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A proposito di “Isolaitudine” di Franco De Luca

di Tina Mazzella

isolaitudine di Francesco De Luca [1] 
La lettura del libro Isolaitudine di Francesco De Luca mi ha spalancato innanzi all’improvviso l’universo dell’infanzia vissuta in un’isola ricca di suggestioni e di fascino e nel contempo solitaria.

Sin dalle prime pagine sono stata catturata dal grande amore dell’autore per la natura, una natura viva, incantatrice e selvaggia e dall’atmosfera corale e gioiosa che si respira ovunque.

Un mondo semplice, fatto di avvenimenti quotidiani e di piccole cose e scandito dalle ricorrenze canoniche e dall’alternarsi delle stagioni, ci accoglie e ci conduce lungo la banchina del porto, per le stradine pressoché deserte e su per le colline profumate di erbe mediterranee, di fiori e di ginestre ed animate dai richiami degli uccelli di passo e dallo stridio dei gabbiani.

Le voci festose dei ragazzi irrompono nella quiete, si rincorrono e si accavallano sulle spiagge, sugli scogli e nelle grotte fondendosi con il tramestio delle onde.

I pescatori, conoscitori delle abitudini dei pesci, dei molluschi e dei crostacei, fanno appello all’antica sapienza per stanarli e catturarli. Dall’alba al tramonto I contadini si misurano in una dura lotta con i magri appezzamenti di terreno perennemente assetati, pur di ricavare il raccolto necessario al sostentamento della loro famiglia.

Le donne si dedicano pazientemente alle attività domestiche e solitamente coadiuvano i loro uomini anche in quelle campestri o nella pesca; se dotate di doni speciali, si adoperano volentieri in qualità di guaritrici della comunità.

Nella piazzetta sotto l’orologio per lo più gli adulti amano ritrovarsi in compagnia dell’ormai mitica figura di Amedeo il barbiere sempre pronto a fare battute ed a raccontare storie ed aneddoti.

La Chiesa, con il suo “Parricchiano” Don Luigi, con le sue funzioni e con i suoi cori, costituisce il punto di riferimento più importante della piccola comunità.

Proprio sul piazzalino della Chiesa i bambini s’incontrano per giocare con lo “strummolo” o a tix tox fontanelle, i giochi indimenticabili prediletti da coloro che appartengono alla nostra generazione.

La presenza inscindibile del mare e del vento completano mirabilmente questo quadro paesaggistico intriso di ricordi. Essi sono creature vive e potenti capaci di condizionare umori, azioni e sentimenti.

L’anima di chi è nato a Ponza o vi è vissuto a lungo si porta dentro l’insieme di tutti questi elementi contrapposti che connotano l’appartenenza ad una terra comune e ne costituiscono l’essenza più autentica. Al sentimento contrastante che ne scaturisce Francesco De Luca ha attribuito il nome di Isolaitudine.

Come non riconoscerla in tutti noi che in qualche modo siamo stati forgiati dalla specificità di quest’isola costituita da una natura incontaminata e straordinaria ed al tempo stesso siamo costretti a muoverci in spazi così angusti e circoscritti? Si tratta di un desiderio d’infinito, tarpato dalla consapevolezza della nostra inadeguatezza, della voglia pazza di libertà frenata da limiti invalicabili e del bisogno di fondersi con tutte le cose, prigioniero di un confino inamovibile.

Un libro di memorie, di fatti e di atmosfere,  fresco, divertente e ricco di spunti di riflessione scritto con sapiente scorrevolezza.

ponza [2]