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La dea Februa, la Candelora e Montevergine

di Rosanna Conte
Madrid. Fontana di Cibele. Fuente de Cibeles 1782 [1]

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Il bell’articolo di Sandro (leggi qui [2]) stimola a scavare nella memoria.

Intanto secondo Virgilio, là dove oggi c’è il santuario della Madonna di Montevergine, c’era un antico tempio dedicato a Cibele, l’arcaica dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici, il cui culto, nato in Asia minore, si diffuse in tutto il mondo romano.
Il culto di questa dea, come accennava Sandro, prevedeva l’evirazione di coloro che sarebbero diventati suoi sacerdoti, i coribanti, i quali vestiti da donne si davano a danze orgiastiche correndo con fiaccole accese. L’offerta del proprio sangue alla dea aveva la finalità di ottenere la fertilità della terra.

Con la progressiva diffusione del cristianesimo, questi culti più arcaici, legati a motivazioni profonde connesse alla sopravvivenza, resistettero parecchio prima che la Chiesa riuscisse ad imporsi, ma fu costretta ad innestare festività cristiane su quelle pagane.
Così sul Monte Partenio, là dove per qualche millennio si venerava la dea Cibele, è arrivata una Madonna nera, dipinta nel XIII secolo e offerta al culto dei fedeli per volontà dei re angioini.
Tuttavia, ancora oggi, il suo culto ricorda le precedenti tradizioni attraverso la juta dei femminielli e la danza popolare che accompagna la salita.

Con la festa della Candelora, la Madonna di Montevergine apre le festività dedicate alle varie Madonne campane che, come ricostruisce il maestro Roberto De Simone1, erano considerate sette sorelle: Madonna di Montevergine, dell’Arco, dell’Annunziata, del Carmine, delle Galline, di Piedigrotta e la Zingarella.

Santuario Montevergine [3]

La venerazione di queste Madonne è sempre accompagnata da pellegrinaggi con tammurriate (ballo ‘ncopp a tammorra), l’arcaica danza popolare che faceva parte dei riti propiziatori e devozionali legati ai cicli riproduttivi della terra. La loro origine affonda, come tutte le tradizioni legate al mondo contadino, nell’antichissimo culto della Madre Terra di cui Cibele è l’evoluzione storica.
Su questo sito c’è la tammurriata di  due anni fa e non è un revival, ma una spontanea esplosione di linguaggio corporeo:

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A Montevergine si va due volte all’anno: il 2 febbraio, con il pellegrinaggio in cui i transgender, con la  juta dei femminielli, assumono maggiore visibilità, e il 12  settembre.

Salendo i 23 gradini che immettono nel santuario si usa cantare la canzone specifica dedicata alla Madonna Schiavona che riprende la musicalità popolare dei canti alla madonna della zona napoletana. Qui c’è una versione molto bella, raffinata, cantata da Maria Caruso e registrata presso un’università americana nel 1998.

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Come, invece, la sentivo io da ragazza a Procida, ripetuta da un giradischi in maniera ossessiva e a tutto volume mentre, al piano di sopra, cercavo di studiare, è in questa versione tecnicamente poco riuscita, ma un’idea la dà…

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Volevo ancora riflettere sul periodo dell’anno in cui ricorre la Candelora, il mese di febbraio.
Il nome febbraio deriva dalla dea Februa che era la dea della purificazione di origine sabina venerata dai romani.

La Dea Februa in aspetto di Flora [7]

Tutto il mese era dedicato alla dea con processioni in cui si portavano fiaccole che richiamavano l’azione purificatrice richiesto alla dea.

Sin dai tempi più antichi questa dea fu assimilata a Giunone, dea della fertilità, e l’idea della purificazione trovò la sua collocazione nella festa dei Lupercali durante la quale due giovani prescelti fra i sodali Luperci, una volta segnati col sangue degli animali sacrificati alla dea, in genere capre, si vestivano delle loro pelli e armati di due scudisci di cuoio, sempre ricavati dagli animali sacrificati, correvano intorno al colle Palatino frustando le giovani spose che incontravano e che si offrivano alle scudisciate per ottenere la fertilità.
Questa cerimonia avveniva nel periodo dell’anno che precedeva la rinascita della vita, la primavera, e la purificazione era propiziatrice del nuovo che stava per arrivare.

Da notare che la parola febbre ha la stessa derivazione: attraverso la febbre il corpo espunge il male, purifica.

Quindi il senso profondo della festività è proprio la purificazione a cui ci si sottopone per avere il dono della fertilità sia per la terra che per la donna.
Oggi non avvertiamo più questa necessità e la stessa chiesa, come ha fatto notare Franco Ferraiuolo nel suo commento, ha sostituito il motivo della ricorrenza con la presentazione di Gesù al tempio.

Permane, invece, il due febbraio, il rito della benedizione e distribuzione tra i fedeli delle candele, anche se non le accendiamo più per far calmare la furia della natura, come ricorda Mimma Califano.

 

Foto di copertina. Madrid, Fuente de Cibeles; 1782