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L’approvvigionamento elettrico e idrico a Ponza

Servizi [1]

di Sandro Vitiello

 

Con questo articolo sull’approvvigionamento idrico ed elettrico dell’isola intendiamo mettere sul tavolo alcuni problemi e le considerazioni non schierate di chi vede la questione dall’esterno e nei suoi tratti essenziali.
Probabilmente ci sono molti aspetti che ignoriamo o mal conosciamo. Chiediamo quindi a chi è al corrente dei problemi inerenti di intervenire per puntualizzare e/o aggiungere ulteriori elementi di chiarezza.
La Redazione

 

In questi giorni Ponza è ritornata sui giornali per la vicenda della centrale elettrica dell’isola che dovrà essere definitivamente spostata in località monte Pagliaro in tempi relativamente brevi.

Sempre sui giornali hanno tenuto banco negli ultimi mesi i problemi legati ai collegamenti marittimi tra Ponza e la terraferma.

Mi sono chiesto come mai in tutti questi anni non si è mai pensato di risolvere il problema del trasporto dell’acqua e dell’energia elettrica attraverso condutture sottomarine.

In realtà  questa possibilità in passato è stata presa in considerazione e sono stati messi in campo progetti che trovavano interesse nelle sedi competenti e che avrebbero goduto anche di finanziamenti importanti da parte di istituzioni o enti vari.
Interessi locali e ragioni esterne alla nostra isola non hanno permesso la realizzazioni di questi progetti.

Oggi, che ci piaccia o no, stiamo vivendo un momento particolare nella storia economica della nostra Italia che per Ponza significa sempre meno risorse a disposizione.
La vicenda della Laziomar è significativa: ci saranno anche responsabilità degli amministratori di questa società nei collegamenti, ma il dato che salta agli occhi è che di soldi per collegare dignitosamente Ponza alla costa ne sono rimasti pochi.

In situazioni come questa forse varrebbe la pena di fare qualche riflessione a più ampio raggio sull’approvvigionamento dell’acqua e dell’energia per la nostra isola.

 

Sono tanti i soldi che servono per portare l’acqua a Ponza e sono tanti i soldi per produrre energia elettrica a Ponza.

Un dato messo a disposizione in un Convegno organizzato cinque anni fa, ci dice che un Kwatt di corrente prodotto a Ponza ha un costo tre volte maggiore rispetto al costo medio dello stesso kwatt prodotto nel resto d’Italia.

Il costo del trasporto dell’acqua a Ponza e Ventotene con le navi cisterna è superiore ai sei milioni di euro all’anno.
Cifre che ovviamente non vengono caricate, se non in piccola parte, sulle bollette delle famiglie di Ponza. Cifre quindi, a carico della collettività.

È questo aspetto che mi spaventa un po’.

“A pensare male si commette peccato ma spesso ci si azzecca” diceva una vecchia volpe della politica.
Io ho paura che prima o poi qualcuno ci venga a dire che siccome ci godiamo il mare e il sole, è giusto che paghiamo il doppio la corrente e dieci volte tanto l’acqua.
Fine, quindi, dei contributi dello Stato, della Regione o di chi per loro.

Certo l’Amministrazione comunale si sta prodigando nel progetto di realizzazione di un dissalatore a Cala dell’Acqua, ma noi comunque siamo a Ponza, e per funzionare, il dissalatore, avrà bisogno di energia elettrica, solo in parte ottenibile con fonti rinnovabili locali.

Quindi è necessario che il gasolio arrivi a Ponza, per trasformarsi in acqua potabile.

Forse, a questo punto,  bisognerebbe riconsiderare l’idea delle condutture sottomarine.
Ho letto che in questi anni i costi di collegamento si sono ridotti grazie alle nuove tecnologie e che la posa di questi cavi – per l’acqua, la corrente elettrica e le fibre ottiche – è diventata quasi una routine.

Le fibre ottiche, strumento fondamentale per raggiungere velocità importanti nei collegamenti internet, vengono spesso associate allo stesso cavo dell’energia, nelle intercapedini vuote di questo.

Addirittura sulla terraferma spesso si preferisce usare queste condutture per collegare località diverse che si affacciano sulle coste, piuttosto che tirare cavi scavando nel terreno tra case e strade, nel caso dei collegamenti telefonici.

I costi non sono comunque bassi: il valore dei cavi per la corrente e dei tubi per l’acqua è molto elevato così come quello per creare le infrastrutture di pompaggio sulla costa, per l’acqua, e di allacciamento alla rete elettrica per la corrente.

È elevato anche il costo della posa con navi molto grandi e personale altamente specializzato. Bisogna inoltre considerare la stagionalità dei consumi.
Nei mesi di alto afflusso turistico a Ponza arrivano due navi cisterna al giorno. Ognuna di queste porta più di mille tonnellate di acqua.
Nella stagione estiva il consumo di corrente si moltiplica per accontentare le attività turistiche e la presenza di tanta gente.

Non sono esperto di pubblica amministrazione ma sono convinto che uno studio approfondito sulla questione, partendo dai dati reali, potrebbe dare qualche risposta certa: quanto costa un progetto del genere e dove reperire le risorse.

È fuori dubbio che in futuro ci si dovrà misurare con la necessità di risparmiare risorse sia evitando sprechi, sia preservando luoghi di incomparabile bellezza come Ponza.
Sono problemi di non facile soluzione ma vanno verso un obiettivo che, credo, possa essere da tutti condiviso: far diventare normale anche a Ponza l’utilizzo di tanti servizi che altrove lo sono e nelle isole spesso diventano fonte di problemi insuperabili.

Ci sono diverse incognite la più importante è la rottura di questi cavi. È nota la vicenda di Capri rimasta senz’acqua per diversi giorni in piena stagione estiva.
Potremmo dire che noi a Ponza siamo abituati a questi disagi e quindi dovremmo solo continuare a conservare le nostre cisterne, per quanto riguarda l’acqua.
Per la corrente elettrica bisognerebbe continuare ad avere a disposizione qualche motore per eventuali black out o costruire, casomai, delle reti di riserva.

Però, diciamocelo, la ricchezza di Ponza è la sua unicità.

Il mare bello come da nessun’altra parte, l’aria così pulita perchè noi stiamo lontani dalla costa e un territorio che non ha subito le devastazioni di altri posti, tolta la ferita ancora aperta della miniera, sono un capitale che la nostra isola deve preservare e lasciare alle prossime generazioni.

Avviare un percorso virtuoso che preservi la bellezza, che garantisca ai cittadini servizi fondamentali e che costi un po’ di meno è un obiettivo che conviene considerare.

 

Dal buio alla luce [2]