Carannante Martina

Dialettologia. (4). L’Onomastica

di Martina Carannante

Non farò nomi

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Il termine ‘onomastico’, deriva dal greco onomastikè, ‘arte del denominare’ e viene usato per designare lo studio di tutti i nomi presenti in un certo sistema linguistico.

L’abitudine di dare i “nomi propri” a individui, luoghi, animali e piante è strettamente legata alle tradizioni della comunità: basti pensare al rapporto strettissimo che si verifica tra l’attribuzione del nome ai neonati e il santo protettore del proprio paese: le ‘Rosalia’ a Palermo, gli ‘Ambrogio’ a Milano, i ‘Silverio’ a Ponza, le ‘Candide’ a Ventotene…

Nell’ambito dell’onomastica lo studio dei nomi è più propriamente compito dell’antroponimia, mentre la toponomastica studia i nomi dei luoghi. Quest’ultima è molto più stabile e non ha il ricambio generazionale dell’antroponimia.

L’origine dei cognomi si fa risalire agli antichi Romani; in tempi arcaici era presente il solo nome, ma già negli ultimi secoli della Repubblica, presso i Romani era invalso l’uso dei tre nomi (tria nomina): Marco Tullio Cicerone, ad esempio, dove Marco è il prenomen, nome individuale, Tullio è il nome, nomen, della gens d’appartenenza, in questo caso la gens Tullia, e Cicerone è il cognomen – all’origine per lo più nato come soprannome, per distinguere le varie omonimie. Infatti Cicero era il soprannome di un antenato abbastanza noto, che aveva un’escrescenza carnosa sul naso, che ricordava nella forma un cece (dal latino cicer, ciceris per cece). Quando Marco Tullio presentò per la prima volta la sua candidatura ad un ufficio pubblico, alcuni amici gli sconsigliarono l’utilizzo del suo cognomen, ma lui rispose che “avrebbe fatto sì che esso diventasse più noto di quello degli Scauri e dei Catuli”.
Caduto l’Impero Romano, si torna ad un nome solo, con vezzeggiativo nell’ambito familiare, accompagnato da qualcosa che allude alle caratteristiche della persona o al luogo di provenienza o alla paternità.

In Italia i cognomi sono in un primo tempo appannaggio delle famiglie ricche, ma nel 1200 a Venezia e nel secolo successivo in altre aree (in Toscana e altrove), l’uso si estende agli strati meno abbienti della popolazione, anche se con qualche resistenza e ritardo.

In generale, la fissazione dei cognomi italiani è databile al periodo tra la fine del Medio Evo e l’età moderna, quando la nascita e l’affermazione di istituzioni e procedure amministrative, sancirono per legge l’obbligo dell’immutabilità del cognome.
I notai in particolare, preoccupati nella redazione dei documenti, di evitare ogni possibile confusione sulla identità delle persone chiamate in causa, cominciarono a inserire tutti i riferimenti alla discendenza paterna.
Ma è solo con il Concilio di Trento, 1564, che si fa obbligo ai parroci di tenere un registro ordinato dei battesimi con nome e cognome, per evitare matrimoni tra consanguinei. Il soprannome, o secondo nome, diventa ereditario.

Il cittadino italiano, per norma, viene identificato con due nomi: il nome di famiglia (cognome) e uno o più nomi a piacere. Il nome di famiglia si riceve come una sorta di eredità, tramandata di generazione in generazione.

Ma come si attribuiva un cognome? Inizialmente a caso o dai soprannomi medievali: i Rossi di oggi non devono avere necessariamente i capelli rossi o la pelle molto più rossa, ma è probabile che il primo antenato fosse stato chiamato così per via di una caratteristica fisica e l’abbia trasmesso ai propri figli sotto forma di cognome. Esempi di cognomi famosi: Brambilla a Milano, Ferrero a Torino, Esposito a Napoli ecc…

Soprannomi di Ponza

A Ponza la storia dei cognomi dei due ceppi tuttora presenti sull’isola è in gran parte legata alla colonizzazione: i Mazzella, ischitani, i Vitiello da Torre del Greco.

Capitava, com’è successo anche a Ponza, che in centri piccoli, molti avessero lo stesso nome – quello del santo patrono – e lo stesso cognome (esempio Silverio Mazzella, Giuseppe Vitiello, Maria Civita Mazzella, Maria Vitiello ecc..).
Il modo più facile per risolvere l’omonimia era allora il ricorso ai soprannomi.

I soprannomi si sviluppavano come i cognomi; essi andavano a specificare però una singola persona. Essi venivano attribuiti una prima volta e, in relazione al successo che riscuotevano e/o all’importanza della persona connotata per prima, passavano ai discendenti.

Un soprannome veniva attribuito in base a:

– caratteristiche fisiche: Chiatt’, Chiattone (grasso), Luong (lungo), ‘A Riccia, Capariccia, Riccetta (capelli ricci), Facciabbruciata (colore acceso del viso o esiti di ustioni), Iallò (derivazione dialettale dall’americano yellow, giallo), Panzatuosto (mangione, dal ventre prominente), Pagliarino (dato dal colore giallo ocra, come la paglia, dei capelli o della faccia o del colorito della pelle), Purciell’, Recchipuorc’ (per la somiglianza delle orecchie del soggetto in questione con quelle del maiale), Scarrafone (persona particolarmente brutta), ’U scellaiatte ( persona magra e fisicamente non prestante) ecc…

– aspetti del carattere e abitudini: Zeppetella (tirava pugni), Mangiachicherchie (mangiatore di cicerchie, legume povero; vagamente dispregiativo), Culetuòtene (traslato per indicare gli abitanti de Le Forna – i fornise – mangiatori di un legume ancora più povero delle cicerchie: decisamente dispregiativo), Coreàne (dispregiativo, ancora per i Fornesi, eponimo nato probabilmente quando l’Italia fu eliminata ai Mondiali di calcio dalla Corea del Nord – 1966), Passa passa; Terramoto o Tarramoto (persona particolarmente irrequieta)…

– mestiere esercitato: ‘u fabbr’, ‘u ricuttàre (produceva formaggi secchi e freschi), ’a mammana (l’ostetrica), ’a putechella, ’a putecara, ‘a pustera (proprietaria di puteca, bottega, negozio), ’u palummaro (allevatore di piccioni, palumme), ’u vaccaro (possessore o pascolatore di vacche da latte), ’u preute (il prete), ’u belanciero,’u ciucciaro

– Luogo di nascita o di provenienza: ’I ‘copp ‘u camp (di sopra il Campo); ‘A vasci’fforn’ (da giù a Le Forna); Ind’ ‘u lav’ (nel lavo) ’Nd’i palette (tra le palette di fichi d’India, ’u Tarantino, ’a Prucedana (da Procida) ’a Gigliese (dal Giglio), ‘a Lacchese (da Lacco Ameno d’Ischia); e  anche Giuantonio, per distinguere, tra i tanti Giovanni sulla piazza, quello di Sant’Antonio…

– la modalità e tempi di nascita: Quatte frate (nato come quarto figlio, ma i soprannomi erano attribuiti anche secondo la progressione delle nascite: Primo, Secondo… Settimio, fino a Ultimo!), ’u ’mericano (nato o vissuto in America),

– i nomi dei genitori: ’i Verucciello [(figlio di) Silverio – Silveriuccio – Veruccio – Verucciello), ’i Nannina ( figlia di Anna – Annina – Nannina)

Spesso il soprannome andava a formare un doppio nome, e veniva tramandato anch’esso ai successori.

 

[Dialettologia. (4). L’Onomastica – Fine]

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