Bosso Rita

Cartoline tra Ischia e Ponza (2)

di Rita Bosso

 

Ischia, Palazzo Reale, 3 ottobre 2010
La Pro Loco Ischia presenta Memorie di Amalie, il mio primo romanzo.
La maggior parte dei lettori ignorava che, a poche miglia di distanza, vi è un’isola con usi, nomi, toponomastica, dialetto ischitani; il ripopolamento di Ponza del 1734, di cui ciascun ponzese conosce motivazioni, modalità ed esiti, è pressoché sconosciuto nell’isola madre e suscita grande interesse. L’intervento di Maria Pagano, Assessore alla Cultura del Comune di Ponza, è molto apprezzato: si presenta come “testimonianza vivente” del legame tra le due isole, cita gli usi gastronomici e il lessico che ancora le accomuna e, in definitiva, con simpatia ed immediatezza, dà una bella prova di percezione del proprio ruolo (oltre che di amicizia nei miei confronti): interviene senza squilli di trombe né  enfasi istituzionale perché c’è da parlare di Ponza, della sua storia e della sua cultura, in una sorta di gemellaggio spontaneo, informale,  partecipato, e tanto basta perché lei sia presente.
Non per la prima volta ad Ischia si parla del popolamento di Ponza ad opera degli ischitani; qualche mese prima c’è stata una mostra fotografica, organizzata da Silverio e Giuseppe Mazzella di Ponza e da Giuseppe Mazzella di Rurillo di Ischia (leggi qui):  il tema incuriosisce e affascina, come io stessa constaterò anche in altre circostanze; si fanno programmi di escursioni e di vacanze che, l’estate seguente, risulteranno irrealizzabili per l’inesistenza di collegamenti effettivamente fruibili.

Maria Pagano, ex Assessore alla Cultura del Comune di Ponza,  al Palazzo Reale di Ischia


La scelta della sede della presentazione non è casuale: l’edificio che a Ischia è noto come Palazzo Reale è stato completato nel 1735, dunque gli sono passate davanti le feluche che, dirette a Nord per la pesca, hanno caricato anche famigliole che hanno deciso di emigrare a Ponza, incoraggiate dagli incentivi con cui Carlo di Borbone, da qualche mese re di Napoli, intende favorire il popolamento delle isole Ponziane.

E’ presumibile che le barche salpino da Ischia Ponte, tra il Castello Aragonese e Cartaromana: altra baia riparata dai venti non c’è, ed è a Ischia Ponte che si concentrano le attività commerciali, religiose, sociali. Le chiese e gli edifici civili sono qui: sul Castello Aragonese la Cattedrale, sede vescovile, altre chiese, conventi e il carcere; giù, nel Borgo di Celsa, i palazzetti dei signori, di costruzione recente, e ricche chiese imponenti, tra cui quella dello Spirito Santo con la tela della Madonna della Salvazione, tappa d’obbligo per chi si accinge ad un viaggio lungo e non scevro da pericoli, tant’è che i naufragi non sono infrequenti. Poco o null’altro la feluca incontra, navigando sottocosta: qualche altra chiesa, dalle parti di Casamicciola e di Lacco, qualche casale e piccoli villaggi che da mare a stento si distinguono.

Ma torniamo indietro, a Ischia Ponte: subito dopo l’abitato, la costa si presenta bassa, con un lungo tratto ricoperto da lava vulcanica, ricordo dell’eruzione del monte Epomeo del 1302.
Il lago vulcanico è poco più di un acquitrino, separato dal mare da un sottile lembo di roccia, e ogni colpo di vento trasporta foglie di posidonia che andranno a marcire lungo le rive; la zona è paludosa, malsana, ideale per la caccia e la pesca, ma inabitabile; una piccola via di collegamento col mare è stata aperta nel 1670, insufficiente per l’ingresso delle barche ma percorribile dai pesci, che prosperano nelle acque del lago.
Appena oltre il lago, sotto la collina di San Pietro, la tonnara; a Occidente il lago è sovrastato dalla collinetta di Sant’Alessandro, che ospita un piccolo borgo e una chiesetta. Per respirare, bisogna salire in alto, a distanza dalla fetida palude in cui, oltretutto, si riversano acque termali dalla caratteristica puzza di ova fràcite. E infatti Francesco Buonocore, quando decide di edificare la propria abitazione sui vasti possedimenti di famiglia che circondano il lago, sceglie un’altura ricoperta di lentischi, mirti e olivi, a distanza di sicurezza dai miasmi e dalle zanzare, con la vista spettacolare di Vivara e Procida, di Capo Miseno e di tutta la costa flegrea.


Il Lago d’Ischia (oggi Porto), in un dipinto del Settecento; a destra, il Palazzo Reale

Il Lago d’Ischia

Il lungo e scenografico viale d’accesso, la mole imponente rivelano sia la destinazione dell’edificio che lo status del proprietario, il medico Francesco Buonocore, già in servizio alla corte di Spagna, ove la regina Elisabetta Farnese gli ha affidato l’incarico di prendersi cura del suo primogenito, l’Infante Carlo.

Dal momento che la monarchia spagnola ha già due legittimi eredi, i figli di primo letto del re Filippo V, il principe Carlo, poco più che adolescente, deve partire alla volta dell’Italia per cercare, tra i troni vacanti, uno su cui collocare le proprie reali terga; si piazza infine a Napoli. Il Buonocore, suo medico personale, che lo ha seguito da Madrid, si trova dunque a poche miglia dall’isola natia; decide di farvi edificare una casa che sia, allo stesso tempo, buen retiro, fattoria modello e, grazie alla presenza di due fonti di acqua termale,  sanatorio di lusso. Buonocore, che ha ormai il prestigioso incarico di Protomedico di Corte, ha frequentazioni di un certo livello, presso cui divulga le proprietà terapeutiche delle acque termali, già oggetto di studio approfondito da parte di Giulio Iasolino.

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