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A proposito di munacielli

Munaciello pozzaro [1]

di Rosanna Conte

 

Qualche settimana fa, Carmine Pagano ci ha parlato delle fate e del munaciello e con la sua capacità affabulatoria ci ha permesso di entrare per qualche minuto nell’atmosfera fantasiosa in cui si destreggiavano i nostri nonni (leggi qui [2]).

In un mondo in cui non c’era l’elettricità (a Ponza è arrivata nel 1924) e il lavoro era una vera e propria lotta per la sopravvivenza, l’aleatorietà della vita sconfinava spesso nell’impalpabile, nelle premonizioni producendo anche personaggi immaginari avvertiti come reali perché “possibili”.

E’ una sfera, questa, diversa ma contigua a quella religiosa.

La religione, diretta dall’istituzione, dà certezze inconfutabili su quanto non visibile e procede in verticale dall’alto verso il basso, mentre la sfera del magico è appannaggio della comunità e si articola in orizzontale. Tuttavia il loro punto d’incontro è nell’immaginario dell’individuo, dove la religione (quella cattolica in particolare nella nostra cultura occidentale) pone immagini di angeli e diavoli e la magia ne prende le caratteristiche, le svuota della loro pregnanza morale e ci costruisce intorno dei personaggi che appartengono a un mondo invisibile che interferisce con quello reale secondo modalità che sono allo stesso livello della quotidianità popolare, e non potrebbe essere altrimenti.

Così il munaciello fa dispetti come li farebbe una persona del popolo che litiga col vicino, fa scherzi come il giovanotto irrispettoso che fa il bello con la ragazza o si diverte a far spaventare la zia anziana antipatica, e naturalmente regala anche denaro, ma non si deve dire secondo la sensibilità comune.

Come per la religione, anche per la tradizione magica popolare ci sono i dissacratori.

Nel sottosuolo del regno del munaciello per eccellenza, il centro antico di Napoli, ci sono comodi percorsi sotterranei che seguono i tracciati dell’antico acquedotto greco-romano e si inoltrano nelle grandi cavità da cui per secoli è stato tratto il tufo per costruire le case in città. Queste cavità sono servite egregiamente da rifugio durante i bombardamenti dell’ultima guerra.

I sotterranei di Napoli [3]

Naturalmente, in superficie, innumerevoli pozzi hanno messo per secoli in comunicazione cortili di palazzi e  singole dimore con questo mondo sotterraneo. Ciò ha dato luogo a molte situazioni o fatti considerati strani, tanto da essere attribuiti proprio al munaciello.

Pensiamo ai pozzari, cioè quelle persone che pulivano le condotte sotterranee e avevano accesso all’interno dei caseggiati proprio attraverso i pozzi: potevano entrare anche di notte e senza preannunciarsi. Quante beffe o vendette potevano essere realizzate! Incontri amorosi, di giorno contrastati o impossibili, furti, fracassi improvvisi, denaro in regalo per pagare qualcosa di indicibile… e tutto è opera del munaciello!

In verità è molto probabile che, al contrario, sia stata la figura del pozzaro a dar vita a quella del munaciello poiché, per la grande umidità del luogo in cui lavorara, indossava un lungo mantello con cappuccio che gli creava intorno un’aria misteriosa  e  poteva presentarsi all’improvviso e scomparire senza passare per la porta.

I sotterranei di Napoli.2 [4]

Sarebbe troppo semplice, però, ritenere questo “fenomeno” una superstizione su cui può essere solo dilettevole soffermarsi per curiosità.
In realtà quanto ha a che fare con la magia ha una valenza socio-antropologica molto forte e spinge a qualche riflessione. Naturalmente non si intende, qui, fare un percorso conoscitivo della materia in tutta la sua vastità e profondità; è sufficiente richiamare qualche spunto per fare delle considerazioni.

Intanto parlare di magia significa parlare di ritualità per dominare il reale, dalle persone agli eventi, anche se il termine è stato ampliato fino a comprendere ciò che non è spiegabile scientificamente.

Elfo [5]

Nella sua originaria accezione ha avuto una funzione di coesione dell’io individuale e collettivo della comunità, minato dalla paura della perdita, della morte, in primo luogo, e dal dolore che ne derivava. La magia consentiva di mantenere aperti i canali con l’aldilà e di evitare la crisi. Poi evolvendosi, ha tentato di spiegare i fenomeni della realtà osservandone le leggi che, però, come ci dice Frazer [Il ramo d’oro ; 1…; ibidem], erano individuate per contiguità e somiglianza dei fenomeni e degli oggetti e non, come farà la scienza, attraverso la sperimentazione, cioè la riproduzione di ipotesi da verificare.

La magia dava certezze che, poi, la religione renderà più aleatorie. Nel mondo magico primitivo, seguendo le regole previste dai riti, si era certi del controllo sul reale perché le sue leggi erano immutabili ed il rito, se fatto bene, consentiva di ottenere meccanicamente quanto voluto.

La religione, invece, ha introdotto un essere superiore da convincere con preghiere e sacrifici per ottenere dei favori, quindi, la realtà non era più immutabile, ma soggetta alle passioni e il capriccio della divinità.

Questo può spiegare come, a livello popolare, là dove spesso l’incertezza e la paura non sono gestibili più soltanto attraverso l’intervento religioso – pensiamo al detto così diffuso “Aiutati che Dio ti aiuta” – e la conoscenza scientifica non è penetrata in maniera costruttiva, il magico abbia una permanenza plurimillennaria.

Immaginazione [6]

Oggi, nel piccolo della nostra comunità avvertiamo la perdita delle tradizioni magiche, dalla formula per tagliare ‘a code ’i zefere alla certezza dell’esistenza del munaciello. Ciò è avvenuto non  certamente solo per la fine della cultura orale, quella che si tramandava col racconto dei vecchi. Ricordo ancora mio nonno che la sera raccontava a noi nipoti di quando a La Galite la notte non riusciva a dormire perché c’era il munaciello che lo pizzicava in continuazione e gli tirava i peli delle braccia. Io ero molto piccola ed avevo paura, ma qualcosa mi spingeva a rasserenarmi: i miei genitori non parlavano di munacielli e, se mio nonno narrava di quella volta in cui tagliò ‘a code ’i zefere, loro mi dicevano che non l’avevano visto.

La diffusione dell’istruzione obbligatoria e la società massificata hanno certamente scardinato i presupposti su cui si reggeva la permanenza del mondo magico, anche se ancora oggi, nell’epoca di internet, dei viaggi spaziali, della microchirurgia e così via, ci sono persone che si affidano alla magia. Non quella della propria comunità, perché chi ha paure e incertezze non pensa di poter risolvere i suoi problemi fra le persone con cui vive quotidianamente: le TV e internet hanno ampliato i confini, anche se in maniera virtuale, e ciò che appare nei ‘video’ viene recepito come ‘migliore’. Basta veder quanti siti di magia proliferano in internet. Ci sono molti pozzari internauti che, a differenza dei pozzari-monacielli, agiscono nell’ombra arricchendosi alle spalle di quei deboli che credono di poter influire sulla realtà con filtri e formule magiche.

Per chi non vede più monacelli e fate restano, comunque, i racconti dei nonni che si potrebbero raccogliere in un libro richiamando i personaggi locali che li hanno tramandati per l’ultima volta. Sarebbe bello  fissare una parte della nostra tradizione  orale nella scrittura in modo da poter leggere alle generazioni future  le storie che sono alla radice della comunità di provenienza.