Ambiente e Natura

La festa di San Giovanni Battista

di Teresa Denurra

 

Diamo il benvenuto a Teresa Denurra, dalla nobile terra di Sardegna,  che inizia con questo articolo la sua collaborazione al sito.
A Teresa, laureata in chimica, insegnante, ‘cercatrice di piante’  e appassionata delle tradizioni della sua terra, abbiamo già chiesto in passato informazioni e pareri su questi temi, per quanto di comune la sua grande isola spartisce con la nostra Ponza.
Come esordio, ci propone uno sguardo sulle tradizioni di San Giovanni…
la Redazione

 

La sera del 23 giugno, in tutta la Sardegna, era (ed è) consuetudine accendere dei fuochi (fuoco = fogu, foggu, focu) nelle vie, nelle piazze e celebrare il rito del “Comparatico”. La festa intreccia il culto del Santo all’antica usanza di celebrare con il fuoco il solstizio d’estate, importante momento di passaggio dell’anno solare nella civiltà contadina.

Di cosa si tratta? In tale rito si salta in coppia il fuoco che arde, tenendo ciascuno con una mano il capo di un bastone; quest’atto, simbolicamente crea e fortifica un legame di amicizia e si diventa compari e/o comari per tutta la vita, dandosi, da quel momento, sempre del ‘Voi’ nel rivolgersi l’uno/a all’altro/a.

Le testimonianze storiche in proposito sono numerose. Si riporta, a titolo di esempio, quanto citato nella storia di “Sassari di Enrico Costa” (Edizioni Gallizzi):

“Era questa la quinta festa per la quale la città aveva previsto stanziamenti di bilancio. Scrive l’Angius (1) che in Sassari, come in tutta la Sardegna, si accendevano per le vie molti falò, los fogos.
Questi fuochi si facevano la sera della vigilia del Santo, e uomini e donne del popolo, specialmente contadini e artigiani, per usanza tradizionale, si facevano compari e comari, passando rapidamente ai lati del fuoco e rasentandolo parecchie volte, tenendo ciascuno con una mano l’estremità di un bastone e salutandosi con quel titolo che stabiliva fra loro un certo legame di amicizia.
Per la festa di S. Giovanni si ripeteva inoltre per antica consuetudine il cosiddetto ‘oroscopo del piombo fuso’, usanza superstiziosa praticata in altre regioni oltre che in Sardegna”.

I fuochi di S. Giovanni

Di certo, il 23 giugno si festeggiava l’accoppiamento. Quindi si accendevano grandi fuochi con arbusti secchi di fave, piselli e orzo, si ballava attorno e i giovani avevano la possibilità di diventare compari e comari saltando le fiamme in lungo e in largo e stringendosi la mano. Il comparatico durava tutta la vita.

Oggi, in diversi centri della Sardegna, si rinnova il rito del diventare compari de fogarone.

Ad Alghero, ad esempio, si sceglie come sito la lunga spiaggia di S. Giovanni (Sant Joan) col sole che tramonta sul promontorio di Capo Caccia in una suggestiva atmosfera di luci.

A Macomer accompagnano i fuochi con giochi per bambini, birra (da immaginare a fiumi, dato che i sardi risultano essere, in ambito italiano, i maggiori consumatori di questa bevanda) e la tradizionale, immancabile pecora bollita.

A Chiaramonti (Tzaramonte) il Coro e il Gruppo folk del paese hanno deciso di rivisitare, dopo diversi anni, i Fogos de Santu Juanne e trascinano la popolazione in un percorso itinerante per le vie del paese, con canti e balli, mentre il fuoco arde sino a tarda notte.

Anche in Gallura la festa di San Giovanni Battista è sempre stata sentita. A livello popolare, si è sempre conservata l’idea di una festa di passaggio o di rinnovamento con il fuoco che purifica tutto, eliminando quanto è ritenuto cattivo e lasciando invece, quanto ritenuto buono.
I galluresi di li marini (che abitavano sulla costa), usavano lavare i loro corpi nell’acqua del mare prima del nascere del sole.
La sera i giovani di entrambi i sessi, baciandosi, abbracciandosi, tenendosi per mano e saltando su grandi fuochi, instauravano il comparatico. Qualcuno saltava a croce il fuoco per la purificazione e pa lu dolori di la mazza (contro il mal di pancia). Anticamente in quella notte le ragazze compivano riti dai quali traevano presagi sull’incontro con la persona che avrebbero maritato.
La sera prima della festa le ragazze galluresi usavano andare in campagna seguendo la tradizione di ottenere, attraverso le piante, il segno di un eventuale matrimonio entro l’anno.
Le ragazze si mettevano alla ricerca delle piante preferite: di solito l’asfodelo (lu tarabucciulu), il verbasco (conosciuto con diversi nomi dialettali in Sardegna), oppure l’iperico (l’alba di santu Gjuanni).
Ogni ragazza ne sceglieva una, la legava con un nastrino colorato, faceva un nodo e in nome di San Giovanni chiedeva alle forze celesti se si sarebbe sposata entro l’anno o no.

L’indomani all’alba, le ragazze ritornavano alla pianta prescelta e dal tipo d’insetto che la notte si era posato traevano predizioni.

Asfodelo

Asfodelo

Verbasco

Verbasco

Iperico

Iperico

 

E quest’anno? La tradizione si rinnoverà sicuramente ovunque nella nostra isola, con varie modalità organizzative.
Il 23 giugno 2013 sarà luna piena: una suggestione in più, un desiderio da esprimere guardando il cielo, in un tempo in cui tanti di noi hanno bisogno di un sogno e di un pizzico di speranza nel futuro, nella nostra isola di Sardegna, in tutte le isole… e in tutte le terre oltre il mare.

 

Note

(1)   Vittorio Angius (1797 – 1862) viene ricordato soprattutto per la collaborazione con Goffredo Casalis alla stesura del Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna. Egli si occupò dei tre volumi riguardanti la Sardegna effettuando ricerche d’archivio per quanto riguarda l’epoca medioevale mentre per il resto si recò di persona in ogni singolo paese per appuntare le usanze, le credenze, le feste, la geografia e la storia tramandata oralmente di ogni singolo villaggio).

(2)

 

Google Map

La Google map dell’Italia e paesi confinanti mostra le posizioni relative di Ponza e dell’Elba (segnali rossi), e dell’isola attualmente tunisina de La Galite (freccia verde) rispetto alla  Sardegna; tutti luoghi dove i ponzesi, tra la metà dell’800 e la metà del ‘900 avevano stabilito basi e colonie, temporanee o definitive  

5 Comments

5 Comments

  1. Rita Bosso

    23 Giugno 2013 at 10:02

    A Ponza, invece:
    Il giorno di san Giovanni fondono il piombo, per tutto ciò a cui può servire: per farne purpare per la pesca e pallini per la caccia. Le ragazze fanno fondere una laminetta, versano il metallo liquefatto nell’acqua fredda e in silenzio, mentre si rapprende, leggono il loro destino:
    ‘U chiumm’’e san Giuann’ pare un’ancora: sposerò un marinaio” –
    – Il mio ha preso la forma di un’onda: lui verrà da lontano, magari dall’America, appena finirà la guerra -.
    La sera prima di san Giovanni Antonietta mi ha raccomandato di mettere sacchetti di sabbia sotto le porte: “Sennò entrano in casa le janare, donna Luisa; e una volta che si sono arregnate, chi le caccia più!”
    San Giovanni per i piombi, contro le janare, contro il maltempo:
    Tuon’ ’e lamp’
    fatt’ arrass’
    chest’ è a casa
    ‘e Giuann’ Sass’
    Chest’ è a casa
    ‘e nostro Signore
    addò nun ce potono
    lamp’’e tuone”.

    Per tutto il resto, ci deve pensare San Silverio.

    Dal romanzo “L’isola delle sirene”

  2. Sandro Russo

    23 Giugno 2013 at 10:58

    Mia mamma si chiamava Giovanna, e teneva molto alla tradizione della notte di San Giovanni così come si praticava nella sua isola, da cui ha vissuto lontano dal matrimonio in poi.
    La sera usava mettere fuori dalla finestra – “alla serena”, diceva – una giara di vetro in cui lasciava cadere, con molta attenzione e con apposite formule, il ‘bianco’ di un uovo.
    La mattina al risveglio si andava a interpretare cosa si era formato sul fondo.
    Ho un ricordo di quelle mattine, dell’attenzione con cui la giara si portava dentro casa e dei conciliaboli di mia madre con le sue amiche per interpretare quelle architetture fantastiche… colonne, archi e volute di aspetto opalescente, in cui bastava poco alla fantasia di un bambino per perdersi… Che infanzia felice che abbiamo avuto, noi bambini di allora..!

  3. Lino Pagano

    23 Giugno 2013 at 11:18

    D’accordo su quanto diceva Rita, ai tempi che furono i bagni non iniziavano mai prima di San Giovanni, ma subito dopo; si diceva che San Giovanni era in cerca di anime da portare via, chi si faceva i bagni prima della festa del Santo rischiava di affogare, le nostre nonne dicevano: Addò è ‘i..!? (dove devi andare?) ...bagne nun se ne fann primme ‘e San Giuann… Come diceva Rita si scioglieva il piombo e poi in un colpo solo si versava nell’acqua così si poteva leggere tra mille forme quello che più ti stava a cuore.
    Buon San Giovanni a tutti.

  4. La Redazione

    23 Giugno 2013 at 11:28

    Su: “Divieto di balneazione e Santi castigatori” ha scritto Isidoro Feola nel nov. 2011 (leggi qui)
    La Redazione

  5. Pina Scala

    26 Giugno 2013 at 17:49

    La notte di San Giovanni, in Sicilia, le donne preparavano l’acqua di San Giovanni. In una bacinella colma d’acqua, posta fuori l’uscio di casa, immergevano la lavanda, il rosmarino, il basilico, i fiori d’arancio e il corbezzolo: piante che proteggono da disgrazie, diavoli e streghe e propiziano prosperità e buona salute.
    L’acqua acquisiva così straordinari poteri e veniva poi usata al mattino per lavarsi il viso.

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