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Greco-levante e acqua ‘i cielo

di Francesco (Franco) De Luca 

Ravia_-Mareggiata [1]

Quando questo stato meteorologico si insedia sull’isola, Ponza ridiventa un brandello di roccia immerso nel mare: approdo insicuro per natanti e uomini, ultimo riparo ai contrasti della natura e primo appiglio per rinsaldare il legame con la vita.

Infuria il mare da est, da sud-est, e le onde nel frangersi alzano pinnacoli di spruzzi sul masso della Ravia, sul costone delle Grotte Azzurre, e le case di Santa Maria e di Giancos vengono lavate di salmastro.

Ribolle il mare nel porto. Turgido si gonfia a riprese, sale sulla banchina Di Fazio, sulla Banchina Nuova.

La nave con tutte le funi che la tengono avvinta alle bitte sembra un malato sul lettino in ospedale con tubi e tubicini. Una fune si lamenta nell’essere sollecitata e il portellone ne accompagna il gemito. Una pena … ! Tale e quale a quella stampata sui volti dei marinai, attenti e tristi.

Le barche da pesca invece sono guardate a vista dai loro padroni. Bivaccano costoro, appoggiati al muro, parlano fra loro, si intendono con quelli che sono andati a bordo a rinforzare gli ormeggi, a migliorare i parabordi, perché gli scafi sussultano sotto la spinta del mare.

Greco e levante, questo è il vento, e il mare vi si sottomette.

I nostri marinai ne conoscevano le sembianze e gli effetti, e si paravano con i panne ‘i ll’acqua perché di solito s’accompagna la pioggia. Come è accaduto per tutta questa giornata.

I pescatori guardano le barche, ne vorrebbero placare l’eccessiva motilità, ma soprattutto vorrebbero prevedere il decorso del tempo, ora che le ombre della sera incombono.

mareggiata alla galetta [2]

L’isola, i vicoli, le strade, i quartieri divengono un nulla, di fronte alla potenza del tempo che impone il suo dominio di impedimento.

Insegnava, questo sentimento di umana fragilità, l’umiltà, la solidarietà, la condivisione.

L’isola non si vive nell’egoismo.

Mareggiata [3]