Racconti

Elucubrazioni di Pasquale (10). I non Residenti

di Pasquale Scarpati
10. Silvano Braido. Nautilus

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Sezione Sesta: I non Residenti

Vi sono poi i nativi non Residenti: i Cattivi, quelli che hanno lasciato, soli soletti, i Residenti. Essi emigrarono per vari motivi, anche di lavoro e, dovunque hanno operato, hanno dato lustro all’Isola. Anch’essi si sividono in due sub-categorie:

1)  quelli che hanno dove poggiare il capo quando ritornano sull’Isola;
2)  quelli (penso sia la stragrande maggioranza) che non hanno siffatta possibilità.

Penso che a quelli della prima fascia debba essere riconosciuto il medesimo status dei Residenti: essi versano tutti i tributi, anche molto onerosi perché la loro casa sull’isola è “seconda abitazione”.

Quelli della seconda fascia sono considerati spesso “fuggitivi e/o traditori”, status che impedisce ogni contatto con parenti ed amici, persone conosciute vive o defunte; che impedisce di partecipare, sia pur per breve tempo, ad eventi lieti o luttuosi, di riassaporare antichi sapori e gustarne di nuovi oppure, semplicemente, respirare l’aria della terra che ha dato loro i natali.
Forse che l’impedimento è oppure è stato dovuto ai marosi che non hanno permesso ai natanti di navigare?
Forse è imputabile a qualche vigilante o sceriffo che, documenti alla mano, non ha permesso ai transfughi, proprio perché tali, di imbarcarsi?
Nulla di tutto questo: la colpa è stata ed è, anche, di un piccolo, semplice biglietto di viaggio dal costo non proprio “abbordabile”,  il cui prezzo è sempre fisso, in tutte e quattro le stagioni. Questo, penso, sia uno dei motivi per cui si è spezzato, nel tempo, il legame di molti di loro con la terra natìa oppure lo ha reso molto labile e saltuario.
Non dico che il nativo non residente debba essere equiparato ai residenti visibili e, aggiungo, anche “non visibili”, ma si potrebbe adottare maggiore duttilità sia verso i nativi sia verso coloro che risiedono negli altri comuni del Lazio: questi ultimi, infatti, con gli oneri che versano alla Regione contribuiscono, sia pur in minima parte, al mantenimento dei natanti e dei viaggi.

Il costo del biglietto, ancora oggi, infatti, è una mummia in un sarcofago trasparente: fisso ed immutabile nelle quattro stagioni, ha una sclerosi talmente profonda che neppure un luminare del settore riesce ad ammorbidire. E’ una di quelle malattie incurabili o rare che  neppure una ricerca approfondita riesce a guarire; anzi per loro non v’è alcun tipo di ricerca. Non esiste, ad esempio, sconto di A/R, non esiste carnet nominativo di viaggi, non esiste bonus, non esiste abbonamento, non esistono agevolazioni tariffarie sostanziose, presenti dappertutto (cfr. compagnie aeree o ferroviarie) in determinati giorni e/o periodi dell’anno. Insomma non esiste NULLA.
Tutti si adeguano ai tempi  un po’ tristi, tranne questi biglietti. Per loro non esiste né crisi né disagio economico.
Intanto i fuoriusciti, soprattutto i meno abbienti, in effetti sono e sono stati isolati  ed esclusi dagli affetti e dai ricordi.
Un’esclusione, come dire, strisciante. Ai transfughi, penso, non interessa per nulla la tintarella né la confusione dei pariolini, graditi ad alcuni residenti perché, insieme al chiasso, portano un rumore molto più dolce che non solo fa venire la vista ai ciechi ma anche l’udito ai  sordi: la moneta, si sa, è… sonante.
Ai fuoriusciti, penso, interessi riottenere e/o rafforzare un legame anche e soprattutto sentimentale; ma i sentimenti spesso fanno a pugni con le monete e il più delle volte, purtroppo, quest’ultime prendono il sopravvento sui primi che, pertanto, sono costretti a soccombere e a sparire facilmente e celermente nel nulla. Il motivo è semplice: le seconde appartengono al mondo concreto: tangibile e duro; i primi, invece, appartengono al mondo astratto: etereo, impalpabile, diafano.

Sono sicuro, però, che molte, moltissime persone: semplici compaesani, amministratori pubblici e privati, imprenditori, quelli che hanno a cuore la cosa pubblica(che cos’è?) a livello locale, provinciale, regionale, nazionale, si sono prodigati e si prodigano ancora oggi per risolvere questo problema non da poco per alcuni. Sono altresì convinto, purtroppo, che le loro insistenti ed accorate istanze hanno cozzato e cozzano contro i bastioni della città turrita e che, pertanto, scoraggiati e delusi, hanno dovuto battere o battono in ritirata ritornando a casa con un pugno di mosche.
Per questo e forse, anche per l’onnipresente paura, si sono trincerarti e si trincerano ancora oggi nei  quartieri invernali senza mettere più il naso fuori.
Ma forse questo è solo un sogno…
Se fosse vero a loro va il plauso ed il ringraziamento di tutti quelli che, parafrasando Foscolo: ”le palme tendono”, ancorché “deluse”.

Grazie per l’attenzione e, se vi abbiamo annoiati, credete: “non s’è fatto apposta” (A. Manzoni).

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[Elucubrazioni di Pasquale. (10). Fine]

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