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L’antica cultura contadina isolana. Le colture tradizionali e i cambiamenti successivi. (6)

1. Coccinella su bianco.2 [1]

di Mimma Califano

 

Per l’articolo precedente, leggi qui [2]

Per tutti gi articoli precedenti sul tema, digita in CERCA NEL SITO: colture tradizionali

 

Abbiamo spiegato sinteticamente come si ottengono i semi ibridi (F1, è questa la sigla con cui vengono identificati) ed anche lo scopo iniziale per il quale sono stati creati. Vediamo adesso quale impatto questa tecnologia sta producendo sulla moderna agricoltura, sui terreni, sulla nostra alimentazione e addirittura sulla nostra salute e sull’ambiente. Per fare ciò dobbiamo allontanarci dalla situazione locale (isolana) e volgere lo sguardo all’agricoltura in generale.

La prima ‘Rivoluzione Verde’, quella iniziata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, aveva connesso alla tecnologia ibrida altri elementi, vediamo quali sono.

Queste  nuove varietà di piante vengono definite “ad alta resa” o più propriamente ad “alta risposta” proprio per la loro capacità di reagire positivamente ad input chimici. In sostanza per ottimizzare i risultati ottenibili è  necessario trattare queste piante secondo schemi ben definiti: concimi chimici creati ad hoc e nelle giuste quantità, acqua nelle dosi prefissate, massicci trattamenti antiparassitari, diserbanti, ormoni vegetali;  inoltre l’intervento di  grandi macchinari agricoli consente lavorazioni su vasta scala.

Negli obiettivi della Rivoluzione Verde, l’azione congiunta di questi fattori avrebbe consentito un forte incremento della produzione agricola e addirittura di ridurre la fame nel mondo.

Ma ciascuno di questi fattori nel tempo sta dimostrando anche il rovescio della medaglia. Consideriamo in sintesi i vari aspetti.

Coccinella su fiore bianco [3]

Prima conseguenza. Il massiccio ed esponenziale utilizzo di concimi chimici e macchinari provoca l’impoverimento della sostanza organica del terreno e altera profondamente gli equilibri del territorio. Vi contribuisce l’ormai ampiamente diffusa produzione intensiva monoculturale che nega un principio basilare per la fertilità del suolo: la rotazione delle colture. In altre parole l’agricoltura moderna sta provocando l’erosione dei suoli.

In Italia si stima che il 75% del suolo agricolo ha una percentuale di sostanza organica inferiore al 2% (nel secondo articolo abbiamo stimato tra il 3 e il 6% la quantità necessaria ad un buon terreno agricolo). Nel mondo il 40% del suolo coltivato soffre di problemi di erosione.

Desertificazione [4]

L’erosione dei suoli è l’anticamera della desertificazione.

Non solo, le piante assorbono solo il 50% dei concimi immessi nei terreni, il resto viene disperso nell’ambiente, in particolare nelle acque ed ancora non si è in grado di valutare quali effetti ne potranno derivare.

Connessa a questo tipo di agricoltura industriale ci sono anche gli allevamenti intensivi, con danni ambientali non meno devastanti.
Solo a titolo esplicativo: per produrre un 1 kg di carne bovina servono fino a 15.000 litri di acqua e si producono 16 kg di CO2 (anidride carbonica), la stessa quantità che viene utilizzata per percorrere 250 km in auto.
Ed ancora, per evitare malattie nel bestiame ci vogliono 100 mg di antibiotico sempre per kg di carne; per non parlare dell’inquinamento creato dalle loro deiezioni non più utilizzate in campagna in un ciclo di riutilizzo degli scarti (1).

3. Coccinella su rosso [5]

Altre conseguenze negative:
Una volta iniziato l’utilizzo dei semi ibridi, la tradizionale capacità dei contadini di produrre ‘in proprio’, selezionare e conservare di anno in anno i semi e le piante in genere, è stata messa prima in discussione; poi con il tempo si è progressivamente assottigliata fino ad arrivare in alcuni casi ad una totale dipendenza dalle aziende sementiere.

Altro effetto quindi è la perdita di autonomia. Non solo, nel giro di pochi anni i contadini, ricchi del loro sapere tramandato da generazioni e sperimentati negli anni, si sono trasformati  in meri esecutori. In definitiva, insieme ai semi i contadini hanno perso i saperi relativi.

Ne discende che non sono più loro a decidere quali siano le tipologie di semi disponibili. Quindi si sta verificando una devastante perdita di biodiversità.

Coccinella su giallo [6]

Sono stati necessari 10.000 anni di storia a partire dalla Mezzaluna Fertile (2), per arrivare ad una diversità biologica di alcuni milioni di specie di piante alimentari.
Solo in Cina un secolo fa esistevano 10.000 varietà di grano, già negli anni ’70 del secolo scorso si era passati a 1000.
In India si coltivavano 200.000 varietà di riso, oggi sono 50.
In America esistevano 5000 varietà di mele; adesso solo poche centinaia. Tali cifre tendono probabilmente addirittura a sottostimare la portata reale delle perdite, perché una singola varietà tradizionale possiede spesso un’elevata diversità genetica. Secondo la Fao durante il XX secolo sono scomparse il 75% delle varietà di piante coltivate nel mondo!

È ormai ampiamente diffusa la consapevolezza degli enormi rischi  a cui si va incontro.

La biodiversità’ agricola rappresenta la migliore difesa contro future catastrofi causate da parassiti, malattie o cambiamenti climatici e dalle conseguenze delle stesse manipolazioni delle aziende produttrici prima delle varietà ibride e più di recente, con la Seconda Rivoluzione Verde, con gli OGM. (3)

Pomodori appesi [7]

Per ritornare al nostro piccolissimo mondo: quante erano ad esempio le specie di pomodori che si coltivavano a Ponza ancora negli anni ’50?
Nessuno le ha catalogate e mai più si potrà fare: è una conoscenza definitivamente perduta.

Per tentare di salvare il maggior numero possibile di specie e di varietà di piante, singoli Paesi già da qualche decennio avevano iniziato a creare dei depositi dove conservare le varietà locali, finchè nel 2006 il governo Norvegese ha finanziato la costruzione – sotto il permafrost artico delle isole Svalbard –  di una Banca Mondiale dei Semi, destinata a raccogliere centinaia di migliaia di specie diverse provenienti da ogni angolo del mondo.
Questo deposito è stato costruito tenendo conto di ogni genere di rischio, finanche di una guerra nucleare.

Isole Svalbard. Banca mondiale dei semi [8]

Tuttavia per salvaguardare la biodiversità delle colture, le banche di semi non sono l’unica risposta, al contrario e’ necessario continuare a preservarla nei campi, perché le banche genetiche raramente conservano varietà che non producono semi, come la manioca, le banane, le bacche o molti altri frutti. Inoltre, il congelamento salva semplicemente i semi ma non consente una funzione fondamentale: l’enorme capacità di evoluzione ed adattamento che le piante hanno.

Negli ultimi quindici anni in Africa occidentale si è osservato per esempio come alcune varietà tradizionali di sorgo abbiano accorciato di due settimane il proprio ciclo di crescita, in risposta a una stagione di piogge che si è andata riducendo nel tempo. Il modo migliore per sfruttare questa adattabilità è semplicemente lasciare che la natura faccia il suo corso.

Ma una così radicale trasformazione dell’agricoltura è riuscita almeno a ridurre la fame nel mondo?

Affronteremo questo aspetto la prossima volta.

 

Note

(1) Fonte: “I semi e la terra”. Manifesto per l’agricoltura contadina. Di Davide Ciccarese, agronomo. Altreconomia Edizioni; gennaio 2013.

(2) Regione corrispondente oggi ai territori di Giordania e Siria che si affacciano sul Mediterraneo. Lì  per la prima volta sono comparse le città, la scrittura, le strutture sociali. Tutti elementi conseguenti alla nascita dell’agricoltura e dell’allevamento. Infatti è principalmente in quel area – per le condizioni climatiche ottimali all’epoca – che l’uomo ha iniziato a selezionare da specie selvatiche quelle adatte all’alimentazione umana, da cui è scaturita la trasformazione da individui nomadi dediti alla  caccia-raccolta in  soggetti stanziali contadini-allevatori.

(3) OGM – Organismi Geneticamente Modificati. Termine per indicare organismi il cui patrimonio genetico è stato modificato mediante ibridazione e selezione o mutagenesi e selezione, oppure con metodiche che prevedono manipolazioni del DNA e inserimento mirato di nuovi geni (transgeni) negli organismi. Il primo OGM è stato ottenuto nel 1973.
Le principali modifiche hanno come scopo o l’introduzione nelle pianta di un carattere che induce resistenza agli attacchi di specifici parassiti o di renderla tollerante a specifici erbicidi. Le nuove sperimentazioni vanno verso frontiere più ambiziose, quali i vaccini.
L’utilizzo degli OGM in agricoltura è estremamente controverso.

 

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