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Nel grande mondo del mare. Genitori e figli (1)

di Adriano Madonna
Pesci colorati [1]

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Quali sono i rapporti tra genitori e figli nell’ambiente marino? Esiste l’amore filiale? Parliamo delle cosiddette cure parentali di pesci, molluschi & C.

Non è difficile identificare un buon padre e una buona madre, così come non è difficile indicare una coppia di genitori scellerati. Il metro di giudizio è uno solo: le cure e le attenzioni che riservano ai loro figli, in particolare quando sono in età molto giovane.

E nel mondo animale come vanno le cose? Si può parlare ugualmente di genitori buoni o cattivi osservando quelle che vengono definite le cure parentali prodigate alla prole?

Nel mondo animale vigono regole diverse, che si basano su un tipo di “affetto” pure diverso: la gatta vuole bene ai suoi cuccioli, tant’è che aggredisce chi li molesta, ma non è mossa da un affetto uguale a quello che proviamo noi umani, perché negli animali esiste, sì, una sorta di amore materno (e a volte anche paterno), ma c’è anche un istintivo rispetto della selezione naturale: mamma gatta allatta i suoi sei micetti, ma abbandona il settimo e lo lascia morire, perché è malato.
Una regola di natura genetica le vieta di tenere in vita un figlio debole che un giorno, accoppiandosi, trasmetterà geni nocivi alla specie.
Di contro, un bambino nato ammalato o deforme riceve dai suoi genitori un maggiore numero di cure rispetto ai suoi fratelli in buona salute.
L’uomo, dunque, nutre amore per i figli ed è un ‘amore incondizionato’, gli animali per la discendenza in genere, come conservazione e miglioramento della specie, e qui gioca l’istinto, anche se questo termine proprio non ci piace: istinto, infatti, spesso è una “parola di comodo”, che usiamo quando non conosciamo i motivi che spingono a certi comportamenti: le anguille raggiungono il mare dei Sargassi per istinto; i tonni ripercorrono rotte millenarie per istinto; i salmoni ritrovano le stesse zone di acque dolci da dove erano partiti per istinto…
Poi, mano a mano che la scienza si appropria di nuove conoscenze, si comprende che dietro questa parola vuota, istinto, magari esiste un sofisticato sistema percettivo di cui molti pesci sono dotati e che si articola con il magnetismo terrestre, per percorrere e ripercorrere una rotta intorno al mondo, così come c’è una memoria genetica che registra odori e sapori e li trasmette di generazione in generazione: una sorta di antico imprinting che aiuta a ritrovare “per istinto” le antiche zone natie.

Ecco, l’amore degli animali per la loro progenie si basa sull’istinto, che in questo caso non è una parola senza senso, ma va intesa come l’obbligo di riprodursi per evitare la scomparsa della specie.
Riprodursi, dunque, nel mondo animale è un dovere, un ordine primitivo e primario a cui non ci si può sottrarre, perché particolari sostanze regolatrici (che a un certo punto abbiamo scoperto e denominato ormoni) creano degli stimoli fisiologici nei maschi e nelle femmine, obbligandoli ad accoppiarsi e a mettere al mondo una discendenza.

Le cure parentali
Le cure parentali sono definite come qualunque azione i genitori facciano in favore della sopravvivenza dei figli, affinché questi possano arrivare a riprodursi.

Di solito, tranne in casi speciali, le cure parentali vengono prodigate dalla femmina, che nella riproduzione impiega una quantità di energia infinitamente superiore a quella del maschio.
Pensiamo, ad esempio, a un uccello, la cui femmina ha il compito di “costruire” le uova e il loro peso spesso equivale alla metà del peso corporeo dello stesso uccello. Per fare ciò, c’è un impiego di energia enorme, a cui si aggiunge quella necessaria per la cova.

Uccelli uova nidiacei [2]

Con una quantità di energia infinitamente minore, il maschio riesce a produrre milioni di spematozoi e ognuno di questi è potenzialmente in grado di fecondare un uovo, quindi il successo riproduttivo del maschio è enormemente superiore a quello della femmina.
E’ quindi normale che sia compito di quest’ultima prodigare le cure parentali alla progenie, nell’intento di portare a buon fine un lavoro che le è costato una immensa quantità di energia.

E nel mondo marino?
In mare, nel pianeta acquatico in genere, come vanno le cose?
Nel mondo del mare ci sono esempi di scrupolose cure parentali così come di totale abbandono di quella che sarà la futura progenie.
Le cure parentali, infatti, tra molluschi, crostacei, pesci ecc. vengono prodigate in particolare alle uova, cioè ai “figli potenziali” e vale una regola precisa: gli animali che producono più uova vi dedicano poche o addirittura zero cure parentali. Di contro, quelli che producono meno uova sono più attenti a che esse sopravvivano e giungano a schiudersi.

Uova di pesce persico [3]

 Uova di pesce persico

Uova di pesci.2 [4]

 

Uova di Nudibranchi [5]

Uova di Nudibranchi (foto dell’Autore)

Tutto ciò ha la sua logica: dei milioni di uova prodotte da un merluzzo, infatti, diverse centinaia di migliaia sono destinate a diventare merluzzi adulti, a loro volta in grado di riprodursi, quindi la perpetuazione della specie è salva. La modesta masserella di uova di un gambero, invece, se non fosse curata e protetta in qualche modo, rischierebbe di essere totalmente distrutta senza mettere al mondo neppure un gambero. In questo caso, la specie rischierebbe di estinguersi.

Ovaie di merluzzo [6]

Ovaie di merluzzo

Uova di gambero [7]

Uova di gamberi

In genere, quindi, la quantità di cure parentali è inversamente proporzionale alla quantità di uova, tenendo conto del fatto che ci sono sempre delle eccezioni. Una di queste ci viene fornita dal gattuccio (un pesce cartilagineo), che attacca il suo uovo a una gorgonia e se ne va.

L'uovo del gattuccio. Foto di C. Ravenna [8]
Gattuccio nei pressi del suo uovo. Foto F. Banfi [9]
Uova di gattuccio di mare (Scyliorhinus canicula). Sopra,  foto di C. Ruggeri; sotto, con il piccolo appena fuoriuscito dall’uovo (Foto di F. Banfi)

E’ pur vero che l’uovo del gattuccio in un certo senso “si protegge da sé”: è, infatti, un uovo corazzato, con un involucro duro. Inoltre,  dei filamenti riccioluti nella parte alta gli assicurano un ancoraggio stabile e forte. In queste condizioni, l’embrione ha modo di sopravvivere e svilupparsi.

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Dott. Adriano Madonna, biologo marino del Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”

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