Attualità

Un punto di vista professionale sui vandalismi a scuola

di Nancy Mazzella
Problema giovani.2

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Ospitiamo, grazie all’interessamento di persone che la conoscono bene, il parere di Nancy Mazzella, una ponzese doc, sia per parte di padre che di madre, che lavora come psicologa e psicoterapeuta familiare a Roma, dove vive fin dai tempi dell’università.
Da qualche anno si occupa di psicologia scolastica attraverso ‘sportelli’ psicologici e  interventi con gruppi ‘classe’ e di formazione per genitori ed insegnanti.
Grazie a Nancy, ed un augurio a poter essere più presente sul sito, per la nostra Ponza e per chi ci vive…
La Redazione

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Gli episodi di vandalismo riportati negli articoli su Ponza racconta (leggi quiqui  e qui) suonano come un campanello di allarme.
Essi accadono di continuo oggigiorno e le cronache ne sono invase, ma in una realtà piccola come quella dell’isola  di Ponza dove la convivenza e la condivisione sono necessarie alla sopravvivenza, hanno un valore e un senso ancora più drammatico.
Occupandomi di tematiche giovanili,  sono abituata a pensare che questo tipo di fenomeno violento sia legato a delle difficoltà che vanno oltre l’emulazione (lo faccio perché così fa quel mio amico…), che pure è un meccanismo presente.

Va fatta una premessa: comportamenti trasgressivi e ribelli sono consueti nell’adolescente che sempre sente turbamenti ed emozioni come difficili da comprendere e tradurre.
I ragazzi infatti vanno educati fino da molto piccoli a riconoscere le proprie emozioni e a trovare delle strategie per gestirle allo scopo di realizzare la propria felicità e la migliore convivenza con gli altri.
Quando questi vissuti di ribellione non trovano né dentro né fuori casa un contesto accogliente e di sostegno, che sia cioè capace di dialogare con loro in modo costruttivo e che li faccia sentire parte di un mondo affettivo fatto di relazioni significative, si innesca un meccanismo di sfida violenta e di forte rabbia.

Le inquietudini qui possono essere solo “agite” rabbiosamente attraverso azioni e comportamenti. Il gruppo di pari, che in questa età giovanile diventa sempre un riferimento, diventa qui  “il branco” che dà quel riconoscimento, quel senso di appartenenza  e di partecipazione che non sentono altrove.
Il gruppo legittima le azioni violente e va contro ciò che è il bene comune e ciò che rappresenta la collettività da cui si sentono esclusi e che apertamente vogliono colpire.

Il  momento di maggiore fragilità e confusione  dei giovani che segna il passaggio all’adolescenza viene vissuto spesso dalle famiglie con sconforto o con qualche disattenzione.
Esse possono avere difficoltà a farsi promotrici di dialogo e confronto – e scontro perché no? – con i ragazzi per varie ragioni: cultura – non si parla di problemi emotivi – difficoltà materiali – sono altre le faccende di cui occuparsi – ; eccessivo permissivismo o eccessiva rigidità verso i figli, che in questa fase si mostrano spesso chiusi, offensivi ed evitanti.

Allo stesso modo nella scuola odierna è difficile riuscire a conciliare le onerose richieste di produttività e rendimento con situazioni socio-economiche e culturali sempre più complesse (famiglie allargate, adozioni, stranieri, disabilità ecc).

A fronte di classi sempre più numerose e con situazioni delicate, sono venute meno risorse e strumenti necessari (poco denaro per promuovere attività e formazione specifica già a partire dalle scuole primarie, se non già a partire dall’infanzia, per  allievi, insegnanti  e famiglie).

In tutta questa complessità, lavorare sul dato emotivo, formare alla vita e al dialogo, dare il senso della comunità e della responsabilità, diventano ancora più difficili.
Ne consegue spesso una scarsa capacità nei giovani di essere solidali, attenti agli altri e  al bene comune.

In un’epoca di consumismo estremo e di grande velocità, come quella odierna in cui è ‘vietato invecchiare’ (ma dove una moda diventa vecchia nel giro di una settimana), in cui tutto è veloce e tutti devono essere al passo con i tempi, si è perso il senso del tempo e delle tappe di vita.

Richieste di aiuto, di attenzione
Ponza è un luogo splendido, il più caro al mio cuore, e credo che le contraddizioni in essa si vivano in modo forte; il presente e il passato coesistono, internet ha portato il mondo nelle case di tutti, ma il mondo resta sempre lontano e dipende dall’umore del mare.
I ragazzi sono pieni di desideri che nascono dal confronto con i loro coetanei visti in tv, ma restano distanti. C’è una frattura che oggi è forse ancora più forte di ieri tra tradizione e modernità.
Ed è fondamentale quando compaiono segni di disagio come questi – e mi riferisco al vandalismo, al bullismo, all’uso precoce di alcool – lavorare sul senso di identità personale e collettiva, creare reti di supporto e solidarietà nelle classi, nelle famiglie e nella comunità.
La scuola e le famiglie unitamente ad esperti devono e possono farsi promotori di progetti e percorsi che possano aiutare i ragazzi ad innamorarsi ed appassionarsi di sé e di ciò che essi sono, a partire dalla storia e dalla cultura che tutti ci unisce e cioè quella di isolani, come risorsa e nostra preziosa peculiarità.

1 Comment

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  1. polina ambrosino

    24 Gennaio 2014 at 16:21

    Sarebbe auspicabile per la scuola di Ponza poter ricevere la considerazione, l’attenzione e gli investimenti che merita. Ciò non accade da tempo immemorabile e, con l’attuale situazione di crisi a livello nazionale e oltre, nemmeno lontanamente si può immaginare che essa possa beneficiare di quell’aiuto e quel sostegno che favorirebbero interventi specifici per gli alunni svantaggiati o socialmente a rischio.
    A Ponza non esiste una equipe psicopedagogica presente a scuola. Esiste sull’isola la figura della logopedista, di un’assistente sociale (credo alle dipendenze del comune) e di una insegnante, che, per titoli ed esperienza, è un punto di riferimento per l’intero corpo insegnante, ma sono figure a sé stanti mentre una equipe con neuropsichiatra, psicologo e logopedista che lavorino in team, non esiste a Ponza. Bisogna sempre fare riferimento a Formia, quindi ciò che per altre realtà scolastiche è prassi, cioè il rivolgersi a tali specialisti quasi quotidianamente, qui a Ponza è praticamente impossibile.
    Quindi gli interventi di cui si parla nella parte finale dell’articolo non possono concretizzarsi nella nostra realtà isolana. Solo il buon senso e la capacità di guardare in faccia la realtà e volerla affrontare, sia da parte delle famiglie che degli insegnanti ma anche delle altre agenzie del territorio (associazioni culturali e sportive) possono, nei loro limiti, arginare quei fenomeni di aggressività e vandalismo di cui si parlava.
    Spesso, per non dire sempre, però, chi ha il coraggio di affrontare certe situazioni si ritrova come la voce che grida nel deserto… L’aver anche perso la speranza per il prossimo anno scolastico, di avere una scuola veramente autonoma, con preside e DSGA presenti in loco, ha aggravato la nostra già difficile situazione.
    Purtroppo Ponza continua ad essere, per i nostri governanti in Provincia e Regione un NON LUOGO: non la si considera come si deve né per i collegamenti, né per la sanità né per la scuola: il nostro è un istituto omnicomprensivo cioè che comprende scuole dall’infanzia alle superiori e, sebbene i numeri siano risicati, le necessità sono le stesse, se non maggiori, di un istituto del continente dove presidi e insegnanti sono sempre presenti, dove il mare non fa da limite quando è cattivo tempo, dove per qualunque problema ci si può rivolgere a quegli specialisti che qui non ci sono.
    Solo tenendo conto di tutto ciò dovremmo avere figure responsabili stabili. Ma, appunto, siamo un NON LUOGO CHE SMETTE DI ESISTERE, PER CHI DI DOVERE, CON LA BELLA STAGIONE.
    Forse è proprio questo che si sta cercando di ottenere, cioè che l’isola smetta di vivere a settembre, per resuscitare a Pasqua come Nostro Signore… chissà… forse sarò una voce nel deserto… ma anche quella, nonostante tutto, ha il diritto di esistere e il dovere di non mentire a se stessa.

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