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Inaccettabili realtà

[1]

di Franco De Luca

 

Alla base del muretto screpolato nelle vecchie pietre una violacciocca si sta creando spazio per pavoneggiarsi fra qualche giorno dei suoi fiorellini viola.
Ieri ha dovuto sopportare l’insulto della grandine che, in questa sfuriata di fine stagione, ha  rimarcato l’asprezza dell’inverno.

Antonella l’ha guardata con attenzione perché sta aspettando l’evento della fioritura, a differenza di Guido che ha occhi soltanto per lei, Antonella.
Quando le sta vicino non riesce a rapportarsi ad altro. Eppure si conoscono da anni, abitando entrambi sopra Giancos.

Li incontro e sono attratto dal loro guardarsi, scambiarsi occhiate, dal sorridersi. Sempre discreto perché hanno soggezione di me, trattandomi come un parente.
Di questo sono orgoglioso perché mi sento avvolto in una considerazione familiare che non merito.
Devono sposarsi, no, mi correggo, vogliono sposarsi. Guido me l’ha buttata lì, mentre stavo facendo due passi per il Corso e loro andavano sul Comune per un impegno.

Antonella era distratta a carpire negli sguardi degli altri gli apprezzamenti sui suoi stivali, alti fino al ginocchio. Guido coglie l’attimo e mi mette al corrente dei loro intenti. Antonella a volo percepisce il messaggio e, sorridendo, mi dice che il loro è più che un desiderio. Ma… ma Guido aggiunge che dovranno andare ad abitare a Formia. A Ponza dovrebbero convivere coi genitori perché non hanno casa e nemmeno la possono costruire. Il terreno lo avrebbero, quello adiacente alla abitazione di Antonella, ma il progetto sono due anni che sta sul Comune fermo.
L’Ufficio Tecnico chiede l’approvazione regionale. Figurati… e quello come si ottiene? …soltanto con appoggi che loro non hanno.

Azzardo: “Ma il vostro geometra che dice?”.

È una frase d’occasione, tanto per partecipare al dialogo. Antonella mi fa pentire d’averla proferita: “Tu non lo sai come vanno queste cose? Il geometra ci ha detto che finché il Comune non toglie qualche divieto, è tutto fermo. Bisognerebbe lavorare  ’i stramacchio “.

Guido subito interviene: “No, no… Non è più tempo per lavori abusivi”.

Anch’io ribadisco che non è consigliabile immettersi in una situazione fuori legge. “ Però… tu come farai con tua madre che ha bisogno di cura?”

Guardo Antonella: “Ci portiamo a Formia pure lei” – risponde

“E tu? La barca ce l’hai qua ! “

“Farò avanti e indietro, come posso” – risponde Guido.

Sbotto: “Non siamo stati capaci di camminare al passo con il tempo. La colpa è della mia generazione. I nostri padri ci hanno mandato a studiare fuori perché avessimo una mente diversa, più confacente ai tempi, e invece abbiamo utilizzato le nostre intelligenze soltanto per arrivare ad una posizione sociale più comoda, più sicura.
La stessa mentalità arrivista dei nostri padri. I Ponzesi sono famosi nel mondo per trarre il massimo dei benefici dalla loro condizione. Hanno lavorato, rubato, fatto sacrifici, per migliorare la loro condizione  di manovali, di pezzenti. La loro storia nel mondo è tutta improntata al “riscatto”. Dimenticando che la vita si srotola  in mezzo agli altri, in un contesto ambientale, in una dimensione che comprende anche  la bellezza, il rispetto dell’ambiente, la solidarietà.
Eccoci qua: Ponza, dagli altri desiderata come luogo di riposo, dai Ponzesi è rigettata  come luogo di privazioni. Chi può, va a vivere fuori e rimpiange di non potersi godere il luogo dove è nato”.

Antonella è troppo carica di ottimismo e mi corregge: “Noi staremo bene anche a Formia”.
Guido le sorride. Le stringe il braccio e tacitamente acconsente.

Con le nostre chiacchiere siamo arrivati a Giancos. Il sole dà ai colori delle case il loro vanto. Alla violacciocca il tiepido necessario perché a giorni fiorisca.

Anche ai sorrisi di Antonella e di Guido auguro che si dischiudano e che il profumo si senta nella loro isola, a Ponza. Che oggi li caccia.