Ambiente e Natura

Call me Ishmael – Chiamatemi Ismaele. Su Moby Dick di Melville (1)

proposto da Sandro Russo

Moby Dick

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Chiamatemi Ismaele.
Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punto denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo.
E’ un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.
Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c’è nulla di sorprendente in questo.
Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l’altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l’oceano.

Moby Dick. L'edizione originale

Moby Dick. L’edizione originale del 1851

Call me Ishmael.
Some years ago – never mind how long precisely – having little or no money in my purse, and nothing particular to interest me on shore, I thought I would sail about a little and see the watery part of the world.
It is a way I have of driving off the spleen and regulating the circulation. Whenever I find myself growing grim about the mouth; whenever it is a damp, drizzly November in my soul; whenever I find myself involuntarily pausing before coffin warehouses, and bringing up the rear of every funeral I meet; and especially whenever my hypos get such an upper hand of me, that it requires a strong moral principle to prevent me from deliberately stepping into the street, and methodically knocking people’s hats off – then, I account it high time to get to sea as soon as I can.
This is my substitute for pistol and ball. With a philosophical flourish Cato throws himself upon his sword; I quietly take to the ship. There is nothing surprising in this. If they but knew it, almost all men in their degree, some time or other, cherish very nearly the same feelings towards the ocean with me.

 

Forse il più noto, certo tra i più folgoranti incipit della letteratura mondiale, quello di Moby Dick, romanzo del 1851 di Herman Melville, tradotto da Cesare Pavese nel 1932 nella prima edizione italiana per i tipi della Frassinelli Editore, cui ne seguirà una seconda, sempre da Frassinelli, nel 1941.

Moby Dick. Pavese 1932

Così Pavese parla del mare raccontato da diversi grandi scrittori, nella nota introduttiva al libro Racconti di mare e di costa, di Joseph Conrad:

“C’è in Conrad un esotismo, una predilezione per determinati luoghi insoliti e lontani che non ha nulla del capriccio… Qui siamo fuori dalla scelta pittoresca, sempre tesa alla caccia di nuovi superficiali angoli di visione. Qui lo sfondo ha l’ossessività di un’atmosfera quotidiana, e cosí intensa e inevitabile è la presenza di questo “altrove”, di questa memoria, che ci pare in sostanza di muoverci nella cerchia incantata di un simbolo, di un mito. Il Mare del Sud è veramente per Conrad il luogo dell’anima – non l’alto mare di Melville, titanico e insieme biblico, non quello di Stevenson, stazione climatica ricca di nobili leggende e interessanti istituzioni, ma il perenne inquieto viavai della costa, “del mare e della costa”, l’esitazione che può fare di ogni approdo, di ogni saputo, banale, previsto approdo, l’inizio di una stupenda e assurda avventura di giovinezza di passione e di destino”.

Stimolati dalla riproposizione del gran film di John Houston – Moby Dick con Gregory Peck, del 1956 -, ad un recente incontro di cinefili, riprendiamo le fila del romanzo di Melville, dei suoi personaggi e di tutto l’immaginario che ha generato.

Moby Dick. Il film di John Houston, 1956

[Moby Dick. (1) – Continua qui]

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