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Call me Ishmael. (2). Il romanzo della balena bianca

proposto da Sandro Russo

Moby Dick [1]

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Per l’articolo precedente, leggi qui [2]
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Il romanzo Moby Dick di Herman Melville, del 1851, è tutt’altra cosa rispetto al libro di avventura per ragazzi che molti di noi hanno conosciuto in versione ridotta nella loro infanzia.
È piuttosto uno sterminato libro ‘sapienziale’ di circa settecento pagine, in cui la trama avventurosa è intercalata da numerose informazioni sul mare, sulla vita marinara e sulle balene; un compendio di tanti argomenti diversi che si rifanno a trattati scientifici, filosofici e religiosi, tanto che si ha l’impressione di trovarsi davanti non a uno ma a tanti libri.

Prima di Moby Dick Herman Melville (1819-1891), si era già affermato come scrittore avventure nei Mari del Sud (soprattutto Taipi: uno sguardo alla vita della Polinesia (1846) e Omoo: narrazione delle avventure nei mari del sud (1847); ma anche altri).

La trama del libro è lineare, e si può riassumere brevemente come il viaggio della baleniera “Pequod”, comandata dal capitano Achab, a caccia di balene, ed in particolare della enorme balena bianca che dà il titolo al romanzo: Moby Dick, bianchissima, enorme e malvagia, che in passato ha fatto naufragare la nave di Achab tranciando di netto una gamba al capitano. L’avventura si dipana in diversi mari, in un crescendo di dramma e follia, fino alla resa dei conti finale.

Moby Dick. L'edizione originale [3]

Pubblicato nel 1851, Moby Dick, capolavoro indiscusso di Herman Melville, per la sua forza evocativa e l’architettura enciclopedica, rimane tuttora un testo criptico ed indecifrabile, un’ammaliante esplosione di parole, una sorta di universo in continua espansione. Per questi ed altri motivi, un’opera leggendaria.

“La lotta contro una balena bianca non deve essere vista tanto un desiderio di vendetta quanto la metafora dell’orrore e del fascino che attira l’uomo verso l’inafferrabile e l’ignoto.
(…)
La balena bianca, uno dei più grandi simboli della letteratura di tutti i tempi, si offre a svariate interpretazioni, contraddittorie e mai contingenti, un ricamo in cui ogni simbolo non è mai quello giusto, quasi come se volesse destare nella parte più profonda del nostro animo, al tempo stesso, sia il Bene che il Male Supremo. Sembra di volta in volta una creatura fisica e metafisica, leviatano e messaggero divino, mimesi terrificante ed essere angelico, un’apparizione ineluttabile della realtà, un’epifania simultanea del Bene e del Male”. La “Pequod” stessa diventa, sulla scia del modello dantesco, una sorta si microcosmo emblematico nel quale si esibiscono, in un’ipotetica parata, vari “campioni” dell’umanità: diverse etnie, diverse fedi religiose, diverse filosofie e scelte esistenziali. Quindi, e non in ultima istanza, non solo un conflitto tra Realtà e Dio, Achab e la Balena, ma una specie di giudizio universale dal sapore faustiano, un tentativo estremo dell’umanità intera di redimersi”. (ripreso da un articolo di Giuseppe Scarano del 2011, in www.letterau.it [4])

Tre scene da Moby Dick [5]

Alessandro Baricco, co-autore insieme a Ilario Meandri di una traduzione e commento di Melville – Tre scene da Moby Dick; Ed. Fandango, 2009 – ne è rimasto tanto preso da averne proposto un reading nell’ambito del Romaeuropa Festival, nel novembre 2007 con una ‘ciurma’ di amici-complici come Stefano Benni, Paolo Rossi, Clive Russell.

Questi alcuni suoi commenti alla vigilia dell’evento:

“Mi sembrava che il Moby Dick fosse un libro da restituire alla gente. Il senso del leggere in pubblico è quello di restituire alle persone il cuore di un romanzo. Se riesci a farlo, allora diventa un’operazione preziosa”.

(…) Moby Dick: “Rappresenta il punto d’arrivo di un viaggio iniziato dieci anni fa, con Totem, quando avvertivo un senso di forza ed energia da portare in teatro attraverso la lettura e il racconto. Mi sono scelto per il gran finale uno tra i testi più ostici della letteratura, un testo impossibile. Ma sono convinto che questo tipo di spettacolo deve essere saldato a opere solenni che scorrono nel sangue di tutti”.

Quattro serate per le quattro ‘anime’ del libro: “Poche pagine, ma quelle che scavano a fondo, come a voler toccare con un dito la balena – dice Baricco – Il primo momento è legato al racconto della storia, il secondo è quella fase prima che salpino piena di luminosità da commedia dell’arte animata da tanti personaggi e gag, il terzo è legato alla paura, l’ultimo alla tragedia con cui il libro diventa qualcosa di sacro”.

Proponiamo l’interessante esperimento da un video di Youtube del 2009:

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[Moby Dick. 2. Continua qui [8]]