Ambiente e Natura

Stop al biocidio: è un problema anche ponzese?

di  Rosanna Conte

striscione di apertura

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Sabato pomeriggio ho partecipato, sotto la pioggia, alla manifestazione di #fiumeinpiena contro il biocidio che si è svolta a Napoli.

Ho avvertito la necessità di farlo non solo per l’allerta legato all’articolo dell’Espresso sui documenti americani riguardanti la qualità delle acque degli acquedotti campani (documenti di cui si sapeva da tempo e che pur richiedono un approfondimento), ma perché la terra avvelenata, la strage di uomini, donne e bambini gridano vendetta.

Sotto la pioggia

Avevo già letto il libro “Il paese dei veleni” di A. Baccaro e A. Musella, in cui il “paese” non è la Campania, ma l’Italia tutta, e il disastro ambientale dell’antica Campania felix non è un unicum, ma è uno di una serie che va dall’inquinamento prodotto dalla fabbrica chimica di Caffaro, con il particolare veleno costituito dai Pcb [i poli-cloro-bifenili, noti spesso con la sigla PCB hanno uno struttura e una tossicità assimilabili a quella della più nota ‘diossina’ – NdR], di tutta la città di Brescia fino a diciassette km di distanza dalla fabbrica, a quello dell’Ilva di Taranto.
Questo perché c’è una larga parte delle nostre industrie che ha scelto di guadagnare di più non calcolando i costi dello smaltimento dei rifiuti come succede in tutti i paesi in cui ci sono leggi a tutela dell’ambiente e controlli veri sulla loro esecuzione.

Nella “Terra dei fuochi”, il triangolo che va dalla periferia nord di Napoli fino alle porte di Caserta e a Mondragone, dove, secondo le indagini, hanno smaltito i loro rifiuti tossici 443 aziende, quasi tutte del Nord, come riporta il Corriere della Sera del 16 novembre, attualmente si continua a bruciare quanto non viene eliminato secondo legge.

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Qui, la lotta per la vita è diventata una costante negli ultimi dieci anni, alimentata proprio dai roghi persistenti e dall’incremento delle morti per tumore che riguardano molto anche i bambini.
I cittadini si sono organizzati in una miriade di comitati (almeno una cinquantina) sparsi in tutta la piana casertana e napoletana e, sabato scorso, hanno sfilato uniti per le strade di Napoli, coinvolgendo comitati anche di altre regioni, come il Lazio, la Puglia e l’Abbruzzo. Hanno formato un vero “fiume in piena” come si chiama il movimento pacifico ed apartitico che ha organizzato la manifestazione. Costituito da giovani per essere punto di contatto tra i vari comitati, #fiumeinpiena si pone come traguardo l’unificazione sotto la stessa bandiera della lotta al biocidio, non solo in Campania, ma nell’Italia intera.

L’ho attraversato tutto, il corteo, leggendo gli striscioni e guardando in faccia chi partecipava. Mi hanno colpito i bambini che, nonostante la pioggia, erano presenti col loro striscione provocatorio.

Lo striscione dei bimbi

Durante il percorso ho riflettuto sul fatto che Ponza non è indenne.

Quanti rifiuti di amianto nel tempo sono stati smaltiti illegalmente sull’isola? Questa era la domanda più semplice che potessi pormi, ma ci si poteva chiedere cosa sia stato trasportato nelle navi cisterne prima dell’acqua da portare a Ponza; o anche dei fumi non depurati, dei “fuochi” per eliminare residui di plastica o altre sostanze nocive, azioni compiute quando non si era informati e anche dopo.

Io non so, né posso sapere, il livello di inquinamento dell’aria della terra e del mare di Ponza, al di là della goletta verde che ci dice che il nostro mare è pulito; ma ovviamente quello dei porti non lo è; e sempre, in estate, ci sono state persone che il bagno l’hanno fatto nelle acque del porto (quest’anno molte di più per i motivi che conosciamo).

cala-feola-allisola-di-ponza

Purtroppo l’inquinamento del mare non incide solo sulla balneabilità, ma anche sulla pesca che è alla base dell’alimentazione degli isolani e i pesci non si pescano dove la goletta verde fa i suoi prelievi: nulla sappiamo se c’è qualcosa sul fondo del mare dove pascolano i nostri pesci.

Insomma tutti questi pensieri mi frullavano in testa durante il corteo perché, seguendo altri incontri cittadini, avevo realizzato che discariche inquinanti sono state trovate anche là dove fino a ieri si pensava che fosse tutto pulito.

Ormai non siamo più tranquilli da nessuna parte e riflettevo sul fatto che a Ponza c’è un’alta mortalità per tumori.
Ma ci sono mai state iniziative per poter indagare sulle eventuali cause di questa malattia?
Oggi, la richiesta di avere il registro dei tumori non è un optional, ma è il primo passo per capire se e verso dove avviare un’indagine.
L’esposizione ad agenti nocivi dà i suoi effetti anche dopo decenni, quindi uno studio che sia produttivo ha bisogno di tempo.

Intanto è auspicabile che ci sia un autocontrollo della cittadinanza con la diffusione delle informazioni e la lotta alle discariche abusive che facilitano lo sversamento di rifiuti inquinanti. Mai come in questo caso l’azione individuale ha ricadute sulla collettività.
Chi ha permesso che fossero sotterrati i rifiuti delle industrie del Nord nel proprio terreno l’ha fatto per ignoranza, per ingordigia, o per le coercizioni della camorra, ma anche perché se non l’avesse permesso lui, l’avrebbe permesso il suo vicino.
Quanti danni provoca quella posizione così protettiva degli interessi personali che si esprime con- “…e a me, che me ne importa degli altri!?”

E, badiamo bene, all’inquinamento di queste zone hanno contribuito anche persone delle istituzioni, nelle figure dei politici e dei burocrati che hanno gestito le discariche risultate non a norma o hanno permesso lo sversamento in esse di rifiuti non trattati o hanno realizzato in maniera non conforme le bonifiche successive, come è successo a Bagnoli. Tutti i commissari di governo che si sono succeduti a Napoli e in Campania, da Rastrelli a Bassolino, a Bertolaso, hanno le loro responsabilità e non sono poche.

Bagnoli 1

Particolare della zona industriale di Bagnoli

Così, oggi, tutti i comitati rifiutano l’invio dell’esercito per il controllo del territorio perché non si fidano più di nessuno: vogliono controllare loro. In un convegno a cui ho partecipato, una piccola impresa di giovani che si interessa di piattaforme informatiche, ha annunciato che stanno lavorando ad un sistema che consenta di rilevare e segnalare immediatamente la localizzazione di roghi: il responsabile dei comitati, lì presente, ha plaudito alla notizia, dicendo che sarebbe un ottimo strumento di aiuto alla popolazione.

Non solo. Quando sentono parlare di bonifica, si mettono all’erta perché temono che le attività connesse vadano appaltate ad imprese colluse con la camorra, cioè con chi ha lautamente guadagnato provocando il disastro, e che succeda, come a Bagnoli, che si faccia finta di bonificare, ma il terreno inquinato, invece che essere asportato venga, capovolto e sotterrato di nuovo, spalmando così il veleno su un terreno più ampio.

I comitati campani, attraverso #fiumeinpiena, stanno ampliando la rete di collegamento fra cittadini vittime dei disastri ambientali, perché il problema sia assunto come problema nazionale e non solo locale. Si auspica che il livello di attenzione rimanga alto in tutta la popolazione, anche quella non direttamente coinvolta, per evitare nuove e più intense diffusioni di malattie, malformazioni e mortalità.

7 Comments

7 Comments

  1. Sandro Russo

    21 Novembre 2013 at 09:17

    La Malattia di Minamata è una sindrome neurologica causata da intossicazione acuta da mercurio.
    I sintomi consistono in andatura barcollante, disturbi della sensibilità alle mani e ai piedi, generale debolezza dei muscoli, indebolimento dell’udito e della vista fino alla cecità, difficoltà ad articolare le parole.
    In casi estremi porta a alterazioni mentali gravi mentale, paralisi, coma e morte nel giro di alcune settimane dai primi sintomi. Una forma congenita della malattia può essere trasmessa al feto durante la gravidanza.

    La malattia di Minamata fu identificata per la prima volta – con molto ritardo e non senza difficoltà – a Minamata, città all’estremità sud del Giappone, nel 1956.
    Si scoprì causata dal rilascio di metil-mercurio nelle acque reflue dall’industria chimica Chisso Corporation, che era durato dal 1932 al 1968. Questo composto chimico, altamente tossico, negli anni si era accumulato nei molluschi, nei crostacei e nei pesci della baia di Minamata e del mare di Shiranui, entrando nella catena alimentare e causando così l’avvelenamento da mercurio degli abitanti del luogo, che si cibavano prevalentemente di prodotti derivati dal mare.
    Mentre i decessi (inclusi quelli di cani, gatti e maiali) continuarono per più di 30 anni, il governo e l’industria chimica fecero ben poco per prevenire il disastro ambientale.
    Al marzo 2001, circa 2.265 vittime sono state ufficialmente riconosciute (1.784 delle quali sono morte), e più di 10.000 hanno ricevuto risarcimenti dalla Chisso. Le cause e le richieste di risarcimento continuano tuttora.
    Nel 1965, un secondo disastro ambientale nella Prefettura di Niigata provocò un riemergere della malattia (alla quale venne dato il nome di malattia di Niigata Minamata). Entrambi i casi sono considerati fra i maggiori disastri da inquinamento in Giappone.

    Perché ricordo questo caso di disastro ambientale dalla mia esperienza di tossicologo?
    Perché fu emblematico del nascere di una coscienza ecologica (mondiale); perché anche allora c’è stata un’ottusità dell’industria e del potere costituito, a far vincere le ragioni del profitto sul buon senso; anche perché non si era imparato niente dal passato e gli stessi eventi si ripeterono qualche anno dopo.

    Un ulteriore motivo è che studiando quella sequenza, ricordo, pensai esattamente a Ponza e a come saremmo stati indifesi, in tempi in cui non si andava tanto per il sottile, se fosse successo da noi.

  2. sandro vitiello

    21 Novembre 2013 at 09:50

    A Ponza purtroppo è successo e i morti ci sono stati.
    Decine di persone che lavoravano nella miniera di bentonite sono morte di silicosi.
    Non c’è mai stata una denuncia da parte delle autorità sanitarie del fenomeno.
    Ricordo che ero bambino e a dalle mie parti la vendemmia si poteva fare solo dopo le prime piogge dell’autunno perchè tutte le viti e tutta l’uva erano ricoperte di polvere di “bianchetto”.
    La chiusura della miniera non ha salvato solo una parte dell’isola: ha salvato anche la vita a tanta gente.

  3. Angela Caputi

    21 Novembre 2013 at 12:00

    Finalmente una presa d’atto sincera dei disastri che abbiamo combinato e continuiamo a combinare, accecati da un sogno di benessere tuttavia sempre oscurato dalla paura. Paura assolutamente realistica, viste le tragedie che ci circondano.
    Non sono pauperista, e nemmeno invidiosa, penso però che lo star bene comune sia qualitativamente più alto del benessere di pochi… La butto là così, certo è da approfondire tutto, il cosa e il come.
    Intanto, però, diffondere consapevolezza, e di conseguenza controllo sociale, magari a partire da se stessi e dal prossimo (prossimo di prossimità, intendo) mi pare una buona strada.
    Almeno proviamoci, a trasformarci da una società di consumatori maleducati in una società di educati conviventi.

  4. Paolo Iannuccelli

    22 Novembre 2013 at 10:33

    Ha suscitato grande interesse l’interevento di Rosanna sulle questioni ambientali. Ponza non è sicuramente indenne da queste problematiche, il crescente numero di persone colpite da tumore è davvero impressionante.
    Non sono un esperto ma ricordo bene che si parlava della presenza di radon, un gas naturale radioattivo, che si diffonde anche per la presenza di rocce tufacee. Per non parlare poi dei danni arrecati dalla miniera Samip.
    La provincia di Latina è fortemente a rischio. La presenza della discarica di Borgo Montello riempita di rifiuti tossici e mai bonificata, le centrali nucleari di Borgo Sabotino e Garigliano, il poligono di tiro a Sabaudia e Latina con l’uso di proiettili ad uranio impoverito, le tante industrie chimiche inquinanti, sono da anni al centro di un monitoraggio che non ha mai portato a conoscere la verità.

  5. luigiaprea

    24 Novembre 2013 at 23:11

    Rispondo al Sig. Sandro Vitiello che, prima di riportare a chiare lettere “Non c’è stata una denuncia da parte delle autorità sanitarie del fenomeno”, è d’obbligo documentarsi presso gli Uffici competenti. Nel nostro caso il Comune di Ponza, dove il sottoscritto, con qualifica di Ufficiale Sanitario, a seguito decreto del Medico Provinciale di allora, ha condotto una vera e propria battaglia, a salvaguardia della salute pubblica, denunciando più volte l’inquinamento ambientale, e informando della situazione pericolosa venutasi a creare, i pubblici Uffici.
    A seguito di tanto, con l’allora Sindaco Mario Vitiello, venni convocato presso la Regione Lazio, ove esposi, in maniera inoppugnabile, il preoccupante fenomeno dell’inquinamento ambientale, causa di danni polmonari, di cui ho già esposto in una precedente nota su questo sito, facente seguito al raduno della serata miniera, tenutosi a Le Forna Piazzale della Chiesa nel mese di Agosto 2011.
    Dott. Luigi Aprea

  6. sandro vitiello

    25 Novembre 2013 at 07:01

    Mi fa piacere sapere dal Dr Aprea che lui è intervenuto in qualità di Ufficiale Sanitario dell’isola a segnalare e denunciare i danni della miniera alla popolazione dell’isola.
    Leggo anche che l’ha fatto insieme al sindaco Mario Vitiello, in carica dal ’75.
    Presumo che prima di quel periodo il Dr Aprea non fosse in carica o che non trovasse ascolto presso il precedente sindaco-medico Dr Sandolo.

  7. vincenzo

    29 Novembre 2013 at 17:13

    Siamo andati molto indietro per analizzare le cause di problemi alla salute che invece sono attuali e vanno ricercate nel cibo che mangiamo, nell’acqua che beviamo, nella vita che facciamo.

    Per esempio si è parlato dell’acqua e siccome la nostra proviene per via cisterna da Napoli, giustamente qualcuno si è posto il dubbio della sua salubrità.
    A questo proposito, anche se continuerò a non berla, mi sono informato. Le ultime analisi dell’acqua che arriva con le cisterne sono state eseguite dal 4 al 31 ottobre. Tutte regolari, nulla oltre i parametri, tutte molto sotto i parametri consentiti.

    Quanto alla diffusione del cancro sembra che nei mesi di marzo-aprile-maggio ci sarà uno screening gratuito a Ponza per chiunque vorrà farlo. L’amministrazione ha appena fatto un accordo con l’ex sen. Maurizio Calvi (Forza Italia) che presiede l’associazione Amo l’Italia che si è proposta di organizzare la cosa.

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