Ambiente e Natura

Le rotte del vino nell’antica Roma

di Silverio Lamonica
Anfore secca dei mattoni

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Proprio ieri (20 gennaio) ho letto a pag. 14 de “Il Messaggero” un articolo molto interessante a firma di Laura Arcan: “Quando Albano dominava le rotte del vino”. 
Provo a riassumere:

Nel 1986 fu scoperta, da alcuni sub, una nave romana affondata nei pressi della “famigerata” Secca dei Mattoni – ‘a secca ‘e mautune, nel nostro bellissimo dialetto – lungo il versante occidentale della nostra isola.
La nave conteneva un cospicuo carico di anfore, circa 150.

Riporto, qui di seguito, due dichiarazioni dell’archeologa Giuliana Galli, la quale si è avvalsa anche della collaborazione dei Prof. Francesco La Russa dell’Università della Calabria e Cristina Belfiore dell’Università di Catania, per i suoi studi sul relitto tutelato dalla Sopr. Arch. per il Lazio nella persona della dott.ssa Zarattini.

Dopo studi approfonditi – asserisce la Galli – “le analisi degli impasti delle anfore rivelano la provenienza delle argille da un’area vulcanica dei Colli Albani.
Inoltre, sui tappi di pozzolana che chiudevano le anfore, abbiamo ritrovato il bollo con il nome di Aulo Saufeio, mercante originario di Preneste che ci riporta alla produzione del vino Albano”.

Ancora: “Sappiamo da dove veniva e dove era diretto, con certezza abbiamo il sito del naufragio – riflette la Galli – Secondo i miei studi basati sullo stivaggio, proveniva dalle coste pugliesi diretto a Minturno o Pozzuoli per dirigersi lungo le coste francesi e spagnole, dove sono stati ritrovati relitti con carico simile al nostro”.

Ma qualcosa non mi torna, leggendo bene il secondo virgolettato.
La nave, carica di anfore fabbricate ad Albano, proveniva – come afferma la stessa archeologa – dalle coste pugliesi quindi, se le anfore erano piene, dovevano contenere vino pugliese non di Albano. Ma la nave perché non poteva provenire da altri porti come Palermo o Cartagine?

Siamo proprio sicuri che quella nave era diretta verso le coste francesi e spagnole solo per il fatto che in quei fondali sono stati rinvenuti dei relitti con carico simile al nostro? La nave non poteva essere diretta ad Ostia?

Dall’articolo non si evince che le anfore trovate su molti altri relitti fossero fabbricate ad Albano.

Gli autori latini citati dalla giornalista: Virgilio, Plinio il Vecchio (che decanta i vini campani Cecubo e Falerno), Properzio, Lucano e Columella, celebrano i buoni vini in genere, e il vino di Albano non godeva di fama dai sommelier (come recita sempre l’articolo).

In ultima analisi io ho dedotto questo: ad Albano si producevano ottime anfore, le quali erano ideali per contenere gli ottimi vini della nostra penisola, isole incluse, e senza dubbio anche il vino dei Colli Albani.

Comunque, quanto ho scritto è solo una provocazione.
Io auspico che l’archeologa Giuliana Galli voglia pubblicare su questo sito le relazioni sulle anfore della “Secca dei Mattoni” frutto dei suoi studi approfonditi, e magari tenere, la prossima estate un pubblico dibattito, con l’ausilio di filmati e documenti vari.

 

Da YouTube un breve video (2012) sulle anfore della secca dei mattoni a Ponza:

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2 Comments

2 Comments

  1. Luigi Di Meglio

    21 Gennaio 2014 at 16:02

    Prendendo spunto dallo scritto di Silverio ho girato un pò per il web ed ho trovato un articolo focalizzato sulla storia del vino nell’Italia antica. Nella parte finale c’è un riferimento al vino di Albano, apprezzato da Marziale. Purtroppo non ho trovato notizie relative alle vie marittime per la commercializzazione del vino.

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