Ambrosino Vincenzo

Le parole del papa Francesco

di Vincenzo Ambrosino

Papa Francesco

 .

Silverio Lamonica, tempo fa, rifacendosi al poeta Belli nel ricamare le dimissioni di Benedetto XVI scriveva:

 

Gravato ormai dagli anni e dagli acciacchi,

da preti col vizietto e lo spione,

il Papa disse: “Ben venga la pensione,

la spina che mi duole è or che stacchi!”

 

A quella nuova lo stupore a pacchi

si propagò nella popolazione

e i credenti, d’ogni confessione,

pensarono a malanni ed attacchi.

 

Ma di lassù il Creatore un po’ stizzito,

disse tra sé: “ Che devo dire io!

da quando Adamo mi si staccò dal dito

 

sol odio, guerre, imbrogli … il mondo mio

è in confusione, male mi è riuscito;

perciò… dovrei dimettermi da Dio?

 

Ma dimessosi un papa se ne fatto un altro a cui io vorrei dare il benvenuto anche tra i laici riprendendo parole e frasi da suoi recenti discorsi

 

 “La Chiesa non può «insistere» solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio gay e uso dei metodi contraccettivi, o ancora quelle in cui afferma che i dicasteri curiali «corrono il rischio di diventare organismi di censura»”.

“Bisogna immaginare la Chiesa come un  «ospedale da campo» dopo una battaglia. Un ospedale dove si curano le ferite. E ai feriti gravi – tanti uomini e donne di  oggi che hanno smarrito il senso della vita, o che vivono nelle situazioni più disparate e «irregolari» – è inutile chiedere se hanno il colesterolo e gli zuccheri alti. Si devono tamponare,  curare le ferite, perché non muoiano”.

“Accompagnare con misericordia, non significa essere rigoristi né lassisti. Il confessionale non è una sala di tortura ma nemmeno una tintoria dove si va a smacchiare un abito come nulla fosse. Il male non si potrà mai chiamare bene. È l’approccio, lo sguardo, le priorità che sono diverse”. «Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro – ha detto Bergoglio – se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana»”.

“La Chiesa, che «a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti», deve tornare ad annunciare innanzitutto che «Gesù Cristo ti ha salvato!». E i ministri della Chiesa «devono innanzitutto essere ministri di misericordia», perché «l’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine inverso»”.

“Il Papa: «dall’idolatria del denaro nascono tutti i mali della società»”.

“Se scegli “la via del denaro” alla fine sarai un corrotto perché il denaro “ha questa seduzione” capace di “farti scivolare lentamente nella tua perdizione”. Ci sono cultori del denaro anche nella Chiesa: L’amore per il denaro, avidità, fa commettere peccati anche a sacerdoti e vescovi.

Dal Papa: “No alla guerra in Siria: Il 7 settembre un digiuno per la pace”

Il  grido che chiede: “che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace: mai più la guerra!”.

E ancora: “c’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire”. “Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace – ha affermato -. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!”

 

Sono parole che ribaltano le convinzioni di chi ritiene che il compito dei cristiani oggi non sia innanzitutto l’annuncio di un messaggio di salvezza, di vicinanza, di misericordia. Ma sia invece la ripetizione, a raffica, di precetti e condanne. Precetti e divieti hanno un senso nel contesto dell’esperienza di fede, ma finiscono per allontanare le persone invece di raggiungerle con il messaggio evangelico quando diventano il contenuto principale della predicazione e della pastorale. Le parole del Papa e il suo sguardo sulla fede chiedono dunque una «conversione pastorale» a tutta la Chiesa.

Il papa è un uomo eletto da uomini, ma questi quando intraprende la strada giusta e la indica senza incertezza agli altri uomini a cominciare dal mondo clericale, ma poi anche al mondo del denaro, del potere, agli uomini delle armi diventa una guida insostituibile in questo mondo, oggi, e non ha bisogno di chiedere il permesso per entrare nei cuori delle moltitudini umane.

Non c’è bisogno di andare con le bandierine in piazza S.Pietro per capire questo. Il mondo ha bisogno di uomini che portano la croce con coerenza e dimostrano in ogni momento agli altri uomini, la via per una nuova umanità.

 

2 Comments

2 Comments

  1. vincenzo

    2 Ottobre 2013 at 16:46

    Il coraggio di lottare per la vita contro la morte

    Le parole e le azioni di Papa Francesco daranno sicuramente nuova forza a tutti quegli uomini di “buona volontà” che lottano quotidianamente per la vita contro la morte.

    Parlo del Papa e della Chiesa e non certo della politica e dei politici perché non rappresentano più gli interessi dei cittadini e il teatrino di questi giorni, che si svolge nel nostro parlamento, lo dimostra in modo inequivocabile.

    E infatti il Papa darà forza ai tanti sacerdoti impegnati tra la gente, isolati, nelle loro sacrestie, a lottare contro poteri enormemente forti e radicati sui territori.

    Le persone oneste, in questi territori sono la maggioranza, ma la paura li rende inermi e funzionali al sistema di potere.
    Questa gente ha bisogno di coraggio, di esempi positivi, non certo di promesse e parole.

    Non avevamo bisogno dei pentiti per sapere cosa succedeva nei campi agricoli della Campania e non solo. Bambini muoiono di leucemia eppure in quelle zone c’è uno stato e molti politici in quei territori vengono eletti: per fare che cosa? Per portare avanti quali politiche?

    Don Patriciello in questi giorni l’abbiamo visto in televisione, a chiedere: “Presidente, inviti al Quirinale i genitori dei bambini morti di cancro”.

    Don Patriciello scrive a Napolitano: Perché nessuno risponde alle gravi affermazioni del boss Schiavone?

    Ma quanti sacerdoti, uomini di legge, cittadini e in particolare mamme, lottano per una speranza di vita in questi territori in mano alla camorra?

    “Giuseppe Diana, chiamato anche Peppe Diana o Peppino Diana (Casal di Principe, 1958 – Casal di Principe, 1994), è stato un presbitero, scrittore e scout italiano, assassinato dalla camorra per il suo impegno antimafia”.

    “Il suo impegno civile e religioso contro la camorra ha lasciato un profondo segno nella società campana. Il Liceo Scientifico di Morcone dal 21 aprile 2010 prende il suo nome”.

    “L’omicidio
    Alle 7.25 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, Giuseppe Diana è assassinato nella sagrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accinge a celebrare la santa messa. Un killer lo affronta con una pistola. I cinque proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Don Peppe Diana muore all’istante. L’omicidio, di puro stampo camorristico, fa scalpore in tutta Italia. Un messaggio di cordoglio è pronunciato da papa Giovanni Paolo II durante l’Angelus”.

    “Don Luigi Merola, un prete contro la Camorra
    Don Luigi Merola è stato ordinato sacerdote nel 1997.
    Da allora è impegnato pastoralmente nel quartiere di Forcella.
    Dopo la tragica morte di Annalisa Durante, don Luigi vive sotto scorta.
    La sua attività è rivolta da sempre, in particolare, ai bambini del quartiere, che ritrovano la
    parrocchia come unico punto di aggregazione e alternativa alla strada.

    E’ stato chiamato a far parte dall’ottobre 2006 del Comitato nazionale su “scuola e legalità”
    del Ministero della Pubblica Istruzione”.

    “Don Aniello Manganiello, prete di strada di Scampia. Importante la sua testimonianza di lotta alla camorra, “tradotta” nel libro “Gesù è più forte della camorra – I miei sedici anni a Scampia fra lotta e misericordia”.
    Un anno fa, nonostante le raccolte di firme, le fiaccolate e le petizioni di duemila fedeli, il prete anticamorra don Aniello Manganiello è stato trasferito da Scampia al quartiere Trionfale di Roma, ufficialmente per “motivi di avvicendamento”. Ma tutti pensano che la causa del trasferimento sia un’altra.
    Don Aniello non ha paura di alzare la voce contro la camorra: “I boss sostengono le famiglie – si legge in un’intervista tratta da “Il Fatto quotidiano” – pagano perfino le cure odontoiatriche e oculistiche. Quando le donne aggrediscono polizia e carabinieri durante un blitz lo fanno […] anche perché il clan è una sorta di società per azioni che fornisce di che vivere”.

    I cittadini onesti, che sono tanti in questi territori, trovano in questi sacerdoti non solo i confessori segreti ma anche dei punti di riferimento per trovare il coraggio di lottare. Ma una pallottola costa poco e sono tanti i killer pronti ad uccidere.

    Cosa possiamo fare noi che siamo ancora (non so per quanto) fortunati, a vivere in territori ancora vivibili?
    Poco, ma certo solidarizzare con questi uomini coraggiosi, è il minimo che possiamo fare. E un’altra cosa ancora possiamo fare: lottare, vigilare, affinché sul nostro territorio non si creino quelle scollature insanabili, tra “l’essere e l’avere”.

    Quando l’avere prende il sopravvento anche sulla stessa vita, tutto ha un prezzo e allora la camorra ha molti soldi da investire.

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