Archeologia

Ponza e Ponza di Arcinazzo (1)

di Rosanna Conte

 

Tenendo fede all’impegno preso da questa redazione con la nota  in calce all’articolo di Giuseppe Mazzella del 15 marzo u.s., “Parracine” (leggi qui), vediamo di affrontare il problema se ci sia un rapporto tra la nostra isola ed Arcinazzo Romano, visto che quest’ultimo si chiamava Ponza fino all’unità d’Italia, quando gli fu imposto il nuovo nome per non creare confusione con l’isola omonima.

La storia di Arcinazzo registra che non c’è attribuzione certa del nome “Ponza”.

Potrebbe essere derivato dalla famiglia romana “Pontia”,  proprietaria di vasti possedimenti sul territorio circostante.

Potrebbe derivare dai numerosi ponti gettati sui corsi d’acqua di cui sono ricche le montagne di Arcinazzo, poiché l’antico stemma del paese, presente in un affresco del chiostro del monastero di Santa Scolastica a Subiaco e risalente al XIII secolo, è costituito da un ponte a tre arcate con sopra la mitria abbaziale.

Ma c’è anche la possibilità che il nome derivi dai monaci che erano scappati da Ponza nell’813, in seguito all’attacco dei saraceni, e che qui trovarono rifugio portando con loro il nome del luogo di provenienza.
In questo caso, i monaci portarono anche le reliquie di San Silverio?

Intanto bisogna ricordare che fin quando non ci furono devastazioni, i cristiani seppellivano i corpi dei santi là dove erano morti e sulla loro tomba ergevano un edificio, luogo di preghiera e meta di pellegrinaggi. In questa fase non usavano trarre reliquie dal corpo del santo e si accontentavano di pezzi di stoffa o della polvere interna al sepolcro.

Il Liber Pontificalis ci dice che anche Silverio fu sepolto dove morì e, pregando sulla sua tomba, molti ricevettero le grazie richieste. Sicuramente vi sorse un cenobio, ma non sappiamo con certezza se il luogo della morte fosse Ponza o Palmarola – Anastasio dice Ponza e Liberato dice Palmarola.

Abbiamo notizia che nel 591 c’era un monastero a Palmarola, un altro nell’isola di ‘Eumorphiana’ (?) e qualche altro in altre isole vicine perché, in una lettera del giugno di quell’anno, papa Gregorio Magno manda il suddiacono Anthemio nell’isola di ‘Eumorphiana’ per riportarvi l’ordine, allontanando le donne che erano nello stesso convento con gli uomini e proibendo di accettare giovani inferiori ai diciotto anni.

Chiude la lettera dicendo che attraverso Anthemio vuole “custodire” anche Palmaria e le altre isole, cioè vuole proteggerle dal peccato, mantenervi la regola.

Non si sa a quale isola corrisponda ‘Eumorphiana’, ma dovrebbe essere un’isola in cui era molto diffusa la pianta erbacea dell’eumorphia (Eumorphia sericea, Fam. Compositae) che fiorisce in piccole margherite, tipo camomilla.

È  possibile che sia Ponza, in quanto nella stessa lettera si parla di un quantitativo di 1500 libbre di piombo da prendere lì e dare all’abate Felice perché lo utilizzasse in una fabrica sull’isola stessa, e tutto questo piombo poteva essere reperibile solo in un posto in cui ci fossero, abbandonate, le diverse e ricche ville romane con gli importanti acquedotti che servivano loro e le flotte.

A Ponza tutto questo c’era e, pertanto, è molto probabile che ci fossero monasteri sia a Ponza che a Palmarola. C’è da aggiungere, però, che l’oratorio di ‘Eumorphiana’ era dedicato a san Pietro e questo non ci aiuta ad imboccare una strada sicura per definire la questione.

Comunque, se anche avessimo assodato il luogo della sepoltura, non è che abbiamo qualche notizia più precisa sull’eventuale traslazione del corpo di S. Silverio che potrebbe essere avvenuta nell’813 quando il monastero di Ponza è attaccato e distrutto dai saraceni – in questo caso erano mori siriani -, come riferisce papa Leone III a Carlo Magno.

 

[Ponza e Ponza di Arcinazzo (1) – Continua]

4 Comments

4 Comments

  1. arturogallia

    26 Marzo 2013 at 08:51

    Secondo diverse fonti, Tricoli su tutte, quando nel IX secolo l’isola venne abbandonata i suoi abitanti si sparpargliarono in tutta la penisola (ma non solo), dando il nome Ponza o Ponzano o Ponziano o simili ai luoghi in cui si stanziavano, per cui, sempre secondo queste fonti, tutti i Ponzano Romano, Veneto e via dicendo, devono il loro nome alla nostra isola e ai suoi abitanti. L’insediamento più importante di esuli fu voluto Papa Leone III nelle vicinanze di Subiaco e presso di esso fu eretto un monastero benedettino, successivamente accorpato con quello del Sacro speco.
    Infatti, il Papa, preoccupato degli attacchi dei “Mori” aveva scritto le sue preoccupazioni a Carlo Magno:

    I Mori della Siria con quaranta navi, sono approdati nell’Isola di Ponza, e tra il bottino àn fatto schiavi tutti i monaci del Monistero di S. Maria della stessa Isola dell’ordine Benedettino ed il resto degli altri abitanti, mentre quest’Isola appartiene ai Greci. Che a tal novella l’Imperatore Michele à spedito la sua squadra comandata dal patrizio Gregorio, il quale in unione dei duchi di Gaeta e di Amalfi, essendosi rifiutato quella di Napoli, è riuscito a scacciarli togliendo loro parte della preda.

    Sempre secondo Tricoli, gli abitanti di Ponza esuli si stanziarono anche presso «il forte Ponza in Ispagna».
    A tal proposito, l’unico luogo che è possibile identificare con quello detto da Tricoli è Santa Ponsa o Santa Ponça (qualcosa a che fare con Santa Maria di Ponza?) nell’isola di Mallorca. Si tratta di un’insenatura protetta da due promontori, sopra uno dei quali sorgeva un forte (si pensi al Forte Papa o al fortino di Frontone). Non stupisca la notevole distanza di Mallorca da Ponza: già allora esistevano rapporti commerciali tra Ponza e molti porti della Sardegna e tra questi e le Baleari. Tuttavia, la localizzazione di Santa Ponsa nelle Baleari è solo una congettura.

  2. Martina Carannante

    26 Marzo 2013 at 11:35

    È il caso di dire: “questa storia, per metà, la sapevo!!! ”

    Quando frequentavo la scuola elementare, avevo una maestra di nome Emanuela, che insegnava italiano e storia; simpatica e gioiosa proveniva da un paese di nome Subiaco.
    In quarta elementare, rientrava nel programma di storia: il Monachesimo. La maestra ci parlava di San Benedetto e della sua regola monastica; noi eravamo così entusiasti di quella lezione tanto da spingere l’insegnante ad organizzare una gita proprio a Subiaco, dove c’è il monastero di San Benedetto e di Santa Scolastica.
    La partenza era fissata per dicembre, prima delle vacanze di Natale. Da Formia ci vogliono circa due ore e mezza di viaggio, prima di arrivare a Subiaco, passavamo proprio per il paesino di Arcinazzo. La maestra, dopo aver fatto accostare l’autista, ci dava delle informazioni sul luogo, tra cui anche il nome di Ponza. Noi piccoli eravamo sconvolti!
    Non riuscivamo a capire il perché un luogo così lontano da noi e per di più lontano dal mare si poteva chiamare Ponza!!!
    La maestra non sapeva darci una vera e propria spiegazione, se non una possibile migrazione dei Ponzesi dell’isola in quelle terre, ma che rimasti legati alle loro origini continuavano a farsi chiamare Ponzesi e con il termine Ponza il loro territorio. Oggi leggo tutte queste informazioni che fanno aprire nuovi possibili orizzonti di ricerca..
    Ringrazio Rosanna Conte e Arturo che oltre a far riaffiorare un ricordo meraviglioso di quel viaggio hanno anche sopperito, in parte, alla mia curiosità iniziale.

  3. Sandro Russo

    26 Marzo 2013 at 12:37

    Questa storia ha non uno, ma mille rivoli – com’è per tutte le storie, d’altra parte – ma questa in particolare.
    Qualche anno fa una nostra amica di Ponza, che aveva sentito tanto parlare di questa comunanza del nome, mi spinse con le buone o con le cattive a fare una deviazione per Arcinazzo, che per andare da Roma a Cassino, dai miei, era (quasi) di strada.
    Arriviamo al paese. La sua teoria era che bisognava far parlare i vecchi, che sono i depositari delle tradizioni.
    Attaccò bottone – ‘dètt’a parla’ – in ponzese, con tutte le vecchiette che incontrava: – ’A no’! …nui simme ’i Ponza… – E quelle rispondevano in ciociaro: …Ré ’ndò séte?
    Hai voglia a dirle che dall’813 a adesso erano passate un bel po’ di generazioni…
    Ma dal 1891 no! – rispondeva lei
    Fatto sta che quel viaggio fu un buco nell’acqua, fortunatamente riscattato da un buon pranzo in un ristorantino tra le montagne, raggiunto in extremis.
    Ma per dire… Anche le teorie del Tricoli, che scriveva nel 1855, sono troppo distanti – più di mille anni – dall’epoca in cui i fatti sono successi; il sentito dire e le tradizioni non sono attendibili, visto che Ponza – ‘isola contenitore’: ienche e devache – è stata colonizzata da numerosi ceppi successivi, nei secoli; quindi le fonti sono indirette, da documenti storici e altre deduzioni che siamo ansiosi di conoscere dalla seconda puntata del bell’articolo di Rosanna

  4. Luigi Di Meglio

    26 Marzo 2013 at 23:22

    Articolo molto interessante. Se può essere utile alla discussione volevo chiedere in che periodo l’attuale Arcinazzo Romano è chiamata Ponza. Spulciando il Web, la prima citazione risale al 720 d.C., riferendosi alla Massa Pontiana venduta a Sant’Eustachio. Se così fosse, come sarebbe possibile un collegamento con un (presunto) arrivo dei monaci sfuggiti all’attacco saraceno, databile quasi un secolo dopo (813 d.C.)?

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