Archeologia

Giovanni, della Storia di Pithecusa

di Giuseppe Mazzella di Rurillo
Giovanni Castagna

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E’ morto a Parigi, dove viveva con la figlia Valerie, il prof. Giovanni Castagna, 80 anni, storico dell’ isola d’ Ischia, scrittore e giornalista, segretario scientifico del Museo di  Pithecusa in Villa Arbusto a Lacco Ameno. Con il fratello prof.  Raffaele da oltre trent’anni scriveva su “ La Rassegna d’ Ischia”, il periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi.
G.M. di R.

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Quella parte dell’ isola d’ Ischia che ama la “storia vivente” cioè quella fatta dagli uomini e dalle donne di ogni epoca e che rimane affascinata  ad ogni scoperta del nostro passato piange oggi la morte del prof. Giovanni Castagna, storico, scrittore, giornalista, avvenuta a Parigi ad 80 anni dopo una lunga malattia.

Giovanni ha dedicato tutta la sua vita alla Storia dell’ isola d’Ischia. Non solo quella che si può trovare nei libri e nelle ricerche degli autori del passato ma quella che si può trovare solo negli archivi delle Chiese. E da questi Archivi e da quello della Curia Vescovile che Giovanni portava alla luce le vicende non solo dei grandi uomini e delle grandi donne ma anche di quello che i francesi chiamano “le petit peuple”, il popolo minuto. Era il metodo di ricerca di Fernand  Braudel, accademico di Francia e direttore della rivista “Annales”, che Giovanni ha applicato con estremo rigore scientifico alla Storia dell’isola d’Ischia, un’isola antica dove l’ uomo civile  è arrivato nello VIII secolo a.C. e non è più andato via.

Scriveva Braudel  nelle celebre prolusione al College de France il 1 dicembre 1950 che “è più lenta ancora della storia della civiltà, quasi immobile, una storia degli uomini nei loro stretti rapporti con la terra che li nutre e li sostiene; si tratta di un dialogo che non cessa di ripetersi, che si ripete per durare, che può cambiare e di fatto cambia in superficie, ma che prosegue, tenace , come se fosse fuori dalla portata e sottratto ai morsi del tempo”.

Questa storia “degli uomini nei loro stretti rapporti con la terra che li nutre e li sostiene” affascinava Giovanni nelle sue ricerche  dettagliatissime e ricche di dati statistici sulle popolazioni che abitavano i “casali” e la “città” d’ Ischia. La sua produzione di  oltre mezzo secolo di studi  è contenuta in molti libri e soprattutto nei suoi articoli-saggi su “La Rassegna d’ Ischia”, la rivista che con straordinaria competenza e  passione da oltre trent’anni è portava avanti dal fratello di Giovanni, Raffaele.

Non solo l’interesse per le popolazioni ischitane in un arco di circa 30 secoli ma anche degli stranieri che scoprivano l’isola e da qui la descrizione minuziosa del sistema economico e sociale del tempo. Poco più di 10 anni fa aveva dato alle stampe “I viaggiatori francesi alla scoperta di Ischia. i Diari del Gran Tour” da Stendhal a Ernest Renan; da Lamartine a Madame de La Recke, con le sue osservazioni minuziose sul sistema amministrativo del tempo e sulle considerazioni comuni  di tutti questi visitatori alcuni grandi scrittori, altri poco noti al grande pubblico o perfino anonimi come il “diario di un’ignorante” di una visitatrice belga di lingua francese del 1894.

“Tutti decantavano la presenza del silenzio” scrive Giovanni nella introduzione del libro. Anche lui amava il silenzio. Non era un uomo a cui piacevano i riflettori né era interessato al successo o al danaro.

Dopo gli studi all’ Università di Napoli alla Facoltà di Lettere aveva cominciato a scrivere per i giornali come “corrispondente da Ischia” negli anni ’50 de “Il Tempo” di Roma che allora aveva una redazione napoletana poi l’ incontro, con sua moglie, Colette Reix, un’insegnante francese di lettere, arrivata ad Ischia per una vacanza.
Il matrimonio ed il trasferimento in Francia dove Giovanni ha insegnato come “cultore della materia” letteratura italiana e la nascita dell’ unica figlia, Valerie, che è medico ed esercita in Francia. Così Giovanni acquista “due Patrie”, la Francia e l’Italia, e si divide per anni tra Parigi ed Ischia. Ma è qui che vuole vivere e fino a quando ha potuto è stato “segretario scientifico” (questa  è la dizione burocratica ma in realtà autentico direttore-tuttofare) per oltre 10 anni del Museo di Pithecusa nella Villa Arbusto a Lacco Ameno e promotore di eventi culturali e scientifici di ogni genere.

Avevo con lui – e lo conservo per il fratello Raffaele  – un sincero rapporto di amicizia, di stima, di affetto, di rispettosa colleganza per  uno studioso così rigoroso dalla cultura umanistica così vasta.

Amava il silenzio e se n’è andato in silenzio lasciando il segno della sua lunga vita in centinaia di scritti.

Mi viene in mente – mentre  lo ricordo con grande commozione – quella bella  considerazione di Simone Weil contenuta ne “La prima radice” che dice che “è cosa vana distogliersi dal passato per pensare soltanto all’avvenire. L’ opposizione tra  avvenire e passato è assurda. Il futuro non ci porta nulla, non ci dà nulla; siamo noi che per costruirlo, dobbiamo dargli tutto persino la nostra vita. Ma per dare bisogna possedere e noi non possediamo altra vita, altra linfa che i tesori ereditati dal passato e digeriti, assimilati, ricreati da noi. Fra tutte le esigenze dell’anima umana nessuna è più vitale di quella del passato”.

Credo che Giovanni ne fosse profondamente convinto, che è stato se stesso nella “cultura storica” in cui ha  vissuto mentre da oggi entra nel mondo dei Giusti lasciando un segno indelebile nella Grande Storia della sua Pithecusa.

 

Casamicciola, 7 febbraio 2014

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