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Dall’alto della riserva

di Vincenzo Ambrosino

Ran. Sequenza iniziale [1]

 

Dall’alto del colle, si vedono uomini rana armeggiare, per allestire  pontili galleggianti.

La capitaneria segue con il gommone le operazioni.
Occhi non visti controllano da un postazione speciale i controllori affinché tutto proceda secondo le regole.
Mentre gli operai eseguono da buoni soldati gerarchici ordini repentini, i titolari, come generali mettono a punto le loro strategie militari. Serviranno uomini da sguinzagliare tra la folla, imbottiti di volantini e  bigliettini da visita, pronti a farsi esplodere al motto: “La concorrenza e l’anima della pubblicità!”.

I tassisti scaldano i motori ma soprattutto i muscoli e i riflessi. Provano le loro auto a tutta velocità per le strade. Non importa se si consumano i copertoni, bisogna che la macchina sia più che efficiente. Correre è il loro motto, allenarsi a non sentire la fatica e il sonno.

Il servizio autobus occupa il Centro-storico. Gli autobus diventano sempre più grossi e numerosi, dai loro tubi di scarico escono bombe di gas che inebriano i fumatori di smog.

I noleggiatori acquattati dietro nascondigli impervi, cercano di scartavetrare, calafatare, verniciare le loro barche. Quest’anno dovranno essere immatricolate. E quindi difesi da trincee e fili spinati predispongono i natanti di tutto punto. Non devono farsi scorgere, il fumo di un levigatore potrebbe creare sospetto e rivelare il bunker segreto.

Le agenzie immobiliari hanno da tempo spalancato le sedi di propaganda; i titolari sono carichi come fucili con il colpo in canna.

Tutti i cittadini usciti dai loro dormitori invernali dopo una breve consultazione familiare hanno iniziato a trasformare i loro orticelli in fortezze medievali per fare la campagna estiva.

Gli alberghi strutturati come accampamenti. Gli albergatori hanno preparato gli avamposti, predisposto il vettovagliamento, allestito gli alloggi, inquadrato il personale, definita la retroguardia.

Spionaggio, controspionaggio, capere, infiltrati, informatori, talpe sono le nuove professioni e su questa garanzia per il futuro si alleva la prole per perpetuare la famiglia.

Dal nostro posto riusciamo a vedere tutto, godiamo di un buon punto di osservazione di giorno e di notte.

Di notte non si dorme, si sta svegli, si consuma molta corrente elettrica e anche molto telefono. Si scrive al computer, si telefona agli avvocati, si bevono calderoni di caffè, si preparano ricorsi, documenti, si veglia perché l’adrenalina è già al massimo. Corpi flaccidi tesi al massimo spasimo. Al mattino presto una veloce doccia, ci si rade la barba, si fa una breve ma nutriente colazione e con un sorriso, fisso, ebete, si percorre la giornata in cerca di una vittoria.

Ci si prepara per la guerra e le guerre si vincono avendo soldi, uomini, mezzi, vettovagliamenti, armi, conoscenze, informazioni, motivazioni.

Ran. Film del 1985 [2]

Ci si allena nell’arena dei cortili interni delle case tramutate in palestre con tanto di addestratori.

Ci saranno battaglie, lotte, colluttazioni, da combattere; scoppieranno qua e là, apparentemente in modo casuale. A un angolo di strada per  un parcheggio, allo sbarco della nave per accaparrarsi un cliente, in barca perché non si conosce la precedenza.

Sotto al sole cocente, uomini a torso nudo, protetti da una incipiente melanina, suderanno ma non molleranno le postazioni.
I capi hanno addestrato le truppe all’atto eroico: “Se avanzo seguitemi se indietreggio sparatemi alle gambe”.

Questa guerra senza regole, senza morti, senza fucili, questa guerra fredda si fa con il sorriso sulle labbra, offrendo agli ignari avventori, profumi, sapori, odori  della giungla.

Per fortuna piove, c’è vento di scirocco, la nave spesso in avaria. Le strade sono bagnate e rosse di sabbia del deserto, il sole non riscalda ancora. Ci sono pochi soldi da spendere e quindi forse ci sarà poca pressione sulla giungla.

Ran. Il vecchio re Idetora [3]

Io dall’alto del mio colle, come un vecchio capo indiano, sotterrata l’ascia di guerra, chiuso nella piccola riserva, da tempo non comprendo queste formiche atomiche che si muovono sotto di me, ignare che quello che fanno non avrà un senso.

 

Ran. Akira Kurosawa.1985.. Locandina [4]

 

Nota

La scelta delle immagini è una libera associazione – per iniziativa autonoma della Redazione non concordata con l’Autore – assolutamente rispettosa dello spirito del pezzo.

Il film citato è Ran (Caos) di Akira Kurosawa (1985), la personale versione del regista giapponese della tragedia di Shakespeare ‘Re Lear’