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Identità ponzese

di Giuseppe Mazzella
Radici [1]

 .

Ne abbiamo parlato molte volte, ma forse riparlarne non guasta.
In un periodo di sfrenata globalizzazione, tutelare la nostra memoria comprende la nostra identità. Una identità che ha le sue radici nella nostra colonizzazione.
Approfondire la “fondazione” di Ponza resta non solo una necessità, ma un dovere. Per capire appieno chi siamo.

Era del resto inevitabile che la storia scrivesse altre pagine che in qualche modo hanno coperto o “riscritto” il passato, ma i Ponzesi non possono essere spiegati se non viene approfondita la loro storia primeva.
Non è possibile applicare moduli e visioni precostituite ai nostri pregi e ai nostri difetti se non si approfondiscono le nostre radici che, come tutti sappiamo, sono le più coriacee e dure a morire.
Ecco perché siamo così “resistenti” a modelli che ci vengono proposti dall’esterno, quando questi non sono nelle corde della nostra sensibilità e tradizione. Questo non per dire che siamo migliori, ma per affermare che conoscerci è necessario e solo approfondendo il nostro passato, bello o brutto che sia, è possibile creare il futuro.

In questa ottica vedo i recenti apporti di Alessandro Romano – e i contributi correlati – che ci raccontano momenti salienti della colonizzazione borbonica; ecco perché questi scritti stanno suscitando tante reazioni.
È un buon segno. Significa che la nostra identità, che si è andata formando nel corso del tempo, ha bisogno ancora una volta di essere riscoperta, studiata, analizzata, capita e se possibile amata.
E su questa linea chiedo ad Alessandro di inviarci i documenti fondanti della colonizzazione, che pubblicheremo sul sito, così che tutti possano avere sotto mano gli atti fondamentali della nostra storia, per poterli approfondire e studiare.

Va infatti ancora una volta ricordata la preminenza della nostra identità. Essa non è ovviamente un idolo da adorare acriticamente, ma è la nostra memoria storica, la nostra ricchezza culturale, sono i nostri progenitori che, questo è provato, tanto hanno faticato e sofferto perché Ponza fosse quella che è adesso.
Ecco perché ne siamo gelosi e spingiamo tutti a ricostruirla ove necessario, a riscoprirla come gli archeologi portano alla luce antiche civiltà.
Perché solo riscoprendo e valorizzandola avrà senso conoscere e vivere Ponza.
Perché qui c’è ancora da conoscere e vivere una realtà formata da cose concrete, gioie e sofferenze, bellezza e dolore, sogni e speranze; e non da modelli virtuali spesso vacui che la moderna civiltà sta crudelmente cercando di imporre al mondo.