- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

Cronaca di (stra)ordinaria follia

di Enzo Di Giovanni

Laziomar. Tetide [1]

.

Formia, resto del mondo, mercoledì 12 giugno, ore 17,36.

Fa caldo, l’estate comincia a far capolino. Estate anomala, giunta in ritardo, nel pieno di una profonda crisi economica, e nel nostro caso, come ben sappiamo, anche crisi di sistema.
Ma insomma, tra SIC, ZPS, PAI, PUA, IMU e Diversi (i Diversi sono i soldi che paghiamo in aggiunta al biglietto regolare del traghetto) si cerca di resistere.

Tutti ordinati in fila al porto (io dalle 17, altri da prima) ad aspettare il nostro turno. La scuola è finita, il maltempo pure.
Si comincia, speranzosi non certo di chissà che, ma di tirare avanti: prima o poi finirà. Ponza tornerà ad essere un paese normale, così la smetteremo di sentirci cittadini di serie B.

E sì: perché a noi ponzesi ci chiamano “piagnucoloni”, e magari hanno pure ragione: che diamine, viviamo in un Eden, cosa volere di più?

Ed eccomi in fila, diligente. Con in mano ben in vista i documenti di riconoscimento come previsto dalla Legge: carta d’identità per me, e passaporti per le mie figlie: non li abbiamo mai usati per l’estero, ma ci risultano utili per spostarci nel “continente”.

17, 36. E’ l’ora in cui ricevo gli agognati biglietti.
Ed è pure il momento in cui, girandomi per l’imbarco, vedo che il traghetto, incredibilmente, sta tirando su la passerella per partire. Senza aspettare. Senza la sirena che annuncia la partenza. Partono le urla. Ci sono rappresentanti dell’Autorità Marittima sul molo.
Per qualche attimo restiamo frastornati ma fiduciosi: ci sarà stato un difetto di comunicazione con la biglietteria, si chiarirà subito, le cime sono ancora legate alle bitte..!, i responsabili della Capitaneria sono con le radio in contatto con il comandante della nave, non è successo niente.

No, la nave va..!

E non è uno slogan augurante: la nave è veramente partita, lasciando sulla banchina decine e decine di persone incredule col biglietto in mano. Imprecazioni, sgomento, senso di impotenza.

Monicelli ci avrebbe sguazzato a piene mani: c’è la signora che si trova a terra con l’auto già imbarcata. Famiglie separate: c’è la signora incinta col marito a bordo. C’è quello che sorridendo faceva passare tutti davanti, tanto non c’è fretta. Sale la tensione, qualche spintone, con le forze dell’ordine schierate.

Nell’antologia dei (dis)servizi della Laziomar questa mancava. Essere lasciati a terra dopo un’ora di paziente fila. Nei commenti escono fuori le assurde pecche organizzative:

Una sola addetta alla cassa in un giorno di forte affluenza.
La concomitanza di bigliettazione con i passeggeri di Ventotene che partono mezz’ora dopo – solo due (2) minuti prima della “fuga” del traghetto arriva l’ordine dagli uffici di far passare prima “quelli di Ponza”, bontà loro!

Per mesi, durante tutto l’inverno abbiamo sopportato ritardi pazzeschi, di ore, per consentire le operazioni di sbarco-imbarco.
Sopportando, perché noi ‘piagnucoloni’ siamo pazienti.
Adesso mi ritrovo con l’assurdità di avere un biglietto regolarmente emesso e pagato “esclusivamente per la corsa specificata” come recita il retro dello stesso, emesso 6 minuti dopo la data di partenza.

E qua da Monicelli passiamo a Kafka.
Perché, se non si può partire in ritardo, oltre a chiedersi: – E se ne accorgono solo oggi…? – c’è da spiegare come si fa a rilasciare un titolo di viaggio oltre l’orario consentito. Soprattutto c’è da chiedersi perché, essendo palese il protrarsi della fila oltre l’orario di partenza (e non per colpa dei passeggeri, presenti molto prima della mezz’ora di prammatica) non è stato consentito ai passeggeri di bigliettare a bordo, come si fa con tutti i mezzi di trasporto nei paesi civili.

Che fare? Arriva l’ancora di salvataggio, sotto forma del catamarano della Snav che arriva e dovrebbe andare a Ventotene. Decidiamo di occupare la scaletta di ingresso. Ci viene detto che rischiamo una denuncia per interruzione di pubblico servizio.

Noi sappiamo solo una cosa: che l’interruzione al diritto alla mobilità, alla continuità territoriale, l’abbiamo già subito, in maniera indegna.

Avete ragione! – ci viene ancora detto.

Significa che se cediamo alla forza, poi potremmo avere il diritto (sic!) di denunciare la compagnia di navigazione. E nel frattempo, passare la nottata al molo, per terra, con le famiglie separate di prima, le macchine lasciate incustodite a bordo, i ragazzi che tornano a casa dopo un anno di scuola, le donne incinte. Tutto questo senza che un qualsiasi dirigente della Compagnia si fosse degnato di farsi vedere e darci, magari, una qualche forma di rassicurazione.

No, si resiste.

E alla fine, per non tediarvi a lungo, riusciamo a partire: doppia corsa Ventotene-Ponza.

Sul catamarano, Antonio pensando a voce alta mi dice: – Abbiamo rischiato la galera solo perché volevamo tornare a casa! – Lo guardo e vorrei manifestargli un cenno di assenso, ma poi desisto. Qualcosa non quadra. Non so cosa. Perchè è incredibile che ci accadano cose così, a noi ponzesi.

E se la Laziomar avesse voluto semplicemente farci provare l’ebbrezza di una notte stellata, tutti insieme, a raccontarci di noi, come in un film di Almodovar (che ci sta bene, dopo Monicelli e Kafka), e noi non abbiamo colto la delicatezza del messaggio?

Vuoi vedere che l’essere piagnucoloni ci fa distorcere il senso della realtà?