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Di mare e di marinai

di Gianni Paglieri

Mare agitato [1]

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Occasionalmente scambiamo idee e scritti con il comandante Paglieri; non troppo tempo fa riguardo ad alcuni libri ad argomento marinaro.
Ci sembra che il mare e le attività ad esso collegate siano tanto abusati come terreno di astrazione e di metafore, che a volte si perde di vista la sua reale, basica essenza.
Riportiamo queste sue considerazioni che ci riportano in maniera pacata e perfino poetica alla realtà.
la Redazione

 

(…) …Ma vorrei soprattutto parlare del mare e del marinaio.

Il mare e il marinaio sembrano appartenere a una oleografia tanto risaputa quanto non vera.
Il mare è sempre un invito o meglio una sfida: un invito ad “andare oltre” verso una meta precisa e desiderata, verso un’avventura sognata, verso una donna, un luogo diverso, sempre esotico e affascinante, ma il marinaio, quel marinaio che non corrisponde all’oleografia corrente che lo vuole carico di donne e segnato da tempeste e avventure, sa benissimo che il mare non si può sfidare, che tutti i posti del mondo hanno la loro caratteristica che non tutti i posti sono paradisi di bellezza e di accoglienza (nel mondo c’é anche la povertà, la prostituzione, la miseria, la violenza… ecc.).

Sul mare, quel marinaio impara la pazienza e non la sfida fine a se stessa, impara anche a osare, ma con cautela e solo se necessario – ad esempio per salvare una vita o per evitare danni alla nave – perché sa che ci si può perdere.
Il vero marinaio porta la sua nave in acque sicure, non attraversa il mare per cercare un’avventura, ma desidera arrivare, raggiungere il porto.
Ha bisogno di strumenti, il marinaio: strumenti che gli confermino la direzione verso la quale muove la sua nave e quante miglia ha percorso e quante ne dovrà percorrere ancora.
Raggiungere il porto, ritornare da dove si è partiti, significa dare senso al viaggio intrapreso, altrimenti il viaggio per mare è vagabondaggio senza senso.
Il marinaio non ha paura dell’alzarsi e dell’abbassarsi del mare ma sul mare, lontano da ogni terra, lo prende lo sgomento che si prova davanti all’infinito.
Da sempre il marinaio alza il suo sguardo verso l’alto, per leggere la sua strada tra le stelle e per pregare Dio.
Impara a stare solo, il vero marinaio; non è ciarliero e nemmeno si vanta di quanto ha fatto sul mare; non racconta, né desidera le tempeste, perché una tempesta è una delle tante tempeste, non la tempesta più grande e più violenta che uomo di mare abbia attraversato. Il marinaio sa che ci può essere sempre una tempesta più grande.
Si rispettano a vicenda il mare e il marinaio vero, perché nel loro confrontarsi non c’è spazio per mentirsi.

Monumento alla sposa del marinaio. Rimini [2]

Umberto Corsucci. Monumento alla sposa del marinaio, Porto di Rimini Molo est, bronzo altezza metri 3, anno 2011 (cliccare sull’immagine per ingrandire)