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La presentazione del libro di Tina Mazzella. La serata del 27 giugno a Santa Maria

La Redazione

I partecipanti alla presentazione del libro [1]

Nota introduttiva di Giuseppe Mazzella

Tina è nata a Ponza ed è dovuta andare via all’età di otto anni, per motivi di studio e anche per la sua condizione di non vedente. Otto anni che hanno dato un’impronta indelebile alla sua vita, permettendole di affrontare con coraggio e gioia le sfide spesso molto dure. Nel romanzo, lei ricorda una Ponza assolata, viva delle grida gioiose dei bambini come lei, della presenza rassicurante dei grandi, del vento, degli odori, del mare in cui amava tuffarsi assieme ai tanti compagni di giochi. Quello che ricorda con più forza è una sorta di abbraccio protettivo che il paese aveva nei confronti di tutti, anche di lei non vedente, che era non solo accettata, ma considerata come una bambina di grande vivacità intellettuale. Un atteggiamento che nella società attuale – a Ponza non meno che altrove – sembra essersi del tutto perduta.
La sua vivacità intellettuale le ha permesso non solo di dedicarsi con successo ad un regolare corso di studi, fino alla laurea, e poi allo stesso insegnamento, ma l’ha spinta irresistibilmente verso la vocazione letteraria. Che esplose nel 1992, allorché per motivi familiari, vendette la casa dei nonni.
Per rimediare a quella mancanza, cominciò a scrivere “D’Autunno”, per fermare i suoi ricordi e la sua infanzia e la memoria dei tanti personaggi con cui aveva avuto a che fare.

 

Note sul romanzo, di Sandro Russo

“Così per molto tempo, quando, stando sveglio di notte, ripensavo a Combray, non ne rividi mai se non quella specie di lembo luminoso, che si tagliava in mezzo a tenebre indistinte, simili a quelle che la vampa d’un fuoco di bengala o qualche proiettore elettrico, illuminano e sezionano in un edificio, di cui le altre parti restino immerse nel buio…”

Queste prime righe, all’inizio della Recherche di Proust, mi sono venute in mente a proposito del libro di Tina Mazzella, per lo stesso stato di ‘lontananza sognante’ dagli eventi della vita, che pure è viva e reale, ma per così dire, trasfigurata, distillata.

Infatti così comincia il suo libro:

“Da circa un mese vivo in qesta casa di riposo per anziani, che la pietà dei fondatori ha battezzato “Villa Aurora”

…E di qui va avanti e indietro nel tempo: “Il tempo con la sua scandalosa precisione, e con il suo unico dono, non la saggezza, ma l’approssimarsi subdolo e infido del declino fisico e mentale”.

L’analogia non sembra impropria, per l’atmosfera, il ‘ritmo’ che Tina imprime al suo romanzo.

Chiara, il personaggio che racconta e si racconta, è nata il 26 maggio del 1925  e le vicende sono narrate fino all’epilogo della storia, che termina nel 1990, quando Chiara ha 65 anni e dove lei, pur in età avanzata, comincia una nuova vita.

La vicenda non è autobiografica, anche se vi sono travasati:

–       ricordi d’infanzia e giovinezza dell’autrice;

–       il suo essere vissuta successivamente tra due mondi, quello assolato della gioventù nell’isola mediterranea e quello freddo e nebbioso della città del Nord;

–       la sua esperienza con i disabili;

–       l’esperienza dell’età che avanza e a cui ciascuno trova in modo suo per adattarsi.

Devo dire che mi aspettavo da questo libro un approccio diverso all’isola come la conosco io, una descrizione fatta con una sensibilità e sensazioni che non ci sono consuete…  Per dire, non i ‘soliti’ colori delle albe sul Porto o dei tramonti a Chiaia di Luna o dietro Palmarola, ma, per esempio, l’odore dell’alba, i movimenti, la spinta e la pressione del vento, il modo di percepire le distanze… l’equivalente delle nostre vedute o panorami, ma in un modo che noi non possiamo capire.

La richiesta a Tina è che un libro del genere prima o poi ce lo regali.

Perché quando l’ho rivista, e ho focalizzato meglio la sua immagine, mi sono ricordato di aver incontrato Tina da giovane… Varie volte ci siamo incrociati da ragazzi, lei accompagnata per mano dal fratello, che passeggiava la sera per Ponza…

Ecco, quest’immagine, passati tanti anni e tante esperienze, mi farebbe piacere che si completasse con un’altra… Che fosse lei ad accompagnarci per mano nel suo mondo…

Perché spesso sono questi sprazzi su “mondi che noi umani neanche avremmo potuto immaginare” che ci aprono la vista interiore su orizzonti più ampi…

 

Note sui personaggi, di Rosanna Conte.

La protagonista del romanzo “D’autunno” è  Chiara, una donna che si ritrova a sessant’anni circa a scegliere di vivere in una casa di riposo, dopo aver affrontato con forza una vita che l’ha vista impegnata fin quasi all’annientamento, nella cura del figlio autistico, Alessandro.

Ha convissuto per tutta la vita con un segreto che ha determinato in lei angoscia per la finzione a cui la costringeva, abituando il suo animo alla condizione frenante a vischiosa della solitudine che ora le fa spavento.

Ma la storia che si accinge a narrarci con la sua voce e ci fa vedere attraverso il ricordo, non sembra proiettata tutta sul passato. Si prevede, già dalle prime pagine, che ci sarà dell’altro, perché Chiara rifiuta l’appiattimento sul comportamento delle sue coinquiline  in cui vede avanzare il decadimento fisico e mentale a cui si ribella.

Le chiavi di volta della sua vita sono l’infanzia felice sull’isola natìa tra gli altri bimbi e la presenza affettiva-educativa-esemplare della nonna Nicoletta; l’adolescenza nella cittadina di mare e il primo amore, Cesare, compagno di scuola; il matrimonio con Filippo e la nascita e malattia di Alessandro che diventa autistico; il suo annientamento nella cura del figlio con momenti di angoscia, dolore, collera,  stanchezza, rancore, ma anche speranza; fine drammatica del rapporto col figlio e ultimo decennio col marito che morirà anch’egli.

Ha affrontato questa vita travagliata con la forza che l’insegnamento e l’esempio di nonna Nicoletta, la levatrice, ’a mammana, le hanno suggerito: la vita va vissuta sempre con gioia, il dolore va affrontato con dignità, il lavoro è essenziale per non invecchiare mentalmente, tutto passa, anche le difficoltà, la natura va amata e rispettata, la morte fa parte di un ciclo naturale.
Questa lezione che è impressa nel suo animo e riemerge nei momenti di difficoltà, le consente di relazionarsi in maniera costruttiva con Vittorio, il contabile della casa di riposo. Si trovano insieme a interessarsi di botanica, a giocare a scacchi, a godere delle bellezze della natura e dell’arte, così, quando Chiara si è riappropriata di se stessa, dei suoi interessi e delle sue passioni, è pronta ad accettare la proposta di Vittorio di andare a vivere con lui.

Co-protagonista, insieme a Chiara, è senz’altro l’autismo. Alessandro con la sua assenza/difficoltà di comunicabilità è la personificazione della condizione di vita di Chiara che ha scelto di tagliare i ponti con la sua famiglia di origine e di non essere sincera con Filippo. E come Alessandro non guarirà mai, chiudendo il suo rapporto con la madre in maniera drammatica, così Chiara non risolverà mai il suo rapporto col marito, fingendo fino alla fine – quando lui si ammalerà e morirà –  pur conducendo con lui, finalmente, una vita serena e a tratti anche goiosa- sembra una seconda gioventù

Gli uomini che Chiara incontra nella sua vita sono per lei importanti ma in maniera diversa. Cesare, bello, spavaldo, calcolatore da ragazzo, diventato egocentrico, superficiale e vanitoso da adulto, è colui che ipotecherà la vita di Chiara anche quando non si vedranno più.

Filippo sensibile, raffinato, riservato, leale, è colui che sarà sempre al fianco di Chiara, nei momenti del dolore, del dramma e dopo, quando vuol farle rivivere una seconda giovinezza.

Vittorio, cortese, sorriso aperto, sempre affettuoso, è  l’uomo che non si impone e sa aspettare. Riesce a trasmettere a Chiara quel calore umano che la rasserena e le permette di uscire dal pantano della sua solitudine.

“Con stupore mi sono riscossa, ho aperto gli occhi e mi sono sorpresa a guardare gli altri con maggiore indulgenza e un po’ di generosità”

Così Chiara si apre alla possibilità di una nuova esistenza.
Questo romanzo sembra consegnarci una speranza.

Nella nostra moderna società, dove l’apparenza e il giovanilismo sono diventati valori fondamentali, esistono  ancora spazi per una realtà più umana e ottimistica:  l’amore non ha età e si fonda sulla complicità nel coltivare interessi e passioni che- e a questo  bisogna essere attenti- si coltivano nell’arco della propria vita.
Vittorio li ha intravisti in Chiara ed ha aspettato con calma che lei, riconoscendoli in lui, li rivivesse. Solo allora le ha offerto una nuova vita in comune.

Tina Mazzella alla serata [2]

Considerazioni dell’Autrice Tina Mazzella

Dopo aver ascoltato con intensa concentrazione le cose che si dicevano sul suo libro, Tina ha preso la parola con la sua voce pacata e suadente, innanzitutto per ringraziare i presenti e quanti hanno dimostrato, incontrandola in questi giorni e partecipando alla serata, di ricordarla ancora con affetto.
Ringrazia tutti gli isolani e l’isola tutta per averle regalato un’infanzia più che serena: – felicissima! …dice -, durante la quale – ricorda – correva e nuotava con gli altri bambini, partecipava a tutti i loro giochi, …le dava e le prendeva, in una atmosfera di grande empatia con l’isola e la sua gente.

Ringrazia Rosanna Conte per la sua analisi dei personaggi e ricorda ancora una volta il mondo oscuro dell’autismo, che chiude non solo la persona affetta ma tutta la sua famiglia in un cerchio di costrizione e di afflizione di cui poco trapela all’esterno.

A Sandro risponde di considerare la realtà di una persona non-vedente identica a quella di tutti gli altri, fortemente concettualizzata, che si nutre sì dell’apporto degli sensi esclusa la vista e utilizzati al massimo, ma anche delle impressioni che recepisce dall’ambiente intorno, dalle parole degli altri, dalle descrizioni delle loro ‘visioni e colori…

A tutti ancora una volta esprime la sua felicità per trovarsi quella sera nella pizzetta di Santa Maria a presentare un libro che, mentre lo scriveva, neanche nei suoi sogni più segreti avrebbe mai immaginato la potesse portare a tanto.

Ricorda a tutti gli astanti – con la sua forza dolce e composta insieme – di non lasciarsi derubare della ricchezza e del ‘carattere’ precipuo isolano: una gente forte nelle avversità e generosa con i suoi figli; di fare ogni attenzione a mantenere viva la fiamma della solidarietà e dell’amore, anche davanti alle ‘sirene’ e alle insidie dei tempi attuali.

 

Sono seguite, inframezzate e seguite agli interventi dei ‘presentatori’ del libro e dell’Autrice, le letture di brani dal libro “D’Autunno” da parte di Martina Carannante, Irma Zecca e Rita Bosso, con un coinvolgimento del pubblico a ricordare i miti e le leggende dell’infanzia cui si accenna nel romanzo di Tina Mazzella

Locandina Tina Mazzella [3]