanzie a quei pochi, stretti come siamo tra crisi economica e norme sempre più restrittive.
    Ike parla di utopia – non utopia (leggi qui), lo stesso Gennaro tempo addietro ricordo aver fatto riferimento alla tecnica del brain storming.
    Condivido lo spirito. E continuo a pensare che quando si è toccato il fondo (o come dice qualcuno si è pure cominciato a scavare), per forza di cose, fosse anche per disperazione, un germoglio dovrà pur nascere.
    Cominciamo almeno dall’imparare ad usare linguaggi nuovi, e di conseguenza a produrre nuove istanze!

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