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Casa, dolce casa

di Adriano Madonna
Bavosetta tropicale in tana [1]

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Dopo aver trattato le caratteristiche di “casa e dei dintorni”, soffermiamoci sulle caratteristiche della casa in particolare.

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Gli animali marini scelgono in maniera casuale le loro dimore oppure secondo particolari regole? Esiste un rapporto tra la scelta della tana e l’evoluzione di una certa specie?

In genere, quasi tutta la fauna stanziale, sopra e sott’acqua, ha un rifugio nel proprio habitat, che chiamiamo genericamente tana. La tana ha due scopi: la protezione e la riproduzione. In relazione a quest’ultima, in verità, non tutti gli animali marini si riproducono nella propria tana: alcuni ovipari, ad esempio, emettono le uova in acqua libera, altri, come i crostacei, le portano ancorate al ventre, altri ancora le abbandonano.

Di contro, ci sono tanti altri animali marini che usano la tana come luogo di maturazione e schiusa delle uova, come il polpo: la femmina non si muove dal proprio anfratto sia perché le uova non diventino il pasto delle numerose specie ittiche che popolano i fondali rocciosi sia per tenerle ben ossigenate, ed emette un continuo flusso d’acqua attraverso l’imbuto, che va a supplire a un assente flusso di corrente costante, difficile da trovare in una piccola tana sul fondo.

Tana polpo [2]

Proprio nel periodo di fine estate, nel sottocosta e a basse profondità, è molto facile assistere a questo splendido esempio di cure materne.

Tra i pesci, ce ne sono alcuni che hanno più tane e un esempio classico è quello della cernia bruna (Epinephelus marginatus), che ha una tana in cui si rifugia e un’altra cosiddetta “di caccia”, un anfratto con più aperture che funziona da posto di osservazione: dalla tana di caccia la cernia può tenere sotto controllo l’area del proprio “home range” e, senza essere vista, può scrutare l’avvicinarsi della preda, per poi aggredirla sfruttando l’effetto sorpresa.

Cernia-bruna. Epinephelus marginatus [3]

Questo esempio ci offre l’occasione per riflettere sul fatto che anche la scelta della tana fa parte dell’evoluzione di una certa specie: anche la tana, infatti, deve avere caratteristiche che soddisfino esigenze, magari nuove, di un animale che “si trasforma” per assicurarsi la sopravvivenza.

Ci sono animali che cambiano nel tempo le loro tane, scegliendone di diverse in funzione di mutate esigenze. Altri ancora, a un certo punto abbandonano l’abitudine di vivere in una tana, evidentemente perché non la reputano più il miglior mezzo di autoprotezione, che garantisca loro la sopravvivenza. È il caso di quei saraghi che vivono in zone particolarmente battute dai pescatori subacquei. Questi pesci hanno sperimentato sulla loro pelle che la tana è diventata una trappola: basta che un pescatore si pari davanti all’ingresso con il suo fucile e, un colpo dopo l’altro, cattura tutti gli esemplari della colonia. In un primo momento, dunque, la reazione dei saraghi è stata quella di cambiare tipologia di tana e dagli ampi anfratti si sono trasferiti in spacche strette e profonde, in cui il pescatore poteva più difficilmente operare. Ma, dopo un po’, anche nelle tane a fessura l’esistenza è diventata difficile. A questo punto, i saraghi hanno scelto di vivere in acqua libera e da un’esistenza stanziale da tana sono passati ad abitudini pelagiche nella colonna d’acqua. Oggi si vedono sciamare saraghi nel blu alla stregua di dentici! Tutto ciò sta a dimostrare che anche elementi che sembrerebbero capisaldi più che assodati, sono invece soggetti a mutamenti, quando esigenze di sopravvivenza lo richiedono. Del resto, nessun aspetto della scienza della vita può prescindere dall’evoluzione!

La teoria di Dobzhanski
Da uno scritto del professor Gaetano Ciarcia, ordinario di zoologia dell’Università degli Studi di Napoli, traggo quanto affermava in proposito Theodosius Dobzhansky (1900-1975), uno dei fondatori della sintesi (principio che spiega come la zoologia vada intesa come luogo per ricerche interdisciplinari di sintesi dei risultati di diversi campi della ricerca, sulla base della conoscenza della diversità degli animali, espressa nella loro sistematica, nella filogenesi, nello sviluppo e nell’organizzazione): “Nulla ha senso in biologia, se non alla luce dell’evoluzione”.

Come si sceglie una tana
Come scelgono la tana i pesci e gli altri organismi marini, così come quelli della dimensione asciutta? Certo, una tana non vale l’altra, o meglio, una tana che va bene per una certa specie non va bene per un’altra specie. C’è, infatti, una sorta di precisa regola, il “concetto di nicchia ecologica”, secondo il quale ogni specie ha una sua nicchia, che comprende tutto ciò che essa richiede dal proprio ambiente, e cioè sia fattori biotici (viventi), come le possibilità di nutrimento a disposizione, sia fattori abiotici (non viventi), cioè quelli costituenti il luogo o habitat (tipo di tana, natura del substrato, profondità, quantità di luce ecc.).

La capacità di una specie di adattarsi a tutti questi fattori dipende dal suo bagaglio di geni e dalla natura delle pressioni selettive esercitate dal suo ambiente. Quando la specie riesce a soddisfare queste esigenze sopravvive, se, invece, non riesce a sviluppare le capacità di adattamento, può estinguersi e la nicchia resta vuota, diventando, così, un’opportunità per altre specie.

“Alcuni biologi considerano l’evoluzione come lo sfruttamento di nicchie non occupate o utilizzate in modo insufficiente dalle specie esistenti” (Mitchell, Mutchmor e Dolphin).

Medusa 'polmone di mare'. Rizosthoma_pulmo [4]

Medusa polmone di mare (Rhizostoma pulmo)

Sugarelli. Trachurus trachurus [5]

Sugarelli (Trachurus trachurus)

Tane & tane
Ci sono tane e tane: le più comuni sono anfratti nel substrato, come la tana del polpo e dei pesci di scogliera, oppure detriti ammonticchiati sul sedimento molle, o, ancora, barattoli e addirittura bottiglie (questi ultimi due abitati in particolare dai ghiozzi). Ci sono, poi, le case semoventi, una sorta di roulotte del mare e la più tipica è la conchiglia: la “casa” che il mollusco gasteropode si porta dietro e in cui si trincera ogni volta che si rende necessaria una ritirata strategica. Ci sono, poi, tane speciali, come i gusci calcarei di alcuni organismi tubicoli. A volte, poi, addirittura degli animali diventano la tana di altri animali. È il caso di quei pescetti argentati, i sugarelli (Trachurus trachurus), che a fine estate, quando inizia la stagione migratoria e predatori pelagici giungono sottocosta, se la vedono davvero brutta, ma… necessità fa virtù e branchi di piccoli sugarelli si accompagnano a grandi meduse polmone di mare (Rhizostoma pulmo) o cassiopea (Cotylorhiza tuberculata), fiduciosi del fatto che nessun pesce si avvicinerebbe troppo da presso a una medusa a causa dei suoi temibili organi venefici, gli cnidociti. I sugarelli, da parte loro, non li temono, poiché sono preservati dalle sostanze venefiche di questi organi e quando il pericolo diventa pressante, addirittura si rifugiano all’interno dell’ombrella della medusa.

Medusa cassiopea (Cotylorhiza tuberculata) [6]

Medusa cassiopea (Cotylorhiza tuberculata)

L’Effetto Allee
Noi che viviamo il pianeta mare e desideriamo proteggerlo, dovremmo tenere in considerazione un particolare: quando ci troviamo in una zona dove c’è una grande densità di tane abitate da una stessa specie (ad esempio, tante tane di polpi, oppure di corvine, ecc…), dobbiamo sapere che quel punto in particolare è importantissimo per la conservazione e la perpetuazione della specie stessa: dove, infatti, c’è densità di individui di una stessa specie, sono “facili i contatti” e i livelli di riproduzione sono altissimi.

Tutto ciò è illustrato dal cosiddetto “Effetto Allee”, che spiega come una popolazione possa diminuire di densità fino a estinguersi quando è costituita da pochi individui e, quindi, quando c’è impossibilità di interagire tra loro in attività essenziali per la perpetuazione della specie: infatti, specie solitarie e con difficoltà di incontrarsi, come ad esempio gli orsi e le balene, mettono al mondo una esigua progenie. In parole povere e… matematicamente, le possibilità di perpetuazione di una specie in un luogo sono direttamente proporzionali alla densità degli individui in quel luogo e, ritornando al nostro discorso sulle tane, tante tane significano tanti individui.
In termini pratici, tratti di fondale con queste caratteristiche non andrebbero “disturbati”, poiché costituiscono importanti nicchie di riproduzione, in grado di assicurare un concreto contributo allo stock totale di una certa specie.

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Dott. Adriano Madonna, biologo marino, Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”